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Annalisa Cuzzocrea per la Repubblica
DANILO TONINELLI LUIGI DI MAIO GIULIA GRILLO
Alle sette di sera Luigi Di Maio si abbandona su una sedia del gruppo parlamentare M5S e chiede: «A che gioco sta giocando?». La diretta tv ha appena trasmesso le immagini di Matteo Salvini al Quirinale. «Sembra già in campagna elettorale», mormora il capo politico. Improvvisamente, capisce che tutte le resistenze della notte, la battaglia sui nomi tecnici, l' opposizione alla reiterata offerta di una soluzione politica che veda il capo del Movimento alla guida di un governo gialloverde, potrebbe non essere solo tattica.
STEFANO BUFFAGNI LUIGI DI MAIO
«Sta alzando la posta per avere un nome che piace alla Lega, per essere lui a guidare, o fa sul serio?». La domanda cade nel vuoto. Il ritorno alle urne, una soluzione che per qualche giorno il leader del Movimento aveva sposato riunendo i parlamentari e ottenendo un plebiscitario via libera, non sembra più praticabile. «Ci siamo spinti troppo in là, se non la chiudiamo rischiamo di pagarla cara», è l' analisi di uno dei pochi ammessi nella war room in queste ore infuocate.
Un rischio gigantesco non solo per i consensi del Movimento 5 stelle che tanto sta concendendo sul tavolo della trattativa - ma anche per la leadership di Luigi Di Maio, nel momento in cui continua a chiedere tempo, al Colle e al Paese, sapendo che è proprio il tempo a giocare contro di lui. Il leader M5S aveva pensato potesse essere un' opportunità una trattativa lunga da sbloccare solo con il ritorno del suo nome sul tavolo. Aveva trovato il Colle disponibile a sondare le reali possibilità di un' intesa. Ma l' atteggiamento della Lega ha cambiato le carte in tavola.
«Salvini ha paura di tutto. Di governare, del Quirinale, di Berlusconi. A lui conviene continuare a fare Salvini». La sentenza dell' inner circle nasconde il timore di queste ore: i gazebo leghisti che bocciano l' accordo cui gli sherpa stanno lavorando giorno e notte. Gli alibi dell' Europa o dell' immigrazione usati per far saltere l' intesa lanciando una campagna elettorale che descriva il Movimento come piegato al sistema e Salvini come l' unico in grado di sovvertirlo.
Che non sia facile, il capo politico M5S lo ha confidato anche ai parlamentari sentiti ieri. Una cosa è fare opposizione insieme - com' è accaduto nella scorsa legislatura un' altra costruire un governo che possa reggere alle prove della realtà. Il gruppo parlamentare è stato per lo più silente, ufficialmente, ma molte telefonate sono partite quando i giornali hanno pubblicato il sì alla Flat Tax, il no alla chiusura dell' Ilva, i dubbi sulle grandi opere.
«Stiamo aspettando di vedere il risultato finale - dice la senatrice Paola Nugnes che, giorni fa, scriveva di non voler neanche prendere l' ascensore con Salvini - al tavolo abbiamo portato il nostro progetto di revisione del regolamento di Dublino, mi sembra che i nostri stiano tenendo sui temi». Quel contratto però resta sub iudice. Del voto su Rousseau che non sembra preoccupare Di Maio anche perché, come spesso accade, molto dipenderà da come verrà posto il quesito.
Ma anche del giudizio della folta truppa di deputati e senatori. «A Palazzo Madama la maggioranza con la Lega è di sei voti - conta un deputato - se togli Nugnes 5, se levi Morra 4, non è che si possa scialare».
Beppe Grillo continua a dichiarare che «Di Maio sta facendo benissimo» senza entrare nel merito di nessuna scelta: il che lascia al capo politico la libertà ma anche tutta la responsabilità di questo passaggio. Alessandro Di Battista ha confermato nella notte di domenica, con un post su Instagram, che lui parte a fine mese: girerà da San Francisco a Panama «sui mezzi pubblici» con famiglia al seguito, cercherà la «politica con la P maiuscola», svuota casa, riceve attivisti campani che mette a preparare bomboniere per il battesimo del figlio e intanto lancia una bordata a Roberto Fico.
alessandro di battista con sahra
«Su questa roba non ci si può dimettere - ha detto in un' intervista a "Nove" parlando della presunta colf in nero della fidanzata del presidente della Camera - ma dovrebbe intervenire e riuscire a far capire alla propria compagna che bisogna sistemare la questione». Secondo Dibba, Fico dovrebbe «chiarire» perché chi ricopre un ruolo pubblico «ha il dovere non solo di essere onesto, ma anche di apparire come tale».
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