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IL TRIPLO GIOCO DELLA “SPIA DA CIRCO” USA: HA VOLUTO FARSI CATTURARE?

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Vittorio Zucconi per "la Repubblica"

Con il parruccone biondo, gli occhiali da sole e la camicia a scacchi, Ryan sembrava la "spia che venne dal circo", un agente avanzato dal tempo delle barbe finte e delle carte false. Uscita da un film comico di Austin Powers più che dalle pagine di Le Carrè o di Fleming, la storia della spia che non ne faceva una giusta e girava con una bussola nel tempo del Gps è talmente ridicola e soprattutto anacronistica da far sospettare che sia serissima e attualissima.

Ryan Fogle era il terzo segretario della sezione politica all'ambasciata Usa, il livello più basso nel totem diplomatico. Lo hanno bloccato gli eredi putiniani del Kgb, l'Fsb, all'uscita dal solito palazzone e poi ripreso a terra bocconi, con il cappellino da baseball storto sopra il parruccone platinato da pagliaccio, con una parrucca bruna di ricambio e un rotolo di euro e di dollari.

Se volete farvi scoprire e arrestare in Russia, come ieri in Urss, il comportamento del giovane diplomatico americano ora accusato di lavorare per la Cia è esattamente quello che dovete fare. Cioè tutto il contrario di quelle che nel mondo dello "spycraft", della magia nera dello spionaggio, si chiamano le "Regole di Mosca" e che raccomandano, prima di ogni altra cosa, la discrezione, la diffidenza, l'anonimato per mimetizzarsi fra la folla.

Ma poiché, come avvertiva James Angleton che per 21 anni fu il primo, paranoico cacciatore di "talpe" sovietiche negli Usa, «nello spionaggio niente è mai quello che sembra» e «quello che si vede è fatto per non vedere», la ridicola avventura dell'agente Fogle nel ventre dell'ex (e rimpianto da molti) impero del male probabilmente nasconde molto più di quello che il video della sua cattura trasmesso dalla tv moscovita rivela.

L'incompetenza, il dilettantismo, l'imprudenza del segretario di legazione sono troppo grandi per essere veri. Quando lo hanno arrestato all'uscita di casa e sbattuto per terra, sotto gli obbiettivi della tv, aveva addosso, oltre a rotolini di banconote, una lettera su carta intestata dell'Ambasciata nella quale offriva un milione all'anno a chi avesse collaborato con gli Usa.

Il trucco delle manovre diversive, per attirare l'attenzione dalle operazioni vere, è un classico dello spionaggio. Vecchi del mestiere, gli orfani della Guerra Fredda ora in pensione che campano facendo da guide al museo della spionaggio di Washington o scrivendo memorie, come Paul Redmond che aveva lavorato "sul terreno" in Urss, sorridono maliziosi all'impudenza di Fogle e alla violazione di quelle leggi non scritte su come comportarsi, prima fra tutte il «ricorda che sei sempre controllato da qualcuno».

E la studiosa che guida il centro di studi Russi alla Georgetown University, Angela Stent, trasecola: «Siamo tornati alle barbe finte di Castro?». Ma attenzione alla formula di Angleton, il cacciatore di agenti nemici. E se Fogle avesse voluto farsi scoprire?
Se il suo fosse stato un volontario sberleffo ai cani da guardia russi?

Il suo contatto in Russia, quello che avrebbe dovuto reclutare con la mazzetta degli euro e con una sgangherata promessa scritta - altra colossale imprudenza - del milione all'anno in un conto corrente bancario aperto attraverso le sorvegliatissime e-mail di Google, era uno dei responsabili dell'antiterrorismo russo nel Caucaso.

Uno specialista di Al Qaeda in Cecenia, la terra dalle quale provenivano gli Tsaraev, accusati della bomba di Boston. Il nuovo Kgb putiniano sostiene di avere dato a suo tempo una dritta all'Fbi su quei fratelli e di essere stato ignorato dagli americani, per mettere in imbarazzo i rivali e coprirsi le spalle. Ma la Cia non è convinta e forse la missione della "spia venuta dal circo" era quella di costringere i falsi informatori a uscire allo scoperto.

Ma perché usare metodi tanto grossolani? Perché, dice un altro ex agente Cia, semplicemente, banalmente, funzionano ancora bene. Mentre i servizi di spionaggio e di controspionaggio versano torrenti di milioni per infiltrare i server del nemico e per proteggersi, per infilare bachi e virus virtuali nei centri nevralgici delle altre nazioni,
e si cullano nella tirannide del "sigint", della intelligence elettronica, il sotto bosco della "humint", l'intelligence umana, il contatto reale rimane indispensabile.

E serve allo scopo. Se degli ombrelli avvelenati cari agli assassini bulgari non si
parla più, radio a onde corte trasmettono ancora e niente ha ancora sostituito lo scambio delle parole d'ordine. «Ci siamo conosciuti California?» diceva l'agente russo ancora pochi anni or sono al suo contatto. «No, negli Hamptons», rispondeva l'altro. Password umanissime. A Seattle, una spia di Mosca si affidava ancora al vecchio inchiostro simpatico, a base di succo di limone e nessuno pensava di controllare quei fogli, non immaginando questo antiquariato spionistico.

Si usano ancora i "dead drops", messaggini lasciati in fessure di alberi nei giardini pubblici, da recuperare più tardi o il vecchio, infallibile scambio di borse identiche su un panchina, fra apparenti sconosciuti.

L'ultima, grande rete di spionaggio russo in America è stata smantellata tre anni or sono, nel giugno del 2010, quando l'Fbi ha arrestato Anne Chapman Kushenko, "Anna la Rossa Rovente" e la sua struttura di dieci talpe, Ma mentre lei usava la tecnologia più antica del mondo per attirare uomini importanti, un suo complice nel Texas intercettava «lo stato dell'arte» in materia informatica, che era l'operazione importante. La tecnica della "trappola del miele" è da sempre una tra le preferite dai servizi israeliani, per sedurre, e se necessario sopprimere, i peggiori nemici dello Stato d'Israele.

Viktor Evgenevich Lui, poi divenuto noto come Victor Louis, fu, per decenni, una formidabile fonte di disinformazione per la stampa occidentale, giocando fra il proprio ruolo nel Kgb e l'apparenza di corrispondente per quotidiani inglese. La sua tecnica era semplice: nella splendida dacia nel sobborgo più vip di Mosca, Peredelkino, invitava e seppelliva ospiti stranieri sotto montagne di caviale finissimo, lavato da mareggiate di vodka. Poca high-tech, molte sbornie.

Per eliminare Castro, la Cia, disperata, tentò di utilizzare sigari esplosivi e polveri depilanti per privarlo del simbolo più vistoso del suo carisma, la barba. All'incontro segreto in un ristorante di Washington, quello che risolse attraverso canali secondari la crisi dei missili nell'ottobre 1963, il giornalista americano utilizzato dalla Casa Bianca per sondare un interlocutore sovietico si appiccicò baffi finti. Senza vera ragione.

Il nuovo, la tecnologia, i gadget immaginari da "Q" si depositano, come fogli di una torta a strati, sopra i vecchi, classici metodi, il sesso, l'alcol, i soldi. «Aspettatevi l'inatteso» dicono gli istruttori. Anche di essere soltanto un piccolo clown sotto un tendone buio, come Fogle, che è già tornato a casa sano e salvo. Perché di Guerra Fredda non si muore più.

 

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