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GIORGIA NON RIESCE A USCIRE DAL CLAN – FRATELLI D’ITALIA LANCIA CON DUE ANNI D’ANTICIPO LA CAMPAGNA ELETTORALE PER IL SINDACO DI ROMA, CON ARIANNA MELONI SUL PALCO, CONTORNATA DAI SOLITI FEDELISSIMI. IN VISTA DELLE REGIONALI IN PUGLIA E IN CAMPANIA, LA DUCETTA NON TROVA UNO STRACCIO DI CANDIDATO CREDIBILE TRA I SUOI – ALESSANDRO DE ANGELIS: “COM’È POSSIBILE CHE, DOPO TRE ANNI DI GOVERNO, LA PREMIER NON TROVI FIGURE CHE DIANO IL SENSO DI UNA CLASSE DIRIGENTE COMPETITIVA? È SEMPLICE: PERCHÉ NON LE CERCA. PUR AVENDO IL PAESE IN MANO, COMPLICE LA FRAGILITÀ DI UN’ALTERNATIVA CHE NON È TALE, LA MENTALITÀ È RIMASTA QUELLA DEL CLAN. LOGICA SECONDO LA QUALE, L’ALLARGAMENTO È QUASI UNA MINACCIA”

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Dalla newsletter "Lo spigolo” di Alessandro De Angelis – pubblicato da www.lastampa.it – Estratto

 

GIOVANNI DONZELLI E ARIANNA MELONI - FOTO LAPRESSE

Lì si vota tra due anni, ma «Roma è Roma», per quel che significa per la destra al governo e per Giorgia Meloni, dal punto di vista politico-sentimentale. Ebbene, con discreto anticipo rispetto all’appuntamento elettorale, qualche giorno fa, in un’iniziativa all’Eur, il suo partito ha lanciato la sfida con una certa enfasi.

 

C’era tutto il fior fiore dei dirigenti di Fratelli d’Italia: capigruppo, ministri, presidente della Regione Lazio, vertici del gruppo al Parlamento europeo. E, sul palco, lei, Arianna, la Sorella della Sorella d’Italia, che a via della Scrofa occupa la stanza di Giorgio Almirante. Morale della favola, sempre gli stessi e sempre la solita litania un po’ revanchista.

 

arianna meloni - piazza italia - foto lapresse

Seconda fotografia: la Puglia, dove invece si vota il prossimo autunno. Terra che è sempre stata a cuore alla destra, dai tempi di Pinuccio Tatarella, ed eletta dalla premier a meta del cuore delle vacanze.

 

Lì la sinistra governa da vent’anni e, con l’aria che tira, continuerà a farlo, nonostante gli scandali e gli acciacchi della giunta di Michele Emiliano. Il candidato in pectore del campo largo, Antonio De Caro, mister preferenze alle Europee, ha già la fila di candidati fuori la porta. […]

 

Nel frattempo la destra ha fallito l’assalto a Bari, dopo l’inchiesta sulle municipalizzate, candidando un giovanotto della Lega senza né arte né parte. E ora non trova un valido sfidante per le regionali. Il plenipotenziario Marcello Gemmato, noto alle cronache per le sue tesi sul Covid ai limiti del negazionismo, si è sfilato. Pare che, alla fine, si sacrificherà Mauro D’Attis, di Forza Italia.

 

giorgia meloni con la sorella arianna e patrizia scurti

Terza fotografia: la Campania, regione che la destra non governa da un decennio. Anche qui, stesso andazzo. I nomi che girano non danno il senso della sfida contro la gioiosa macchina da guerra del campo largo che, Fico o non Fico, un arrocco lo troverà.

 

Fulvio Martusciello, l’uomo forte di Forza Italia, ha annunciato che non si candiderà, dopo l’arresto per corruzione della sua assistente. E i nomi che girano, dentro FdI, sono quelli del sempreverde Edmondo Cirielli e dell’ammaccato Gennaro Sangiuliano.

 

Si sa, la politica è un virus da cui non si guarisce mai e l’ex ministro della Cultura si è già stufato di fare il corrispondente Rai da Parigi. E così via: di astri nascenti, personaggi nuovi, civici, intellettuali, eccetera eccetera, non se ne vedono. Mentre chi già governa, ed è stato scelto sul criterio esclusivo della fedeltà e dell’appartenenza, rischia come nel caso di Francesco Acquaroli nelle Marche.

 

tilman fertitta giorgia meloni ignazio la russa indipendence day villa taverna

Di qui la domanda nasce pressoché spontanea: ma com’è possibile che, dopo tre anni di governo, e dopo tre anni tutto sommato senza intoppi e di consenso stabile quasi al trenta per cento, Giorgia Meloni non trovi figure che diano il senso di una novità e di una classe dirigente competitiva?

 

La risposta è altrettanto semplice: perché non le cerca. Pur avendo il Paese in mano, complice la fragilità di un’alternativa che non è tale, la mentalità è rimasta quella del clan, cementato da un percorso di militanza e da un vincolo di fedeltà, per cui la politica non è parlare anche ad altri mondi ma rivincita storica del proprio mondo.

 

GIORGIA MELONI CON LA SORELLA ARIANNA

Logica secondo la quale, l’allargamento è quasi una minaccia: sia ideologica, perché sporca la purezza, sia politica perché, come si dice a Roma, «vatti a fidare».

 

Questo approccio crea ancora un forte condizionamento psicologico da cui la premier non riesce a liberarsi. Proprio non riesce a convincersi della necessità di far propria una cultura politica diversa da quella della sua formazione.

 

È piuttosto sorprendente, perché è il classico esempio di un approccio testardamente minoritario.

 

GIORGIA MELONI FOTO LAPRESSE

Parliamoci chiaro, ci sono mondi fuori, tutt’altro che ostili. E aspettano solo che squilli il telefono per essere coinvolti: imprenditori che non fanno le barricate neanche con i dazi, categorie molto più che indulgenti sulle promesse disattese, moderati alla ricerca di uno spazio.

 

Insomma, ai bei tempi è vero che Silvio Berlusconi col suo tocco magico riusciva a far vincere anche nani, ballerine e camerieri, ma era anche un grande scopritore di talenti e creatore di squadre. […]

 

arianna meloni - piazza italia - foto lapresse

Ecco, quando hai il trenta per cento e ti affidi solo al criterio di appartenenza, è un problema. Si chiama, populismo, bellezza. Sotto Giorgia Meloni, il nulla. Ovvero il clan.

arianna meloni - piazza italia - foto lapresse