giorgia meloni e francesco lollobrigida

STAMO MESSI BENE: I MINISTRI NON FANNO I COMPITI A CASA - GIORGIA MELONI SI ERA RACCOMANDATA CHIEDENDO AI MINISTERI DI FARE SPENDING REVIEW MA SOLO TRE SU 15 HANNO MANDATO LE PROPOSTE PER RIDURRE LE SPESE - ALL’APPELLO HANNO RISPOSTO SOLO GIORGETTI, LOLLOBRIGIDA E TAJANI - “IL FATTO”: “SILENZIO DAGLI ALTRI MINISTRI. O MEGLIO, UNA CERTA FORMA DI RESISTENZA PASSIVA. A FARE LE BARRICATE C’È, PER DIRE, IL MINISTERO DELLE IMPRESE DI ADOLFO URSO, IL SECONDO PER LA DIMENSIONE DEI TAGLI RICHIESTI (198 MILIONI AL 2026) MA ANCHE LA DIFESA DI GUIDO CROSETTO (193)”

Estratto dell’articolo di Carlo Di Foggia e Giacomo Salvini per il “Fatto quotidiano”

 

giorgia meloni giancarlo giorgetti

Tre su 15, forse anche meno. E pensare che Giorgia Meloni si era raccomandata molto con i suoi ministri: “Quello che vi chiedo di fare – disse nel Consiglio dei ministri del 28 agosto – non è una semplice spending review o un elenco di voci da tagliare, sarebbe riduttivo chiedervelo, ma di far tornare il più possibile la politica: via sprechi e inefficienze”.

 

Risultato: solo un quinto dei ministeri ha mandato le sue proposte per ridurre le spese. La scadenza era il 10 settembre. L’obiettivo di base non era certo irraggiungibile: risparmiare 300 milioni nel 2024, 500 nel 2025, 700 nel 2026. 1,5 miliardi nel triennio. Non è la prima volta che i ministeri fanno resistenza sul punto, ma è la prima volta che accade dopo che una premier se l’è intestata come battaglia personale. Un autogol che ora imbarazza Palazzo Chigi.

 

giorgia meloni francesco lollobrigida

Le proposte dovevano essere inviate al ministero dell’Economia, che peraltro è quello a cui è richiesto il maggior sforzo (129 milioni l’anno prossimo, 600 nel triennio). Se si esclude il dicastero di Giancarlo Giorgetti, dove giurano di averli impostati, la scadenza – a quanto risulta al Fatto – è stata rispettata solo da due ministeri: l’Agricoltura di Francesco Lollobrigida e gli Esteri di Antonio Tajani, 15 milioni il primo, 39 il secondo, briciole in un piatto già misero. Silenzio invece dagli altri ministri.

 

meloni tajani

O meglio, una certa forma di resistenza passiva. A fare le barricate c’è, per dire, il ministero delle Imprese di Adolfo Urso, il secondo per la dimensione dei tagli richiesti (198 milioni al 2026) ma anche la Difesa di Guido Crosetto (193) che lamenta di dover far fronte a troppe spese anche in relazione alla guerra in Ucraina […] Simile resistenza […] l’ha fatta anche l’Interno di Matteo Piantedosi, che deve contribuire con 46 milioni e si vuol prendere qualche giorno in più. […] Non ne vuol sapere nemmeno la Giustizia (53 milioni).

GUIDO CROSETTO

 

[…] In fondo alla lista c’è il Turismo di Daniela Santanchè, che evidentemente reputa eccessivi anche gli 800 mila euro di risparmi chiesti per il prossimo anno (3,5 milioni in tre anni). A completare l’elenco ci sono Salute (14), Lavoro (17), Ambiente (21), Istruzione (25), Cultura (31), Università (57) e Infrastrutture (135). Gli effetti della rivolta non sono indolori per il governo per due motivi.

 

ADOLFO URSO

Il primo è che questi risparmi sono “strutturali”, quindi coperture idonee in vista di una manovra che ne ha un disperato bisogno. Il secondo è che Meloni li considerava solo una base di partenza per obiettivi più ambiziosi. Il problema è che la spending review ministeriale (i “tagli agli sprechi) spesso va a colpire programmi considerati sacrificabili perché privi di copertura politica. Un esempio è il fondo di sostegno agli affitti che da ultimo Draghi e Meloni non hanno voluto rifinanziare (come ha ricordato Pagella Politica). […]