DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Fabio Martini per "La Stampa"
Dopo il Pci, ora è la volta della Dc. Il declino della Seconda Repubblica sta accelerando la riscoperta dei partiti della prima stagione della Repubblica e così, dopo la ricca mostra itinerante dedicata alcuni mesi fa alla storia del Partito comunista italiano (e preparata dai «legittimi eredi» di quella storia, gli ex Ds), da oggi al Tempio di Adriano di Roma si apre una analoga iniziativa che in questo caso ripercorre, per immagini e documenti, la storia della Democrazia cristiana.
Promossa dalla Associazione «I Popolari», la mostra intende «valorizzare il ruolo dei cattolici impegnati in politica - spiega l'ideatore della iniziativa Pier Luigi Castagnetti - che, dopo non aver partecipato alla stagione risorgimentale, nel secondo dopoguerra furono i protagonisti della rinascita del Paese e della sua unificazione, anche grazie alla scolarizzazione di massa, all'Ina-casa di Fanfani, all'autostrada in sei anni, all'effetto unificante sul linguaggio realizzato dalla prima Rai».
Un soprassalto di orgoglio democristiano che, più o meno consapevolmente, trae alimento anche da una piccola maledizione che perseguita il buon nome della Dc: nell'immaginario collettivo il termine democristiano oramai è diventato sinonimo di compromesso al ribasso, di sottogoverno deteriore. Un'immagine che finisce per associare in un unico «calderone» la stagione del declino - l'ultimo ventennio, dal 1974 al 1993 - con l'intera storia del partito, che copre un cinquantennio e che comprende tutta la prima fase della Repubblica, la ricostruzione e il boom economico.
Nel lavoro di preparazione della mostra, gli organizzatori hanno avuto la fortuna di acquisire una testimonianza storicamente assai interessante sulle ingerenze straniere sull'Italia, tema in questi giorni assai dibattuto, sia per motivi molto diversi. Richiesto di ricordare la stagione della Assemblea costituente, Giulio Andreotti, rivela un dettaglio che lui stesso riconosce essere stato finora «mai considerato».
Racconta Andreotti, in quegli anni molto vicino al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi: «Inserendo nella Costituzione i Patti lateranensi, si allontanò definitivamente l'ipotesi di una garanzia internazionale alla Santa Sede, per la quale avevano fatto sondaggi in Segreteria di Stato tanto il governo americano che quello irlandese, con esito per loro non incoraggiante da parte di monsignor Montini».
In parole povere, uno dei passaggi più importanti nella storia del dopoguerra, l'inserimento dei Patti lateranensi in Costituzione col voto congiunto della Dc e del Pci e quello contrario dei socialisti e degli azionisti, sarebbe stato preceduto e accelerato anche dall'opzione di una sorta di «protettorato» straniero, con una esplicita candidatura non solo dell'Irlanda cattolica, ma soprattutto di una delle due superpotenze uscite vittoriose dalla guerra mondiale, gli Stati Uniti d'America.
In sostanza, la Chiesa attraverso il futuro Paolo VI, la Dc di De Gasperi e il Pci filosovietico di Palmiro Togliatti si ritrovarono d'accordo nel concedere alla Chiesa la «protezione» nazionale piuttosto che affidare il Vaticano alle cure degli Stati Uniti d'America. Nella mostra che si apre oggi sono esposti 170 documenti, tra manifesti, volantini, audiovisivi e alcune lettere di speciale valore storico.
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