DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Carlo Bertini per “La Stampa”
Ci hanno provato, ma si sono subito messi a litigare su chi doveva esserci e chi no e alla fine hanno deciso di lasciar perdere e di andarsene allo stadio a vedere la Roma. Far sedere insieme allo stesso tavolo i vari Zoggia, D’Attorre, Stumpo, Epifani e Fassina con Cuperlo e Civati si è rivelata operazione impossibile. Così è franata l’iniziativa intentata da alcuni bersaniani per battere un colpo dopo il week end di fuoco tra Renzi e la Camusso: una cena ristretta sul tema scissione sì-scissione no e su come riunire tutte le minoranze, quella di Civati, quella di Cuperlo che guida la corrente Sinistra-Dem e quella di Area Riformista.
A sua volta spaccata tra «miglioristi» più filo-renziani e pasdaran alla Fassina-D’Attorre. Alla fine nulla di fatto, troppe divergenze sul nascere: non solo sulla scissione, che alcuni come Civati accarezzano da tempo e altri non vogliono sentir pronunciare, ma anche sulla costruzione di un correntone unitario e organizzato sul territorio che possa far da argine allo strapotere di Renzi. ?
CONVENZIONE PD CUPERLO CIVATI RENZI
Uno dei promotori, Davide Zoggia, la racconta così: «Tutto rinviato, stamattina quando è uscita la notizia sulla Stampa, mi sono arrivate 50 telefonate di quelli che chiedevano conto e ragione del perché non fossero invitati. Ma il vero nodo è politico: la maggioranza di noi di Area Riformista è contraria ad allargare il confronto a Civati». Ma perfino sul dialogo e l’interazione con Cuperlo che ormai ha la sua corrente ci sono resistenze.
Seduto in cortile alla Camera Nico Stumpo, pezzo forte del gruppo ed ex responsabile Organizzazione con Bersani, confessa che lui si è opposto all’idea quando Zoggia gliene ha parlato: «Ma ti pare che ci sediamo al tavolo con Civati che prima stava con Renzi e ora ogni cosa che dice lo attacca? Siamo seri».
CUPERLO RENZI CIVATI CONFRONTO SKYTG
E pure i miglioristi non ne hanno voluto sapere. «L’unica cosa che non possiamo fare sono battaglie di retroguardia», taglia corto Danilo Leva.?Malgrado il fronte dell’opposizione interna a Renzi sia così diviso e sfilacciato, la minoranza sta provando lo stesso a trattare sul jobs act: per avere da Renzi qualcosa in cambio della disponibilità ad una rapida approvazione alla Camera della delega sul lavoro prima della legge di stabilità.
Una mediazione è in corso: la Boschi ha fatto sapere che il governo vuole accelerare e a Poletti toccherà vedere se sia possibile trovare il modo di ritoccare la delega sui punti discussi e votati in Direzione dal Pd, in primis l’articolo 18 valido per i licenziamenti disciplinari. Cesare Damiano, nel ruolo di apripista come presidente della Commissione Lavoro, è sicuro che «la delega sarà ritoccata», ma cosa deciderà Renzi è da vedere, perché ogni apertura lo esporrebbe all’accusa di aver indebolito la «sua» riforma, seppur accogliendo solo la mediazione votata dal Pd. ?
PIERLUIGI BERSANI A SERVIZIO PUBBLICO
Vista dall’ottica di chi alla Camera dà le carte, le cose stanno in questi termini, per come le racconta un big di Montecitorio di fede renziana: siccome la legge di stabilità slitta a fine novembre, c’è una finestra per approvare il jobs act in aula e la strada percorribile, senza cedere sul merito, sarebbe accogliere il testo votato dalla Direzione Pd nella delega.
Anche se in quel caso la minoranza votò contro e si astenne ritenendo insufficiente la mediazione sull’articolo 18, questa concessione basterebbe a sedare gli animi: «Il problema è non indisporre Sacconi e bisogna individuare modifiche che non rendano difficile il cammino in terza lettura al Senato, perché il governo è interessato a far votare la delega entro il 31 dicembre senza operazioni di forza con la fiducia». La considerazione delle colombe è che il jobs act non è l’ultimo provvedimento della legislatura e smontare nel merito le accuse più dure del sindacato può far gioco in un clima così incandescente nel paese.
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