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Massimo Martinelli per "Il Messaggero"
Forse Franco Fiorito non se lo sarebbe mai immaginato che uno come lui, con quel soprannome da osteria ciociara, avrebbe lasciato il segno su una legge così importante. Perché anche se non tutto il decreto legislativo sulla incandidabilità dei politici è calibrato sul suo profilo, almeno un paio di commi si. Almeno per evitare di incontrarne altri come lui, nei consigli regionali, provinciali o comunali d'Italia.
E' questa una delle novità più importanti di un testo che ha visto la luce nel fine settimana appena trascorso, nelle stanze del prefetto Bruno Frattasi, capo segreteria del ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri. Tra oggi e domani quel testo sarà sottoposto per le ultime limature ai colleghi di Giustizia e Funzione Pubblica, Paola Severino e Filippo Patroni Griffi. Per poi prendere la strada delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, che dovranno formulare obbligatoriamente un parere, seppure non vincolante, prima del passaggio nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama.
L'obiettivo è quello indicato ieri dalla titolare del Viminale: arrivare alle prossime elezioni con una legge già in vigore, che impedisca di ritrovare tra i candidati una sfilza di pregiudicati e arraffoni di vario genere. Le preclusioni sono sostanzialmente già nero su bianco. E tutte partono da un punto fermo: per scattare il divieto di candidatura, la sentenza deve essere passata in giudicato. Quindi deve essere confermata dalla Cassazione, oppure non deve essere stata appellata dal condannato.
L'unica deroga alla regola sulla definitività della sentenza riguarda i componenti delle commissioni pubbliche che gestiscono risorse finanziarie o che assegnano appalti pubblici con o senza gara: in questo caso, se hanno subito una condanna per reati contro la pubblica amministrazione sono fuori gioco anche se la sentenza non è definitiva.
Ma il vero spartiacque per gli aspiranti deputati e senatori e anche per chi è candidato ad una poltrona di ministro, è la condanna a due anni. Che poi è la stessa intorno alla quale ruota il beneficio della sospensione condizionale della pena. Chi incassa più di 24 mesi resta al palo, anche se l'ha patteggiata. Ma ovviamente il divieto non vale per tutti i reati del codice penale.
Il decreto legislativo, così come indicato in maniera stringente dalla delega, prevede innanzitutto i reati per quali è prevista la competenza della Procura distrettuale. Che sono associazione a delinquere, associazione a delinquere di stampo mafioso, il sequestro di persona a scopo di estorsione, la riduzione in schiavitù e la tratta di esseri umani e alcuni reati legati all'uso di sostanze stupefacenti e all'agevolazione dell'uso delle stesse. Sono inseriti poi tutti i reati che hanno finalità di terrorismo.
E, inevitabilmente, quelli che il codice penale ricomprende nel grande capitolo dei reati contro la pubblica amministrazione. Il più grave è certamente il peculato, che si consuma quando il pubblico ufficiale si appropria dei beni pubblici dei quali ha la disponibilità per motivi di lavoro. C'è poi la malversazione, che è lo stesso reato, con la differenza che i beni dei quali si appropria il pubblico ufficiale sono di un privato e non della pubblica amministrazione. Segue la concussione, la corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio, la corruzione in atti giudiziari, la corruzione di persona incaricata di pubblico servizio, istigazione alla corruzione, abuso d'ufficio, interesse privato in atti d'ufficio, omissione in atti d'ufficio, interruzione di pubblico servizio ed altri reati collegati.
Fin qui, il disegno legislativo segue in maniera precisa lo schema indicato dalla delega contenuta nel ddl anticorruzione. C'è poi la parte che il prefetto Frattasi ha delineato nei contorni, ma che richiederà un lavoro di rifinitura. Ed è quella che rischia di essere ribattezzata con il nomignolo del Batman di Anagni, Franco Fiorito.
Perché oltre ai reati tipici dei pubblici amministratori, che sono stati ben individuati nelle delega al governo, le cronache recenti hanno raccontato episodi di malcostume assolutamente sorprendenti anche per i più naviganti conoscitori di scandali giudiziari. All'ex cassiere della Margherita, Luigi Lusi, ad esempio, accusato di aver sottratto decine di milioni dalle casse del suo partito, è stata contestata l'appropriazione indebita, che è considerato un reato contro il patrimonio, alla stregua del furto.
E l'avvocato Taormina ha chiesto che venisse contestato lo stesso reato al suo cliente Franco Fiorito. Come anche hanno fatto i legali di Vincenzo Maruccio, cassiere dell'Idv della Regione Lazio, indagato per alcuni versamenti sospetti sui suoi conti personali con i soldi del partito. Così, dal momento che la delega al governo autorizza ad allargare la lista dei reati che determinano l'incandidabilità tendendo conto dell'allarme sociale che creano, anche una condanna per appropriazione indebita quasi certamente diventerà una buona ragione per restare fuori da governo e parlamento.
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