RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Estratto dell’articolo di Giuseppe Colombo e Valentina Conte per “la Repubblica”
GIANCARLO GIORGETTI - GIORGIA MELONI
«Linea prudente e responsabile», la chiama Giancarlo Giorgetti. Ma quando il ministro dell’Economia svela i primi numeri della stretta sui conti, l’eufemismo lascia spazio al rigore. E così il Consiglio dei ministri chiamato ad esaminare il Piano strutturale di bilancio si trasforma in un esercizio avverso al governo di destra che ha sempre rigettato l’austerity.
[...] il calcolo del prezzo da pagare per tenere fede agli impegni previsti dal nuovo Patto di stabilità. [...] Per rispettare la regola aurea del Patto – la spesa può crescere solo meno del Pil nominale – Giorgia Meloni è costretta a stringere la cinghia. Addirittura più di quanto avevano messo in conto i tecnici: la spesa primaria netta crescerà, in media, non più dell’1,5% nei prossimi sette anni. Tradotto: l’esecutivo potrà spendere al massimo 15 miliardi in più all’anno.
Certo, la traiettoria potrà essere disattesa, aumentando il livello della spesa che nel 2023 ha toccato quota 1.072 miliardi. Ma in questo caso bisognerà alzare le tasse o impugnare le forbici e procedere con i tagli. [...]
Le voci che rischiano di restare al palo sono le stesse e assai sensibili. La sanità su tutte. Rischia, come altre spese, di non avere un euro in più. Questo dice il “numeretto” del tetto alla spesa. Prendendo in considerazione un’inflazione media all’1,5%, la spesa in valori reali è infatti pari a zero. Inchiodata. Con un Piano privo del quadro programmatico, il governo ha vita facile.
debito deficit e spesa pubblica - la repubblica
Ecco perché la nota che parte da via XX settembre al termine del Cdm sottolinea che «l’allineamento della traiettoria è coerente con l’andamento dei principali saldi di finanza pubblica già previsto» nel Documento di economia e finanza approvato ad aprile. Anche allora la scelta ricadde sul solo quadro tendenziale, che però non dice cosa vuole fare il governo per le famiglie e le imprese. E, quindi, non tiene conto delle spese aggiuntive che andranno sostenute. Solo per riconfermare quelle che scadono a fine anno servono 20 miliardi.
Non farlo significa gettare nel cestino il taglio del cuneo fiscale e la sforbiciata all’Irpef, solo per citare alcune misure. Già così il quadro è complesso. Ad oggi la traiettoria dice che il governo ha la metà dei soldi che servono per confermare, nel 2025, la manovra di quest’anno. Ecco perché Giorgetti dovrà affidarsi alle entrate e al ritocco al Pil atteso dopo l’aggiornamento Istat del 23 settembre. Un sollievo, ma non una soluzione. I miliardi da trovare sono dieci. Scavallata la linea della proroga, il terreno scivoloso si fa palude.
giorgia meloni e giancarlo giorgetti 5
Per tenere la curva della spesa sotto al tetto dell’1,5% di aumento medio annuo bisognerà tenere a zero alcune spese. Per questo sarà difficile raddoppiare, come vuole Meloni, la dote da destinare alla sanità, da 2 a 4 miliardi. A fronte di spese obbligate in aumento, come le pensioni, bisognerà contenere le altre.
Il perimetro degli impegni promessi a Bruxelles non finisce qui. Il Tesoro assicura che il rapporto deficit/Pil sarà portato sotto la soglia psicologica del 3% entro il 2026. Un mini taglio, nulla di più, ma almeno si potrà dire che la discesa si concluderà prima. Subito dopo toccherà al debito, che andrà tagliato dell’1% all’anno. Andranno fatti altri sacrifici. E andranno fatte, da subito, le riforme. [...]
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