DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Nicola Lillo per “la Stampa”
Il piano per scindere le Ferrovie dello Stato e l'Anas è allo studio al ministero dei Trasporti, dove l'ipotesi per ora è quella di un decreto in arrivo nelle prossime settimane e il successivo ingresso nella partita della Cassa depositi e prestiti. Lega e Cinque Stelle hanno sempre criticato l'iniziativa del precedente governo che alla fine del 2017 ha portato la società stradale sotto al cappello di Fs, creando un colosso dei trasporti da 10 miliardi di fatturato. Il passo indietro ora è alle porte, come confermano fonti di governo.
«Anas e Fs non saranno un'unica società perché si tratta di due soggetti giuridici tra loro assai diversi e disomogenei», ha detto pochi giorni fa in audizione alla Camera il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli. Il progetto del governo dunque è quello di dividere nuovamente le società.
IL PIANO
Le Ferrovie - guidate dal nuovo amministratore delegato Gianfranco Battisti - andrebbero avanti per la loro strada, abbandonando da un lato l'Anas per investire però dall'altro centinaia di milioni di euro in Alitalia; le quote dell'Anas invece (che dovrebbe gestire eventuali concessioni autostradali nel caso di nazionalizzazioni) sarebbero trasferite alla Cdp. In questo modo l'azienda non tornerebbe alla casa madre, e cioè al ministero dell'Economia, evitando così di appesantire le casse dello Stato.
Era stato il governo Gentiloni a spingere per la fusione, anche per far uscire dal perimetro pubblico l'azienda, così da togliere un po' di debito dal bilancio, consentire assunzioni e sbloccare gli investimenti. Per evitare che si riproponga la situazione precedente al ministero di Porta Pia stanno dunque valutando l'impegno della Cassa depositi e prestiti guidata da Fabrizio Palermo, che giovedì - nel corso di un consiglio di amministrazione per delineare il nuovo piano industriale - si sarebbe focalizzato proprio su imprese e infrastrutture. Cdp per ora non sarebbe comunque stata coinvolta sul dossier.
GLI OSTACOLI
Ci sarebbero però due questioni di non poco conto da superare prima di portare a termine l'operazione. La prima riguarda il ministero dell' Economia, che controlla la Cdp. Il ministro Giovanni Tria ha preso posizione spiegando che la Cassa «certamente non può essere una nuova Gepi (Società per le gestioni e partecipazioni industriali, ndr): è un soggetto partecipato, controllato dal Mef, ma è un soggetto privato e ogni azione deve essere correlata al calcolo economico», altrimenti «se viene registrato nel settore pubblico, ci sarebbe un salto del rapporto debito/Pil a cui non voglio neanche pensare». Una posizione dunque ben più prudente rispetto a quella dei Cinque Stelle, che sognano una nuova Iri, grazie a un maggior protagonismo della Cdp nell' economia del Paese.
Oltre a questo c'è lo statuto della Cassa che potrebbe impedire l' operazione. L'Anas, guidata dall' amministratore delegato Gianni Vittorio Armani e dal presidente Ennio Cascetta, ha infatti circa dieci miliardi di euro di contenzioso, che rendono la società più debole creando un problema di incertezza sul futuro. E questo confligge con le logiche di investimento di Cdp.
Il governo, comunque sia, ha intenzione di tirare dritto e scindere le aziende. Il ministro Toninelli, come ha spiegato davanti al Parlamento, è infatti convinto che «la fusione sia stata dettata da motivi finanziari e di tornaconto personale per tutti quei manager che si sono visti moltiplicare lo stipendio». Parole che hanno creato un forte malumore ai piani alti dell' Anas.
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