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Marco Imarisio per il ''Corriere della Sera''
mohamed abrini nella clio nera con salah abdeslam
La strage di venerdì 13 doveva essere solo l' inizio.
Abdelhamid Abaaoud, la mente del commando che ha colpito al Bataclan, allo Stade de France e nei ristoranti dell' XI arrondissement, pensava in grande. I suoi progetti non si limitavano all' attentato al quartiere amministrativo della Défense, citato nei giorni scorsi da François Molins, il procuratore di Parigi.
Voleva colpire il quartiere ebraico, i trasporti, le scuole. Era tornato dalla Siria per condurre di persona una campagna di terrore che sarebbe durata altri giorni, forse settimane. E se la rideva di gusto, per aver sfruttato la politica francese sui rifugiati, da lui giudicata «fallimentare», che gli aveva consentito di passare indisturbato la frontiera benché ricercato per terrorismo.
la rete dei terroristi di parigi
La parola fallimento va di moda anche in Belgio. L' annuncio dell' incriminazione di un sesto uomo legato agli attacchi di Parigi non placa la discussione su indagini che appaiono farraginose e roboanti, quasi a compensare la figuraccia internazionale dovuta al fatto che almeno 5 degli otto componenti del commando stragista venivano dai sobborghi di Bruxelles. In Germania è invece stato fermato un uomo sospettato di avere venduto le armi ai terroristi, altro sale sulle ferite belghe, perché l' andirivieni oltrefrontiera dei futuri kamikaze era cosa nota alle autorità.
La megaoperazione di domenica scorsa ha sventato un attentato come a Parigi, sostiene il governo. Falso, replicano fonti dei servizi segreti. Erano interventi resi necessari dall' inchiesta francese. Si stava cercando Salah Abdeslam, senza alcun risultato. Anche perché ormai è lontano. Forse.
Le uniche notizie sul suo conto arrivano dal verbale di un testimone chiave, pubblicato dal settimanale francese Valeurs Actuelles . Si tratta dell' uomo che ha rivelato agli inquirenti la presenza di Abaaoud, di sua cugina Hasna Ait Boulahcen, e della terza persona nel covo di Saint Denis. È la sera del 15 settembre.
La rivista ha deciso di non divulgare il suo nome. È un francese nato in Algeria, anch' egli noto per i suoi legami con l' Islam radicale e la jihad. Chiamato da Abaaoud in fuga e bisognoso di aiuto, è lui a mettere Hasna Ait Boulahcen in contatto con la presunta mente degli attentati.
Salah Abdeslam, une dei fratelli coinvolto nelle stragi di parigi
Dopo, se lo fa passare al telefono. Abaaoud, che tutti ritenevano in Siria, gli racconta di essere in Francia «da due mesi, da quando Hollande ha fatto rientrare i rifugiati» dice ridendo. «E la Francia, zero». La facilità con la quale si passano i controlli è certificata anche dal fermo e dalla condanna per direttissima avvenuta ieri ad Ancona di tre cittadini siriani in possesso di false carte d' identità romene. Stavano salendo sul treno per Milano.
Al conoscente che gli chiede ragione del suo ritorno, Abaaoud risponde che voleva verificare la sistemazione dei suoi uomini onde «essere sicuro che non esitassero». Si incontrano.
Abaaoud, la cugina e la persona che di fatto li tradirà. La «mente» racconta che venerdì 13 è solo un inizio. A sua cugina confida che nelle settimane seguenti avrebbero fatto danni ben peggiori «nei quartieri degli ebrei», presumibilmente il Marais, e avrebbero distrutto «trasporti e scuole». Venerdì 13 «non è stato nulla», dice Abaaoud alla congiunta. «Per le feste, vedremo quel che succederà. Siamo dappertutto». A un certo punto il cellulare della ragazza suona. La voce al telefono le intima di non parlare con nessuno.
abaaoud con in mano una pistola
È nientemeno che Salah Abdeslam, il quale si fa passare il suo amico di infanzia, al quale confida di essere ormai al sicuro. «In Siria». Non si parleranno mai più.
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Il 18 novembre Abaaoud verrà ucciso dai cecchini durante il blitz di Saint Denis, insieme ai suoi complici.
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