DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
1. DESTRA E SINISTRA PERDONO IL LORO POPOLO
Ilvo Diamanti per "La Repubblica"
Non è una scossa isolata e occasionale. Le recenti elezioni segnano, invece, una svolta violenta. Che modifica profondamente i confini fra politica, società e territorio. Segno del cambiamento è, soprattutto, il voto al M5S. Il quale ha canalizzato gli effetti di due crisi, enfatizzate, a loro volta, dalla crisi economica.
La prima - a cui abbiamo già dedicato attenzione - colpisce il legame con il territorio. à resa evidente dallo "sradicamento" dei partiti principali nello loro zone "tradizionali". Il Pd: in alcune province storicamente di sinistra. Nelle Marche e in Toscana, soprattutto. La Lega: nel Nordest, nella pedemontana lombarda e piemontese. Nelle province "forza-leghiste", un tempo "bianche". Democristiane. Infine, il PdL, che ha perduto, in misura superiore alla media, nelle Isole. Sicilia e Sardegna. Dove è forte, fin dalle origini.
Una geografia politica di lunga durata è mutata bruscamente e in modo profondo. Almeno quanto la struttura sociale ed economica del voto. à qui la seconda "crisi", esplosa alle recenti elezioni, dopo una lunga incubazione. Centrosinistra e centrodestra hanno perduto la loro base sociale di riferimento. Il centrodestra, in particolare, aveva conquistato il consenso dei ceti produttivi privati. Gli imprenditori, ma anche gli operai delle piccole e medie imprese private. E gli stessi in-occupati. Aveva, inoltre, ereditato, dai partiti di governo della prima Repubblica, il consenso delle aree del Mezzogiorno maggiormente "protette" dallo Stato.
Il Centrosinistra e soprattutto il Pd si erano, invece, caratterizzati per il consenso elettorale garantito dai ceti medi tecnici e impiegatizi. I vent'anni della seconda Repubblica, in fondo, si riassumono in questa frattura sociale e territoriale. Marcata dalla "questione settentrionale" e dai soggetti politici che, più degli altri, l'hanno interpretata. La Lega e Silvio Berlusconi. La Destra popolare opposta alla Sinistra im-popolare. Sostenuta dai professionisti, gli impiegati (soprattutto "pubblici") e gli intellettuali.
Ebbene, oggi il marchio della Seconda Repubblica appare molto sbiadito. L'identità sociale - per non dire di "classe" - delle principali forze politiche risulta sensibilmente ridimensionata.
Il centrodestra "popolare" ha perduto il suo "popolo" (lo ha rilevato anche Luca Comodo, sul Sole 24 Ore). Il suo peso, tra gli imprenditori e i lavoratori autonomi, rispetto alle elezioni del 2008, è pressoché dimezzato: dal 68 al 35%. Lo stesso tra gli operai: dal 53 al 26%. Mentre, fra i disoccupati, gli elettori di centrodestra sono calati dal 47 al 24% (indagini di Demos-LaPolis, gennaio-febbraio 2013).
Anche il centrosinistra e la sinistra si sono "perduti" alla base. Hanno, infatti, intercettato il voto del 35%, tra le figure "intellettuali", il personale tecnico e impiegatizio: 12 meno del 2008. Del 32% dei liberi professionisti: 10 meno delle precedenti elezioni.
Centrodestra e centrosinistra, soprattutto, hanno smesso di costituire i poli alternativi per i lavoratori dipendenti e indipendenti, occupati e disoccupati. Perché, in queste elezioni, non hanno, semplicemente, cambiato profilo socioeconomico. Ma sono rimasti senza profilo. Cioè, senza identità .
La base perduta da una delle due coalizioni principali della Seconda Repubblica, infatti, non si è rivolta all'altra. Gli operai - e i disoccupati - non si sono spostati a sinistra. Tanto meno - figurarsi - gli imprenditori e i lavoratori autonomi. I professionisti, gli impiegati e i tecnici, a loro volta, non si sono orientati a destra. I lavoratori "in fuga" si sono rivolti altrove. Hanno scelto il M5S. Per insoddisfazione - spesso: rabbia - verso le "alternative" tradizionali. Hanno votato per il soggetto politico guidato da Grillo.
Così, oggi, in Italia si assiste a una competizione politica singolare, rispetto a quel che avviene in Europa. Dove l'alternativa avviene - prevalentemente - fra Liberisti e Laburisti, Popolari e Socialdemocratici. Centrodestra e Centrosinistra. Che rappresentano, storicamente, lavoratori indipendenti e dipendenti. Imprenditori e operai oppure impiegati. Mentre oggi in Italia i due principali partiti, PdL e Pd, prevalgono, in particolare, tra le componenti "esterne" al mercato del lavoro. Il PdL: fra le casalinghe (36%). Il Pd: fra i pensionati (37%). Quelli che guardano la tivù...
Il M5S, invece, ha assunto una struttura sociale interclassista. Da partito di massa all'italiana. Come la Dc e il Pci della Prima Repubblica. Primo fra gli imprenditori e i lavoratori autonomi, fra gli operai (40%), ma anche fra i disoccupati (43%). Fra i "liberi professionisti" (31%) e fra gli studenti (29%) - dunque fra i giovani.
In più, ha un impianto territoriale "nazionale". Distribuito in tutto il territorio.
Ciò induce a usare prudenza nel considerare il voto delle recenti elezioni come un evento violento, ma transitorio. Che è possibile riassorbire con strategie tradizionali. Attraverso grandi alleanze, tra vecchi e nuovi soggetti. Oppure integrando nell'area di governo gli "ultimi arrivati". Non è così. Perché il retroterra stesso delle tradizionali forze politiche, dopo una lunga erosione, è franato.
Le stesse fratture politiche che hanno improntato la Seconda - ma anche la Prima - Repubblica oggi non riescono più a "dividere" e ad "aggregare" gli elettori. Siamo entrati in un'altra Storia. I partiti "tradizionali", per affrontare la sfida del M5S, non possono inseguirlo sul suo terreno. Blandirlo. Sperare di integrarlo. Scommettere sulla sua dis-integrazione. Al Pd, per primo. Non basta rinnovarsi, ringiovanire. Il Pd. Deve cambiare.
2. DAL PD VOTO LAST MINUTE PER GRILLO
Luca Comodo per "Il Sole 24 Ore"
I risultati delle elezioni politiche hanno prodotto una scossa che sembra andare in profondità e mettere in discussione gli assetti e lo scacchiere politico come lo abbiamo conosciuto negli ultimi vent'anni. La crescita dell'astensione è stata netta: 5 punti in più rispetto alle politiche 2008.
Tuttavia la fuga dalle urne che emergeva dai sondaggi sino a poche settimane prima del voto non si è verificata. La delusione si è tramutata in voto per Grillo. Gli astensionisti, che nei momenti in cui erano più alti nei sondaggi avevano attratto fette di elettorato "dinamico", tornano ad essere molto simili al profilo tradizionale di chi non vota: età elevata, basso titolo di studio, con la televisione come veicolo principale quando non esclusivo di informazione.
Tutti i partiti tradizionali vengono fortemente penalizzati: il Pdl perde oltre 6 milioni di voti, quasi 3 milioni e mezzo il Pd, 1 milione e mezzo l'Udc, la Lega smarrisce più di metà dei propri elettori, ma anche Rivoluzione civile, rispetto alle forze che la sostenevano perde quasi due milioni di voti.
Queste perdite vengono catalizzate soprattutto dal MoVimento 5 Stelle. Una quota quasi analoga di elettori Pdl (16%) e Pd (14%) del 2008 convergono verso Grillo. Quote più rilevanti in termini percentuali (anche se meno importanti in quantità di elettori) arrivano al M5S dall'Idv (32%), dalla Sinistra Arcobaleno (31%) e dalla Lega Nord (24%). Dalla stessa Udc il 12% degli elettori 2008 si dirige verso Grillo.
In particolare il M5S raccoglie, nell'ultima settimana precedente il voto, un flusso importante di elettori ex-Pd. Questo flusso, che nessun sondaggio è riuscito ad intercettare, ha contribuito in misura decisiva a determinare l'attuale situazione di stallo.
L'altra novità di queste elezioni, la coalizione centrista di Monti, ha una bassa trasversalità : il flusso principale viene dall'Udc, quote inferiori al 10% dagli altri partiti.
Tuttavia la composizione dell'elettorato attuale della lista di Monti vede provenienze diversificate, per circa un quarto da Pdl e Udc, per circa il 20% da elettori ex Pd. I piccoli flussi dai grandi partiti sono, infatti, in valori assoluti, paragonabili al flusso più rilevante proveniente dall'Udc.
Per quel che riguarda le caratterizzazioni degli elettori dei principali partiti, curioso risulta essere il confronto fra la radiografia del voto Pd e quella del voto al Movimento 5 Stelle: dal punto di vista anagrafico, del livello di scolarizzazione e della composizione professionale, l'una sembra essere il negativo dell'altra.
Dove il Pd raggiunge i suoi massimi (55-64enni, ultra 65enni, licenza elementare, pensionati, lettori di quotidiani), il Movimento 5 Stelle si ferma sui valori minimi. Viceversa tra i 18-24enni, i 35-54enni, laureati e diplomati, lavoratori autonomi, disoccupati, studenti, dipendenti privati, quanti si informano prevalentemente su internet, categorie nelle quali il Movimento di Grillo esplode, il Pd risulta in evidente difficoltà .
Il Pdl mantiene uno zoccolo duro fra i più anziani (ultra 65enni), gli elettori con licenza elementare, le casalinghe, quanti si informano soltanto il tv, specie nel centro-sud e nel profondo sud del Paese. Scelta civica ha attratto soprattutto elettori laureati, imprenditori e liberi professionisti, cattolici praticanti, specie nelle regioni del nord Italia, mentre il suo appeal è risultato minimo fra i 25-34enni, i disoccupati, quanti non hanno nessuna pratica religiosa e quanti si informano soprattutto tramite internet.
Ma detto questo, è interessante analizzare le dinamiche sviluppatesi nel corso della campagna elettorale. Se prendiamo i valori dei nostri sondaggi prima e dopo il voto, possiamo dare conto delle perdite subite dal Pd, del recupero (rispetto alle aspettative) del Pdl, delle aree di conquista di Grillo.
I tre partiti principali dell'agone politico italiano sembravano infatti aver raggiunto, a dicembre, i propri massimi per il Partito democratico (galvanizzato dalle primarie) e i propri minimi per Popolo della libertà (in piena crisi da mancanza di leadership) e per il Movimento 5 Stelle (alle prese con le polemiche sull'assenza di democrazia interna).
Il Partito democratico cede consensi in alcuni dei suoi segmenti più tradizionali e identificanti, fra gli elettori collocati più a sinistra, specie nelle regioni del sud e nelle isole, fra i laureati, il ceto medio, i dipendenti privati. Specularmente, per il Popolo della libertà il recupero di voti sembra essersi concentrato soprattutto fra quanti avevano storicamente sempre votato per questa formazione, ma nei mesi più duri di crisi del partito avevano momentaneamente abbandonato l'idea di votarlo: collocati al centro-destra o a destra, 55-64enni, residenti nel centro-sud, casalinghe.
Lo sfondamento di Grillo, infine, sembra caratterizzarsi soprattutto per una straordinaria crescita di consensi nel corso della campagna elettorale nelle aree di elettorato collocate più sinistra, fra i più giovani (18-24enni), gli studenti, i disoccupati, i dipendenti privati, ma anche i lavoratori autonomi, specie nelle (ex?) regioni "rosse" (con l'uscita di voti dal Pd), ma anche nel Nord Est e in Veneto in particolare (con l'uscita di voti dalla Lega).
Sembrano quindi tre i punti da sottolineare. La "mancata vittoria" del Pd. La sua offerta, nell'ultima parte della campagna elettorale, non è stata all'altezza delle attese createsi con le primarie. La "mancata sconfitta" del Pdl. La rimonta percepita non è stata frutto di un aumento significativo del consenso al Pdl quanto piuttosto dalla riduzione del consenso per il Pd.
Il Pdl non ha perso perché il Pd non ha vinto. La "anomala sconfitta" della Lega. Rinchiusa sempre più nei piccoli comuni e nelle aree territoriali che hanno visto la sua nascita, ottiene però una vittoria politica straordinaria: governa le tre regioni del Nord, le principali produttrici di ricchezza del paese.
Il voto ci lascia uno scacchiere politico quadripolare (di cui tre poli equivalenti), con un superamento del bipolarismo del ventennio. Si affaccia quindi il tema, non solo della governabilità , ma anche, e forse soprattutto, della ricomposizione del paese in una situazione economica e sociale che permane drammatica.
Beppe Grillo PIERLUIGI BERSANI IN PREGHIERA MATTEO RENZI CON LA MANO NELL'OCCHIOSILVIO BERLUSCONI jpegROBERTO MARONI CON LA SCOPA PADANA BEPPE GRILLO IN PIAZZAFONTE IPSOS - FLUSSI ELETTORALI 2008 2013
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