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Liana Milella per "la Repubblica"
Nuova puntata della Grasso story. Gian Carlo Caselli chiede al Csm di essere tutelato dalle accuse di Pietro Grasso. Un alto magistrato come lui sollecita una difesa contro «il condizionamento e l'ingerenza del potere politico, specie se esso corrisponde a una delle massime cariche dello Stato». Sta parlando di Grasso, che era pure lui un alto magistrato, ma non lo è più, è in pensione, si è candidato con il Pd, si fa il suo nome come possibile premier. Il conflitto, in sé, ha il pregio dell'originalità . Non se ne conta uno simile tra un procuratore e un presidente del Senato ex procuratore.
Dopo l'uscita di Marco Travaglio a Servizio pubblico e l'autodifesa dell'attuale presidente del Senato ed ex procuratore nazionale antimafia a Piazza pulita s'arrabbia, e di brutto, una toga famosa come Caselli.
Oggi capo della procura di Torino e nello stesso ruolo a Palermo dopo le stragi del 92-93, seguito a ruota sulla stessa poltrona da Grasso, Caselli scrive al vice presidente del Csm Michele Vietti e chiede che si apra una pratica a sua tutela contro «le accuse e allusioni suggestive» fatte da Grasso. A far infuriare Caselli soprattutto la frase di Grasso sui processi che «non devono diventare una gogna mediatica».
Fortemente sgradita, ovviamente, anche la sua tesi sulla Superprocura («Il Csm poteva nominarlo») e sulle tre leggi di Berlusconi per fermare lo stesso Caselli nel 2005.
La lettera di Caselli al Csm ieri non era ancora stata aperta. Ma oggi alle 15 si riunirà l'ufficio di presidenza (Vietti con le alte toghe della Cassazione Ernesto Lupo e Gianfranco Ciani) e lì si deciderà se la missiva e il suo contenuto dovranno essere presi in considerazione e se ad occuparsene dovrà essere la prima commissione con una pratica per tutelare Caselli «dall'ingerenza del potere politico» impersonato da Grasso. Dalle prime indiscrezioni par di capire proprio che la lettera di Caselli potrebbe essere trattata dalla prima commissione con l'obiettivo di verificare se effettivamente Caselli va tutelato.
Il procuratore di Torino parla di «accuse e allusioni suggestive che prospettano in maniera distorta» fatti che riguardano la sua attività di magistrato. Sarebbe «profondamente lesivo» dell'immagine di Caselli il fatto che Grasso abbia parlato «di una sua tendenza a promuovere e gestire processi che diventano gogne pubbliche, ma che restano senza esiti». All'opposto, Caselli dice che la sua esperienza professionale «si è sempre e solo ispirata all'osservanza della legge e alla rigorosa valutazione della prova».
Caselli considera un'ulteriore «delegittimazione» il fatto che Grasso abbia parlato proprio nel giorno della sentenza d'appello Dell'Utri, uno dei processi che, con quello contro Giulio Andreotti per mafia, sono partiti sotto la sua gestione della procura e restano una tappa importante della lotta a Cosa nostra. Grasso stavolta resta zitto. Aveva detto lunedì, da Corrado Formigli, che non avrebbe più parlato, neppure se Travaglio l'avesse
ulteriormente criticato, come di certo farà domani sera in trasmissione.
L'uscita di Caselli non era prevista. Suona come l'epilogo di uno scontro che si trascina da vent'anni. Giocata sul metodo e sulla contrapposizione con la politica. Caselli e il suo "erede" Antonio Ingroia rimproverano a Grasso di essere stato troppo morbido proprio con la politica. Grasso replica con la teoria che i processi hanno bisogno di fatti e non di teorie.
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