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1- IL SENATORE RUTELLI ALLA CROCIATA DEL RISENTIMENTO...
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"
No, non era il senatore Francesco Rutelli quello che giorni fa, con un colpo di mano dell'Api (l'esigua truppa di Alleanza per l'Italia), ha permesso al Senato di approvare a voto segreto un torbido emendamento della Lega che introduce la reclusione fino a un anno per i giornalisti che diffamano. No, non era Rutelli. Sarà stato il solito Corrado Guzzanti («Er Paese non è de destra né de sinistra: er Paese è de Berlusconi!») in vena di scherzi.
Un politico navigato come Rutelli un errore così non l'avrebbe mai commesso. Il risentimento gioca brutti scherzi, appunto. E Rutelli è risentito, oh se è risentito! Per via di Luigi Lusi, quello che ha sottratto 25 milioni di euro dalle casse dell'ex Margherita. La Procura romana ha completamente scagionato Rutelli (mai abbiamo pensato che si sia messo in tasca un solo centesimo), ma gli schizzi di fango hanno macchiato il suo abito e il suo habitat.
Com'è possibile non accorgersi di uno che dissangua sistematicamente le casse del partito? Rutelli dormiva? Con Api s'invola? Il risentimento s'appiccica al carattere, non alle idee; il risentimento appartiene agli anfratti dell'animo umano non alla politica; il risentimento varia con l'umore dei singoli ed è insensibile alla riflessione istituzionale. Insomma, combina guai.
Come verrà ricordato il senatore Rutelli? Per le sue battaglie giovanili a fianco di Pannella sui temi dell'antiproibizionismo? Per essere stato un buon sindaco di Roma a «pane e cicoria»? Per i suoi simpatici soprannomi, «Cicciobello» o «Nu bello guaglione»? Per la sua sensibilità all'ambiente e alla cultura? Per essersi presentato al Quirinale in motorino per il giuramento da ministro?
Intristito nel livore e nell'astio per il caso Lusi, rischia di essere ricordato solo per questa penosa vicenda, per il suo malanimo nei confronti dei giornalisti, per non aver saputo distinguere i torti. Con il ressentiment non si fa politica. Come insegna la favoletta di Esopo. Chi disprezza quello che non può ottenere, si comporta come la volpe con l'uva: non è ancora matura! Ma il risentito va oltre: odia l'uva matura e preferisce quella acida, buona solo per la vendetta.
2- RUTELLI: LA MIA LOTTA (SENZA RISENTIMENTI) ALLA LIBERTÃ DI DIFFAMARE
Lettera di Francesco Rutelli al "Corriere della Sera"
Caro direttore,
la battaglia che conduco in Parlamento sulla legge in materia di diffamazione non ha niente a che vedere col risentimento. à una battaglia di anni, la cui rocciosa radice risale al giorno dei funerali di Enzo Tortora, circa 25 anni fa, in Sant'Ambrogio a Milano. Tortora volle essere sepolto in compagnia di una copia della «Storia della Colonna infame» del Manzoni: giornalista di talento e cultura rari, Enzo era stato distrutto da molte cause, non ultima l'accettazione iniziale da parte di tanti suoi colleghi giornalisti dell'infamia che egli fosse, nientemeno, un «capo della camorra».
Molti altri casi di calunnia ho combattuto, e sono pronto a ricordare. Dunque, mi sono opposto a viso aperto (altro che «colpo di mano», o «torbido emendamento», come ha scritto ieri sulla prima pagina del Corriere Aldo Grasso) a trasformare una norma per salvare dal carcere il direttore Sallusti in una sostanziale libertà di diffamare. La diffamazione, infatti, è un reato orrendo: significa propagare il falso a danno di un innocente.
E c'è interesse attorno a questa battaglia: lo si vede dagli ascolti molto alti delle trasmissioni tv cui ho partecipato (Agorà di Vianello, Otto e mezzo di Gruber), e dai molti consensi che arrivano. Tre altri specifici temi sollevati da Grasso richiedono una mia precisazione.
1. Che con quell'emendamento si «introduce la reclusione fino a un anno per i giornalisti che diffamano».
Ma la legge in vigore prevede, oggi, la pena del carcere da 1 a 6 anni! Dunque, l'emendamento non introduce, ma riduce drasticamente questa previsione: la mantiene per casi assolutamente estremi, come avviene praticamente in tutta Europa, e come è giusto che sia.
2. Io sono stato calunniato, nel caso Lusi.
E si converrà che questo non è un buon motivo per interrompere proprio oggi le mie convinzioni liberali contro il celebre motto Baconiano: «Calunniate, calunniate. Qualcosa resterà ». Sono contento che il critico tv del Corriere scriva «mai abbiamo pensato che Rutelli si sia messo in tasca un solo centesimo».
Magari avrei apprezzato un'espressione non conformista da parte sua nel criticare chi invece lo ha scritto e, scrivendolo, mi ha gravissimamente diffamato nei mesi scorsi. Infatti - mi si consenta questa deviazione, visto che ancora molti non l'hanno capito - diversamente da quanto pubblicato ieri, l'inchiesta giudiziaria ha precisamente documentato «come fosse possibile non accorgersi» dei furti del tesoriere da parte dei numerosi organi di controllo della Margherita (che aveva bilanci in attivo).
Cosa ancora più importante e, vedo, tuttora trascurata: si crea un fatto senza precedenti recuperando il danaro sottratto, che non viene restituito al partito, ma devoluto allo Stato italiano. Dopo la certificazione dell'onestà , con il recupero del maltolto si ristabilisce anche la serietà dei dirigenti della Margherita.
3. Più che la favola della «volpe e l'uva», vedo nell'articolo di Grasso emergere quella del «lupo e l'agnello».
Ovvero: siccome anch'io sono stato diffamato, non dovrei battermi contro i diffamatori. Tesi rispettabile, ma ardita. Nel ringraziarlo, quando ricorda le mie passioni per l'ambiente e la cultura, e «per essere stato un buon sindaco di Roma» voglio ricordare che la mia determinazione nel difendere non solo l'onore dei diffamati, ma anche il mio, risale certamente anche alla coscienza di aver svolto funzioni pubbliche, costruito grandi e importanti opere pubbliche, gestito importanti risorse pubbliche, servito - spesso in minoranza - l'interesse pubblico sempre rifuggendo il vantaggio privato.
Francesco Rutelli
3- RISPOSTA DI ALDO GRASSO...
Prendo atto delle battaglie in Parlamento di Rutelli: la prossima volta, però, prima di farle, impari a chiudere le porte, altrimenti i buoi scappano un'altra volta.
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