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M. Ga. per il "Corriere della Sera"
«Grazie per avermi aperto gli occhi, hai cambiato la mia vita». Mike, uno studente della New York University, si è messo disciplinatamente in fila davanti al microfono, quando, dopo l'intervista condotta da Matt Taibbi, è il momento delle domande del pubblico a Glenn Greenwald, la penna scelta da Edward Snowden per svelare al mondo i segreti della Nsa: l'abnorme uso della gran mole di dati reperibili su Internet da parte dello spionaggio americano.
A quasi un anno dall'inizio delle rivelazioni, pubblicate in gran parte sul Guardian , il giornalista e avvocato americano ha scritto un libro - «No Place to Hide», «Sotto controllo» nell'edizione italiana pubblicata da Rizzoli e in edicola con il Corriere della Sera - del quale ha discusso l'altra sera in un affollato evento nella Great Hall della Cooper Union, a due passi dall'università di Lower Manhattan.
Più una marcia trionfale che una conversazione fatta di botta e risposta: accolto dalla standing ovation degli studenti, trattato da Taibbi come un eroe che ha avuto il coraggio di sfidare le ire della superpotenza mondiale, Greenwald ha attaccato forse più gli organi di stampa tradizionali che la Nsa, l'agenzia dell'intelligence federale per la quale Edward Snowden ha lungamente lavorato prima direttamente, poi come contrattista esterno, prima di fuggire a Hong Kong coi segreti trafugati.
Greenwald ha ricostruito i suoi rapporti con «la fonte», la diffidenza iniziale, la difficoltà di capire le sue motivazioni, il viaggio in Cina e la scoperta di un personaggio che, nelle parole del giornalista, non solo non ha tradito il suo Paese, ma è un'anima pura e coraggiosa che ha deciso di rivelare segreti sconvolgenti sapendo che questo potrebbe costargli il carcere a vita perché convinto che questa sia la cosa giusta da fare.
L'unico modo per svegliare la nazione dal suo torpore e convincere le autorità a riformare strutture spionistiche andate al di là del loro mandato. Ma le frustate più dure sono per la stampa tradizionale, abbandonata da Greenwald che è passato, come Taibbi, a nuove piattaforme giornalistiche digitali alternative: The Intercept , l'impresa fondata dal miliardario della Silicon Valley, Pierre Omidyar.
Greenwald attacca soprattutto il New York Times , troppo prudente e reticente. Ma poi se la prende con tutti: «Hanno giudicato gli atti di Snowden meritevoli di una pesante condanna penale, ma poi quando il capo dell'intelligence federale, James Clapper, viene sorpreso a mentire davanti al Congresso, nessuno ha il coraggio di scriverlo».
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