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Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”
La signora seduta nella sala d’attesa deserta ha lo sguardo buono di chi racconta bugie senza essere capace di mentire. «Andiamo in crociera» dice, e subito punta gli occhi verso il pavimento di linoleum. Tra le mani stringe due fogli azzurri, due questionari compilati a mano. Su ognuno di essi è spillata una fototessera.
Il commissariato del quartiere Pagrati è un container gigante, eredità delle Olimpiadi del 2004, quando forse la Grecia cominciò a percorrere la strada verso il default. Pare fosse un pezzo del villaggio degli atleti, riciclato chissà come in questa zona popolare di Atene che confina con la ricca Kolonnaki, il giorno e la notte a distanza di pochi isolati.
A tenere insieme realtà così vicine e così diverse, da una parte larghi stradoni pieni di traffico e palazzacci minimo da cinque piani, dall’altra vialetti alberati e villette, sono proprio quei moduli azzurri e le paure che rappresentano. Vanno consegnati pagando una tassa di 42 euro a persona, e nel giro di qualche mese si ottiene un antidoto all’ansia sotto forma di passaporto.
Negli ultimi 10 giorni solo in questa specie di scatola metallica sono arrivate 1.580 richieste per il documento personale, nuovo o rinnovato, che permette l’espatrio. Più del doppio dell’anno scorso, quando nello stesso periodo ne giunsero 600, che pure erano molto sopra la media del 2013.
Certo, è pur sempre estate. Ma il burbero agente di turno in questa domenica afosa spiega di non avere mai visto una cosa del genere. Indica la parete dietro la quale la signora aspetta che qualche suo collega si presenti per aprire l’ufficio passaporti. «Le sembra normale tutta questa fretta? Negli scorsi anni abbiamo sempre avuto più impiegati che richiedenti. Adesso vengono qui anche nei festivi».
E l’ultimo chiuda la porta. I dati dell’Unione Europea raccontano nell’ultimo anno hanno lasciato la Grecia 91.000 residenti, quasi l’uno per cento di una popolazione che si appresta a scendere sotto gli 11 milioni. Anche l’aumento improvviso e generalizzato delle richieste di passaporto è una forma di Grexit, ma non nel senso divenuto ormai comune.
La municipalità di Atene ha reso noti i dati di un fenomeno che tiene insieme il panico silenzioso di queste settimane e la sfiducia ormai generalizzata in un destino decente. Gli incrementi maggiori sono nelle enclaves dei ricchi. Sulla collina di Kifissia e sul mare di Glyfada l’aumento rispetto allo stesso periodo del 2014 è stato del 70%.
A Maroussi, sobborgo alto borghese a nord di Atene, sono stati compilati 750 moduli azzurri in una sola settimana. E in ognuna di queste situazioni salgono almeno del 30% le domande per i minori di 12 anni.
«Ma certo, è una forma di assicurazione sul futuro». L’attesa davanti all’ingresso del Balux Seaside dura appena tre dinieghi e dieci minuti, il tempo di osservare le contraddizioni di un lungomare sul quale si alternano gli stabilimenti dove gli ateniesi benestanti trascorrono i loro fine settimana, le rovine dello stadio olimpico del beach volley e lo scheletro dell’aeroporto Ellenikon abbandonato da 12 anni, del quale Alexis Tsipras rifiuta la privatizzazione.
La quarta persona che esce da un posto dove per entrare si pagano 75 euro cadauno è un atletico quarantenne che si chiama Angelos Lykiardopolis, cognome che indica appartenenza a una importante dinastia di commercianti. «Ho rinnovato quelli di tutta la famiglia. Non significa che andiamo via subito. Ma se usciamo dall’euro e Tsipras nazionalizza tutto, allora dovremo essere pronti a scappare».
Le paure non hanno fissa dimora, e possono essere uguali, davanti al lussuoso ingresso di un club esclusivo come nella disadorna sala d’attesa del commissariato di Pagrati. La signora ha aspettato invano per ore. «Non è per me» dice con aria mesta mentre si avvia verso l’uscita, sistemandosi un foulard sulla testa. «Sono i miei figli che devono andare in vacanza».
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