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Mauro Favale e Emanuele Lauria per “la Repubblica”
L’immagine della giornata, alla fine, è quella di Virginia Raggi che balla sul prato del Foro Italico mentre gli attivisti insultano i giornalisti che cercano di intervistarla: «Buffoni», «venduti», «parassiti». Cori, spintoni, vola qualche schiaffo. La sindaca riconquista la “base” grillina e incassa una fiducia condizionata dal fondatore: «A Roma decidi tu. Ma adesso basta errori».
Il tutto al termine di un raduno che registra il punto più alto della tensione fra il movimento e la stampa. E che segna pure un cambio di passo nella strategia di attacco ai media da parte dei vertici M5S. Se, da un lato, i gruppi parlamentari e la stessa sindaca di Roma prendono le distanze dai responsabili dei disordini, Beppe Grillo prima scherza con la folla - «Chiamatemi l’elevato, non capo» - poi però non fa molto per rasserenare gli animi: «I nostri giornalisti fanno articoli meravigliosi sulla Raggi che ha i peli sulle gambe. Questo è il giornalismo medio di oggi».
E, quasi al tramonto, fra i cenni di assenso del fondatore sul palco e gli applausi del pubblico, ecco giungere via Skype le parole di Julian Assange, creatore di Wikileaks. «In Italia siete riusciti a sbaragliare la stampa corrotta grazie alla guida di Beppe». Assange, che nel 2013 diede forfait al V-day di Genova, fa un endorsement a favore di Grillo che poggia proprio su pesantissime critiche all’informazione: «Le guerre quasi sempre sono causate dalle menzogne che leggiamo sulla stampa. Ogni giornalista è in media responsabile di dieci morti». Il sipario, su Italia 5 stelle, viene giù quando salgono in cielo i palloncini colorati dedicati a Gianroberto Casaleggio e Grillo intona un blues sulla Sicilia: l’epilogo di una kermesse che doveva servire soprattutto a chiudere il caso Raggi.
La sindaca arriva a Palermo e si chiude in un albergo del centro con il leader e con Casaleggio jr. I due, nel corso del colloquio che dura un’ora, richiamano Raggi alle proprie responsabilità: «Sulle nomine vai avanti con chi ti fidi. Ma non possiamo più permetterci di sbagliare».
«Sui nomi mi sono confrontata con gli assessori e i miei consiglieri», ci tiene a ribadire la propria autonomia la sindaca. Restano sempre riempire le caselle del Bilancio e delle Partecipate, da assegnare alcune posizioni di vertice dello staff. Soprattutto sulla delega ai conti di Roma la sindaca è intenzionata a insistere sul magistrato contabile Salvatore Tutino, finito tre anni fa nel mirino dei 5 stelle come «esponente della casta».
Ma che il percorso non sia agevole lo dimostrano le parole di Di Battista, che ricorda la vicenda di Paola Muraro, l’assessore all’Ambente indagata: «Confermarla è stata una scelta di Virginia e se ne assume l’onere». Questioni che alla folla che circonda Raggi al Foro Italico, sembrano non interessare. La acclamano e lei ricambia con un intervento dal palco lungo 20 minuti (Chiara Appendino si era fermata a 5): «Io non mollo. Siamo più uniti che mai. È vergognoso che ad attaccarci sia un premier che non ha rottamato nessuno e che siede al tavolo con Malagò, Berlusconi e Verdini. Con il no alle Olimpiadi hanno tremato, il no al referendum sarà la loro fine. Dopo Roma, Palermo e la Sicilia, ci prenderemo l’Italia».
Un discorso che la ricolloca fra i simboli del M5S, con Di Maio e Di Battista scelti da Grillo per il confronto televisivo con Lucia Annunziata. Anche se, dopo il ridimensionamento del direttorio da parte del fondatore, i due deputati si schermiscono: «Noi due leader? Le regole valgono per tutti».
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