IL TRA-MONTI DEL PD - LA GUERRA INTESTINALE NEL PD TRA GLI ‘ADORATORI DEL LODEN’ E I BERSANIANI È DESTINATA A SPACCARE IL PARTITO GIÀ IN PRIMAVERA, SE LA RIFORMA DEL WELFARE SARÀ VARATA SENZA IL CONSENSO DELLA SCAMUSSATA CGIL - LA FRONDA CATTO-MARGHERITONA VELTRONI-LETTA-FRANCESCHINI PREFERISCE SUB-APPALTARE IL POTERE AI TECNICI PIUTTOSTO CHE RITROVARSI FIGURANTI IN UN ‘GOVERNO DI VASTO’ CON DI PIETRO E VENDOLA…

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Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"

Tra i parlamentari del Pd si danno già i numeri. Se il partito votasse no alla riforma del mercato del lavoro il 40 per cento dei deputati, che diventerebbe il 50 tra i senatori, si esprimerebbe contro la linea ufficiale. Nel Pd la linea filo-Monti fa breccia, nonostante le ritrosie del segretario e dei suoi. Un esempio? La dichiarazione del segretario del gruppo alla Camera, Roberto Giachetti: «Se sul mercato del lavoro le nostre posizioni saranno subordinate a quelle di un sindacato, io terrò le mani libere e voterò secondo coscienza».

La probabile spaccatura del Pd è la ragione per cui Bersani non si opporrà al provvedimento del governo anche nel caso in cui la Cgil non lo firmasse. Al massimo, il Partito democratico potrebbe optare per un'astensione. È l'ipotesi che piace a Cesare Damiano: «Così daremmo un segnale». Segnale per modo di dire, visto che qualsiasi sia il voto del Pd, Pdl e Terzo polo farebbero maggioranza da soli. Il che non conviene a Bersani, sia numericamente che politicamente.

Il segretario, quindi, quando non ha dato per scontato il voto del suo partito, ha semplicemente alzato l'asticella della trattativa. Lo ha spiegato lui stesso: «Se ti dicono che vanno avanti senza accordo, che cosa puoi rispondere: sì grazie, votiamo qualsiasi cosa? È chiaro che non posso dare il nostro voto per acquisito».

In realtà da giorni il governo ha trovato un'ipotesi di mediazione sulla riforma del lavoro a cui Cisl e Uil hanno già detto di sì e che la Cgil sta valutando. Certo l'uscita di ieri del ministro Fornero su Bersani e il Pd non facilita le cose. Il segretario del Partito democratico si è risentito e non ha gradito il fatto che il Pdl abbia subito cavalcato le affermazioni del ministro del Welfare.

Ma non è l'articolo 18 il vero oggetto del contendere nel Pd. È un pretesto dietro il quale si cela la guerra intestina tra i «montiani» e i «bersaniani», che è destinata a spaccare il partito. Già in primavera, se la riforma verrà varata senza il consenso della Cgil. O nel prossimo autunno, se invece il governo troverà un'intesa con Camusso. Lo schema è questo: Walter Veltroni, Paolo Gentiloni, Enrico Letta e Dario Franceschini ritengono che nella legislatura che verrà bisognerà dare vita a un governo in continuità con l'attuale.

«Io - spiega ai suoi Veltroni - non penso certo a una grande ammucchiata, ma di sicuro non voglio regalare Monti ad Alfano e Casini. Perciò ritengo che se lo volesse il presidente del Consiglio potrebbe guidare anche il governo nella prossima legislatura».
Il ragionamento di Bersani è opposto: «Questa esperienza governativa è una parentesi: con le elezioni si chiude la partita e si torna alla politica».

Già, il segretario pensa a se stesso e non a Monti nel prossimo futuro, confortato dai sondaggi che danno il Pdl sotto il 23 e il Pd al 30. Per questa ragione sia lui che i suoi (da Stefano Fassina a Matteo Orfini) hanno intensificato le critiche al governo: per potersi poi sganciare da un'eventuale «candidatura» di Monti a Palazzo Chigi. «Questo non è il nostro governo - continua a ripetere a tutti Fassina - noi lo sosteniamo, però a schiena dritta, e facendo vedere con nettezza tutte le volte in cui siamo alternativi».

Ma Gentiloni, provocatoriamente, stoppa questa operazione con una semplice battuta: «Monti non è Badoglio: non è una parentesi dopo un regime autoritario».Questa guerra sta cambiando la geografia interna del partito e facendo perdere pezzi a Bersani.

L'avvicinamento tra Letta e Veltroni è in corso già da qualche tempo. Ultimamente anche Franceschini si è spostato su posizioni filo-montiane. Ma pure ex ppi come Franco Marini e Pierluigi Castagnetti, che finora hanno sempre appoggiato il segretario, sono schierati convintamente con il presidente del Consiglio.

Per entrambi meglio un rinnovato governo Monti nella prossima legislatura, piuttosto che l'alleanza della foto di Vasto con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro. Della partita sono, e non da ora, anche il segretario della Cisl Raffaele Bonanni e Beppe Fioroni, solo che in questo momento hanno maggiori difficoltà a palesare il loro appoggio all'operazione-Monti perché stanno conducendo una battaglia sull'articolo 18.

 

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