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"NON HO MAI CREDUTO AL FATTO CHE EDOARDO AGNELLI SI SIA SUICIDATO. E NON SONO IL SOLO" - GUIDO CROSETTO SGANCIA LA BOMBA SULLA MORTE DEL FIGLIO DI GIANNI AGNELLI, PRECIPITATO DAL VIADOTTO DI FOSSANO NEL 2000: "ERA L’OPPOSTO DEL PADRE" - IL MINISTRO DELLA DIFESA ATTACCA I MAGISTRATI ("IN ITALIA, OGNI GIORNO, 10 PERSONE INNOCENTI VENGONO MESSE IN PRIGIONE") E PARLA DEGLI SCAZZI CON LA MELONI: "LITIGHIAMO SPESSO, A VOLTE FEROCEMENTE" - "QUANDO VIDI IL LANCIO DI FORZA ITALIA CON LE BANDIERINE E LA CANZONCINA PROVAI DISPREZZO NEI CONFRONTI DI BERLUSCONI" - LA PASSIONE DEL CAV PER LA MOGLIE DI CROSETTO, GAIA SAPONARO: "PER UN PERIODO, IO E LEI CI SEPARAMMO. SILVIO MI FA: 'SO CHE VI SIETE LASCIATI. MA TI DISPIACEREBBE SE...?' LO GELAI: 'PROVACI!' REPLICÒ: 'VOLEVO SOLO VEDERE SE ERI ANCORA INNAMORATO'" - "FRANCESCA PASCALE MI PREGÒ DI INSISTERE SU SILVIO PERCHÉ LASCIASSE PALAZZO CHIGI, NEL 2011: 'ALTRIMENTI LO AMMAZZERANNO' - L'INTERVISTA AL "CORRIERE DELLA SERA"+  LIBRO

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Aldo Cazzullo, Tommaso Labate per il "Corriere della Sera"

 

guido crosetto

«Non c’è nulla, dell’evoluzione della crisi ucraina da quando è stato rieletto Trump, che non avessi previsto da mesi e di cui non avessi parlato con Giorgia Meloni. Così come avevo previsto le mosse della Casa Bianca nel rapporto con Zelensky e con la Russia.

 

Certo, i modi, quelli possono aver sorpreso anche me», dice Guido Crosetto a un certo punto di una conversazione in cui, tra presente e passato, ricordi personali e politici, traccia di sé il ritratto di una persona che tutto sembrerebbe meno uno a cui piace Donald Trump o che lo voterebbe volentieri.

 

Glielo si chiede: ministro, se fosse stato cittadino americano, avrebbe votato per Trump? La risposta è chiara: «Voto in Italia, per fortuna».

 

(...)

 

guido crosetto in versione meccanico immagine creata con l intelligenza artificiale di grok

Tutto questo è il domani. Poi c’è l’oggi. Ma è da ieri che parte questo lungo racconto personale di Crosetto, in parte condensato nelle centosettanta pagine di autobiografia, Storie di un ragazzo di provincia, in uscita per Piemme.

 

Ministro, quali sono i ricordi d’infanzia che l’hanno segnata di più?

«Le mosche e quella puzza di letame che in certi periodi dell’anno saturava l’aria del posto in cui sono cresciuto, Marene, provincia di Cuneo, il tipico comune agricolo che va avanti a mais, grano e allevamento, bovino e suino. E la frase che mi disse mio padre quando un giorno, seduto sul sedile di dietro della sua Pallas, mi lamentai ad alta voce dicendo “che puzza!”:

 

PETE HEGSETH GUIDO CROSETTO

“Rispettala, perché è questa puzza che ti dà da mangiare!”. Il rispetto di qualunque lavoro onesto l’ho imparato quel giorno. Così come ho imparato quanto nella vita contino l’andare avanti, l’essere cortese e rispettoso con gli altri, il non arrendersi».

 

Non si arrese neanche alla diagnosi infernale contenuta su un referto medico consegnato a suo padre. Pentito?

«Un giorno, era di venerdì, tornai a casa e trovai mia mamma che mi aspettava all’ingresso. Un bacio, un abbraccio e poi mi trascinò in salone. Sul tavolo c’erano delle radiografie di un torace e un referto. “Che vuol dire, secondo te?”, mi disse.

 

missione unifil guido crosetto

Iniziò lì una sorta di corsa disperata, fatta di quella disperazione che va oltre i limiti del razionale e propria di quelli che una speranza la cercano persino nei posti in cui in condizioni normali neanche si avvicinerebbero. C’è un turco che dice di avere una macchina miracolosa? Prendi tuo padre e vai dal turco. Senti dire che c’è uno che con le mani guarisce qualsiasi cosa?

 

Prendi tuo padre e lo trascini là. Lo operarono, dodici ore di sala operatoria, dopo sembrava quasi sul punto di riprendersi. Poi spuntarono delle complicazioni. Un’infermiera, mossa a compassione, mi confessò quasi in lacrime che per la fretta di aprirlo e chiuderlo si erano dimenticati dentro una garza, che aveva fatto infezione».

 

Suo padre morì sapendo?

guido crosetto giorgia meloni parata del 2 giugno 2023

«Si chiuse nel silenzio più inscalfibile. Non domandò mai nulla. Quando poi successe, c’ero io davanti a lui: un respiro, un altro respiro, un altro respiro ancora, poi silenzio, silenzio, silenzio. Lo toccai, lo guardai, iniziai a piangere e a urlare “mamma, mamma!”. Come un bambino».

 

Prese lei il suo posto nell’azienda di famiglia di macchine agricole?

«No. Mio zio ci liquidò. Il Codice civile glielo consentiva e lui lo fece. Fummo costretti a ripartire da zero. Avevamo di che mangiare, certo. Ma fu difficile».

 

Giorgia Meloni e Guido Crosetto

Della Democrazia cristiana, partendo da zero, avrebbe scalato i vertici del movimento giovanile.

«Sono arrivato fino a fare il segretario regionale del Piemonte e a un posto nell’esecutivo nazionale, con l’incarico di responsabile della formazione. In quel periodo, la seconda metà degli anni Ottanta, ho avuto la possibilità di lavorare con De Mita, Bodrato, Donatcattin e soprattutto Giovanni Goria».

 

È vero che gli faceva da portaborse?

«È falso. Ho collaborato con Gianni a titolo gratuito e ho imparato da lui l’importanza del fiuto per capire i mutamenti dell’economia: la famosa “nasometria”, di cui Goria parlava sempre».

 

Chi ricorda di quel periodo?

«Enrico Letta, Dario Franceschini, Lapo Pistelli, Simone Guerrini, che fa il consigliere politico del capo dello Stato, e Renato Negro, uno dei miei migliori amici, oggi amministratore delegato di una delle multinazionali più importanti del mondo».

 

guido crosetto con la moglie gaia saponaro

Pentito poi di essere ritornato nel 1990 nella sua Marene a fare il sindaco?

«Grazie a quella esperienza ho capito che cosa fosse il senso delle istituzioni. Mi bastarono pochi giorni e un incontro col “Balari”, uno dei vecchi del paese».

 

Cioè?

«Un giorno, ero stato eletto da meno di una settimana, entro nel bar a comprare le sigarette e mi trovo là il Balari, che conoscevo da sempre. Seduto a tavolino, con un bottiglione di Barbera da cui aveva appena riempito un bicchiere, le Nazionali senza filtro, vestito con gilet, giacca, cravatta e il cappello, che i vecchi del paese indossavano anche col caldo.

 

Mi vide entrare nel bar, come aveva fatto altre mille volte da quand’ero bambino, e fece una cosa che mi lasciò di sasso: si alzò in piedi e si tolse il cappello. Lo guardai senza capire, poi realizzai: ai suoi occhi avevo smesso di essere Guido, il figlio di Giovanni e il nipote di Guido; ed ero diventato il signor sindaco».

guido crosetto giulio tremonti (2)

 

Come può un sindaco di un piccolo comune cambiare la vita dei suoi cittadini?

«Una mattina, ad aspettarmi in municipio, c’era un agricoltore che conoscevo da sempre. “Guido, posso parlarti?”. Lo faccio accomodare nella mia stanza e lui prende a raccontarmi della figlia di cinque anni, che mentre stava giocando nella loro cascina si era allontanata di qualche decina di metri fino a imbattersi in una prostituta impegnata con un cliente.

 

La bambina, che aveva visto la scena, era rimasta talmente traumatizzata che aveva smesso di parlare. Prendo di petto la questione: nel giro di quattro giorni, e a seguito di un’ordinanza molto complicata da tirar su in punta di diritto, che infatti fu la prima del genere in tutta Italia, le prostitute sparirono da Marene e si spostarono nel comune limitrofo.

guido crosetto foto di bacco

 

Secondo voi, ci ringraziò qualcuno? Al contrario, un giorno, entrando al bar, un cliente, che evidentemente era cliente non solo del bar, mi disse “grazie, hai tolto l’unica cosa buona che c’era a Marene”. Altra lezione imparata: non è possibile, in politica, fare una cosa che vada bene a tutti».

 

Dopo la fine della Dc venne folgorato dalla discesa in campo di Berlusconi?

«Al contrario. Quando vidi il lancio di Forza Italia con le spillette, le bandierine e la canzoncina provai nei confronti di Berlusconi quasi disprezzo. Per uno con la mia formazione quella roba era quasi un oltraggio, un insulto.

 

guido crosetto giorgia meloni ignazio la russa

Infatti ne rimasi alla larga, nonostante tanti inviti da parte di persone anche vicine al Cavaliere. Però, allo stesso tempo, fui subito sicuro che quella sarebbe stata una rivoluzione. E che avrebbe avuto successo. Anni dopo, grazie a Roberto Rosso, la stessa persona che mi aveva convinto ad avvicinarmi da ragazzo alla Dc, finii a Montecitorio, eletto con Forza Italia, ad affrontare a muso duro le minacce di Claudio Scajola».

 

Prego?

«Votai un emendamento dell’opposizione in dissenso dal gruppo e Claudio, che col tempo avrei imparato ad apprezzare, si alzò dai banchi del governo e venne verso di me, urlando.

 

GUIDO CROSETTO E GIORGIA MELONI

“Ehi, ragazzino, non ti abbiamo portato qui perché tu votassi quello che ti pare. Schiaccia il bottone che ti dice di schiacciare il capogruppo e non rompere i coglioni!”».

 

Risposta?

«Quella di uno di due metri, io, rispetto a uno alto forse meno di un metro e settanta, Scajola. “Se è così, signor ministro, allora avete sbagliato a candidarmi”. Mi guadagnai il rispetto di tanti e anche la fama, tutt’altro che apprezzata in quel contesto, di uno che ragionava con la sua testa».

 

Si fece dei nemici?

«Sandro Bondi mi odiava e io lo ricambiavo, disprezzandolo. Con Denis Verdini, di cui però oggi sono amico, ho combattuto ferocemente per la sua gestione del partito e la composizione delle liste.

 

GUIDO CROSETTO E GIORGIA MELONI

E ho combattuto anche con Giulio Tremonti, che in quel periodo stava un gradino sotto Dio ma si sentiva al suo stesso livello, e che trattava i parlamentari come i nobili del Medioevo trattavano i popolani: facendo finta di accorgersi che esistevano ma rimanendone alla larga per non sporcarsi le mani».

 

Le amicizie: Edoardo Agnelli.

«Lo conobbi una sera a una festa a Torino. Diventammo amici e in certe giornate condivisi le idee, la cultura e anche le inquietudini di quel ragazzo così colto, educato, cortese e così introverso da essere l’opposto del padre, l’avvocato. Lo dico senza problemi: non sono in possesso di una verità alternativa ma non ho mai creduto al fatto che Edoardo si sia suicidato. E non sono il solo».

 

GUIDO CROSETTO E GIORGIA MELONI

Pietro Ferrero.

«Per dire di chi stiamo parlando. Un giorno c’è una tappa del Giro d’Italia che parte da Alba. Alla partenza c’è una sorta di zona vip dove accedono, insieme ai corridori, personalità di vario tipo tra cui il sottoscritto. Oltre la transenna, in mezzo a centinaia di persone comuni, scorgo Pietro, col collo all’insù, che cercava di vedere quello che succedeva da questa parte. “Pietro, che fai là?, vieni di qua”, gli dico.

 

Attenzione: stiamo parlando dell’uomo che faceva lo sponsor principale del Giro, eh? Eppure, se ne stava mischiato alla folla, quasi vergognandosi di superare la transenna, “no, no, non ti preoccupare Guido, sono solo uscito un secondo dall’ufficio e non ho il pass per entrare...”. Il pass per entrare, capito? Da quello che pagava tutta la baracca! La sua morte mi ha addolorato e mi addolora ancora. Abbracciando il padre Michele nel giorno in cui arrivò la notizia scoppiai in un pianto irrefrenabile».

 

SILVIO BERLUSCONI E GUIDO CROSETTO

Sergio Marchionne.

«Lo conobbi davanti a una bistecca quando venne a Torino. Condividevamo la passione segreta per il poker online, l’unica distrazione dal lavoro che Sergio si concedeva. Mai visto uno lavorare così tanto. La sua scomparsa è stata una grave perdita per il Paese».

 

Silvio Berlusconi.

«La seconda volta che lo vidi mi disse tre cose: “Sei troppo alto, tagliati i capelli più corti perché li stai perdendo, mettiti a dieta”. Per anni, poi, la prima cosa che mi ha detto quando entravo da lui è stata “Guido, siediti!”».

 

Lei lo faceva sentire più basso?

guido crosetto giorgia meloni atreju

«Una volta organizzai un evento con dodicimila persone al Palasport di Torino. Dovevamo salire sul palco insieme. Dietro le quinte, si guardo i piedi, guardò me e mi fece: “Guido, se non ti offendi entro io da solo”».

 

Era tra i grilli parlanti che ad Arcore tenevano a distanza da lui?

«Il cerchio magico berlusconiano che via via ha cambiato pelle e facce mi ha spesso tenuto lontano da Arcore e da Silvio. Ma una cosa la devo ricordare. Nell’ottobre del 2011, con lo spread alle stelle, Francesca Pascale chiese di incontrarmi in un ristorante del centro di Roma e mi raggiunse, nascosta da occhialoni neri, insieme a Maria Rosaria Rossi.

 

pascale berlusconi

Neanche il tempo di sederci e Francesca mi pregò di insistere su Silvio perché lasciasse Palazzo Chigi: “Guido, convinci Silvio a dimettersi, tu che gli vuoi bene. Altrimenti lo ammazzeranno”. Capii una cosa, quel giorno: che al contrario di quanto pensassero in tanti, Francesca gli voleva davvero bene».

 

La famosa foto che segna l’inizio di Fratelli d’italia: lei e Giorgia Meloni. È vero che non voleva essere presa in braccio?

«Non ne sapeva nulla. Non era in programma. La presi e scattarono la foto, che poi ebbe il successo che sapete».

 

E che avete litigato più volte fino a sfiorare la rottura?

«È vero che io e Giorgia litighiamo spesso, a volte ferocemente, difendendo ciascuno le proprie posizioni e solitamente rimanendo sulle stesse anche dopo la fine della lite. La rottura, invece, è una sciocchezza.

 

guido crosetto

Sono stato il primo a scommettere sul fatto che sarebbe diventata presidente del Consiglio ma non ora, tredici anni fa: una con quell’abnegazione per il lavoro, con quella meticolosità nello studio, con quella severità nei confronti di se stessa non poteva che arrivare a un livello di eccellenza in qualsiasi campo avesse deciso di impegnarsi. Mai avuto mezzo dubbio che prima o poi sarebbe arrivata a Palazzo Chigi».

 

Uno come lei, fieramente antifascista, si è mai sentito di troppo dentro Fratelli d’italia?

«Mai. Io quel partito l’ho fondato, non lo si dimentichi. A qualcuno magari potrò anche stare sulle scatole, qualcuno magari si augura che prima o poi me ne vada, ma non me l’hanno mai detto in faccia. Sono sempre uno alto due metri!».

UNA FOTO DI SILVIO BERLUSCONI E GUIDO CROSETTO INSIEME

 

Una bella distanza di centimetri, anche con la presidente del Consiglio.

«Lo sa come mi ha sempre presentato davanti ai capi di Stato? “Questo è il mio ministro della Difesa. Non so se di difesa ci capisce qualcosa ma è senz’altro un’arma di deterrenza”. E il bello è che questa frase è rimasta impresa a tutti, da Biden a Macron.

 

Infatti, tutte le volte che mi vedono mi sorridono e vengono a salutarmi. Senza questa presentazione, sarei stato un ministro della Difesa come un altro, dimenticabilissimo».

 

Lei fa il ministro della Difesa dopo essere stato alla guida della Confindustria delle armi. Non ha un po’ ragione chi l’ha accusata di conflitto d’interessi?

«Per nulla. Qualcuno pensa che un giocatore dell’inter che ha giocato nel Milan sia in conflitto d’interessi durante il derby e possa favorire la sua ex squadra? Semmai, il vantaggio per il governo è la mia riprovata competenza sulla materia. Oltre al conoscere i segreti della vecchia squadra».

 

il senatore giovanni agnelli con il figlio edoardo a villar perosa

Le fa paura il futuro?

«Mi fa paura il modo stupido in cui a volte lo affrontiamo. Mi fa paura quando, in un momento come questo, il tema della difesa comune europea viene liquidato strumentalmente utilizzando, come ha fatto Giuseppe Conte, una parola come “riarmo”, che è oggettivamente una parola brutta, respingente, che non vuol dire nulla.

 

E ho anche paura che questo sia il secolo delle grandi superpotenze: e che quindi o l’europa diventa una superpotenza o sono guai».

 

Le fanno ancora paura anche i magistrati?

«I dati sugli indennizzi per ingiusta detenzione dal 1992 a oggi dimostrano che in Italia, ogni giorno, dieci persone innocenti vengono arrestate e messe in prigione. Un amico che ha letto le righe sui giudici mi ha chiesto di toglierle dal libro, dicendomi “Guido, tu sai che sono cattivi e senza alcuno scrupolo”.

 

gaia saponaro guido crosetto foto di bacco

Le ho lasciate perché penso che chiunque detenga un potere debba essere libero di esercitarlo entro i limiti della Costituzione. Mi fa paura quando un potere diventa onnipotente: molti giudici interpretano il loro come se fosse senza limiti e alcuni di questi hanno invaso lo spazio altrui per produrre conseguenze politiche.

 

 

Nel libro lo scrivo: Berlusconi, Craxi e Renzi sono stati i politici più perseguitati dalla magistratura italiana, con due dei tre non sono mai stato d’accordo. Aggiungo una cosa: vorrei che qualcuno si prendesse la briga di confrontare i redditi dichiarati nei decenni da esponenti politici autorevoli e non, da burocrati e anche da magistrati, con il patrimonio, mobiliare e immobiliare, accumulato. Si cominci pure dal mio».

GIANNI AGNELLI E MARELLA CARACCIOLO AI FUNERALI DI EDOARDO AGNELLI

 

Sta dicendo che qualcuno si è arricchito mentre la magistratura si voltava dall’altra parte?

 

«Anche durante Tangentopoli qualcuno non è stato mai neanche sfiorato dalle inchieste».

 

Si riferisce ai post-comunisti?

«Non solo a loro».

 

Erano giudici i genitori della sua prima moglie, Kamila, pallavolista ceca.

«Incontrata in una palestra a Savigliano. Veniva dalla Cecoslovacchia, che all’epoca stava fuori dall’unione europea. Penso che ogni epoca abbia i suoi extracomunitari; infatti, quando ci mettemmo insieme, la cosa diede scandalo, soprattutto perché venivo da una famiglia molto in vista: “Che fai, sposi un’extracomunitaria?”.

 

guido crosetto cover

Il retropensiero più o meno di chiunque era che fosse troppo strano che una bella come lei sposasse un cesso come me. La sposai senza remore. E i fatti, nonostante la separazione e poi il divorzio, hanno dimostrato che facevo bene a non averne».

 

Tra le dediche del libro c’è sua moglie Gaia, «il mio amore, lo scoglio a cui aggrapparsi nelle tempeste».

«Mi ne innamorai appena la vidi. Mi sembrava impossibile che uno come me potesse piacerle».

 

Si sussurrò che lei, Crosetto, abbandonò il berlusconismo perché Gaia piaceva a Berlusconi. Falso?

«Quando la Meloni ed io andammo da Berlusconi a dirgli che ce ne andavamo dal Pdl, Giorgia la liquidò in mezzo secondo mentre a me chiese di restare».

 

Ma che si fosse invaghito di sua moglie?

«Che a Berlusconi piacesse Gaia me l’ha detto mille volte lui stesso. Per un periodo, io e lei ci separammo. Un giorno vado da Silvio e lui mi fa: “Guido, so che vi siete lasciati. Ma ti dispiacerebbe se...?”».

 

E lei?

«“Provaci!”, lo gelai. Replicò con uno dei suoi sorrisi: “Volevo solo vedere se eri ancora innamorato”».

 

francesca pascale marina berlusconisilvio berlusconi francesca pascale (7)

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