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Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”
michelle obama alla convention democratica 7
Un discorso magistrale. Capace di suscitare in una platea irrequieta e divisa un tumulto di emozioni ed entusiasmo. Appassionato e convincente nella difesa di una candidatura, quella di Hillary Clinton, che ancora fatica a unire il partito democratico. Efficace e duro, quando si è trattato di attaccare l' avversario, Donald Trump, senza neppure doverne pronunciare il nome.
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Nella notte che potrebbe aver cambiato per sempre il suo futuro, Michelle Obama ha «volato come una farfalla e punto come un' ape». In appena 15 minuti, ha regalato al popolo democratico una performance che già appartiene alla narrativa delle Convention. Ed ha anche scritto un nuovo capitolo nella saga dinastica delle due famiglie, quattro anni dopo il discorso di Charlotte, con cui Bill Clinton diede una spinta decisiva alla rielezione di Barack Obama.
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Michelle ha usato la sua storia personale, quella della prima First lady afroamericana alle prese con il compito di crescere due figlie alla Casa Bianca, per legare la storica presidenza di suo marito, con la prima candidatura di una donna alla guida dell' America. «Questa elezione deciderà chi avrà il potere nei prossimi anni di formare i nostri figli. E c' è solo una persona di cui mi fido per assumere questa responsabilità, qualificata per essere il prossimo presidente degli Stati Uniti: la nostra amica Hillary Clinton».
Era la terza volta che Michelle parlava a una Convention. Ma se a Denver nel 2008 e in North Carolina nel 2012 aveva solo svolto bene il compito tradizionale di una First lady, lunedì notte si è caricata sulle spalle una missione politica di primo piano. E la facilità, la sicurezza non priva di momenti di commozione, la determinazione con cui ha raccontato al cuore e alla mente dei delegati democratici la causa di Hillary Clinton, hanno subito aperto uno squarcio di ipotesi, speranze e speculazioni su un suo futuro ruolo politico.
Il discorso di Michelle Obama ha avuto passaggi retorici, reminiscenti dei migliori momenti oratori del marito. Uno su tutti, quello sugli 8 anni della First family, ha commosso il catino infuocato dell' arena di Filadelfia, dove anche Bill Clinton, Jesse Jackson e John Lewis, l'uomo di Selma, leggenda del movimento per i diritti civili, avevano le lacrime agli occhi: «Ogni mattina mi sveglio in una casa costruita da schiavi. E guardo le mie figlie, due belle, intelligenti e giovani donne nere, giocare con il loro cane sul prato della Casa Bianca. Per merito di Hillary Clinton, le mie figlie e tutti i nostri figli, danno ora per scontato che una donna può diventare presidente».
La parte critica è stata contundente, senza mai scendere nell' attacco personale: «Quando avete in mano i codici nucleari e guidate l'esercito, non potete prendere decisioni su due piedi. Non potete essere permalosi o avere la tendenza a reagire d'istinto. Occorre essere costanti, misurati e informati. Per le mie figlie e per tutti i figli di questo Paese voglio un presidente che prenda questo lavoro sul serio, capisca che i problemi non sono sempre in bianco o nero e non si possono ridurre a 140 caratteri». Mai ritratto di Trump è stato più efficace e puntuale.
Sono bastate poche ore per consacrare una stella. Con un copione che ricorda quello di Barack Obama, lanciato sulla scena politica nazionale dal discorso alla Convention di Boston nel 2004, l'intervento di Michelle ha posto il quesito: farà politica? Si candiderà? «Certo che potrebbe, ma non sono sicuro che lo voglia.
Dipenderà da lei», ci ha detto il senatore democratico del Vermont, Patrick Leahy, amico di famiglia degli Obama. Per Al Franken, anche lui al Senato nelle file democratiche, eletto in Minnesota, «è un' ipotesi del tutto realistica». «Credo però - aggiunge - che in una prima fase vorrà vivere una vita normale. La First lady è ancora giovane e ha tempo per decidere». Interrogata su una possibile ambizione a candidarsi alla Casa Bianca, Michelle Obama si è sempre schermita.
«No, non lo farò», ha detto in marzo in un programma televisivo. E in maggio, alla precisa domanda di un adolescente, ha risposto: «Hillary Clinton è una donna formidabile, ma io non farò come lei». Ma in politica è sempre no, prima di diventare sì. Nel 2020, fa notare il Washington Post , non si presenterà più Dick Durbin, senatore democratico dell' Illinois, lo Stato degli Obama. Le figlie già adulte, Michelle a quel punto avrà 56 anni e sarà pronta per una candidatura a senatore dal successo scontato. Nel 2024, o con Hillary alla fine del secondo mandato o con un presidente repubblicano, l' obiettivo della Casa Bianca potrebbe essere il passo successivo. Probabilmente non accadrà. Ma da lunedì notte Michelle Obama appartiene alla schiera delle grandi speranze democratiche.
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