DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Alessandro Di Matteo per la Stampa
Se non fosse per Matteo Renzi, probabilmente non si sarebbero mai ritrovati nella stessa sala Massimo D' Alema e Marica Di Pierri, l' attivista ambientalista con i capelli rasta che inveisce contro il «capitalismo rapace». Al teatro Brancaccio di Roma va in scena il tentativo di mettere insieme una lista di sinistra alle prossime elezioni, o meglio uno dei tentativi visto che anche Giuliano Pisapia lavora a un obiettivo teoricamente simile.
L' ex sindaco di Milano non c' è, e del resto da queste parti non è particolarmente amato: non gli viene perdonato il sì al referendum voluto, e perso, da Matteo Renzi, e non piace nemmeno quel canale che continua a mantenere aperto verso il Pd. I padroni di casa sono Tomaso Montanari e Anna Falcone, gli animatori dei comitati per il no al referendum che ora provano a ripartire da quel successo per costruire «una vera coalizione civica di sinistra». Lo fanno anche con la benedizione di D' Alema, che fa esercizio zen per non raccogliere la diffidenza nei suoi confronti che circola in platea.
La sala è piena, molti restano fuori. C' è Sinistra italiana, Rifondazione, Pippo Civati, l' Arci. Si affaccia Vittorio Agnoletto, Sergio Cofferati è assente per motivi di salute ma manda un messaggio. Tutta gente che non vuole avere nulla a che fare con Renzi e che guarda di traverso anche gli scissionisti Pd che provano a fare da ponte con Pisapia. E poi, appunto, ci sono i bersaniani Miguel Gotor e Roberto Speranza. «È gente che ha votato le riforme di Monti», mugugnano in tanti in sala.
Costruire la lista anti-Renzi è cosa complicata. Ne sa qualcosa Gotor, che appena sale sul palco viene interrotto da una militante: «D' Alema in prima fila è una presa in giro. Lui, Bersani, Vendola Il vecchio che ritorna», si sfoga la contestatrice con i giornalisti dopo essere stata allontanata. Non è una posizione isolata, Gotor ne ha la conferma quando invita tutti a partecipare anche alla manifestazione che Mdp e Pisapia terranno il primo luglio col titolo «Insieme»: di nuovo fischi, mormorii. Un clima che preoccupa Arturo Scotto, ex Sel, ora in Mdp: «Dobbiamo dire no ai veti. Con Renzi non c' è intesa possibile, ma non possiamo regalargli Pisapia».
Montanari e la Falcone cercano di ammorbidire la platea verso gli ex Pd, chiariscono anche che non ci sono veti nemmeno verso chi ha votato sì al referendum, ma mettono anche le cose in chiaro: «Se l' unica prospettiva della sinistra era allearsi al Pd di Matteo Renzi, noi non avremmo nemmeno votato».
Va bene tutto, ma Renzi no: bisogna porsi in chiara alternativa al Pd. Forse per questo D' Alema resta impassibile anche quando Montanari attacca i governi di centrosinistra, quelli degli Anni 90 nei quali lui e Bersani erano ai posti di comando: «L' inizio dello smontaggio della Costituzione, la riforma Treu, la Turco-Napolitano, la guerra in Kosovo (gestita proprio da D' Alema come premier, ndr), il conflitto di interessi nelle telecomunicazioni».
Verso Pisapia c' è gelo e nessuno sembra ascoltare Romano Prodi che si ripropone in versione «Vinavil» per rimettere insieme i pezzi del centrosinistra diviso da «micidiali rotture personali». Lo chiarisce la Falcone: «Non c' è nessun centrosinistra da unire, la terza via ha fallito. Non vogliamo unificare la sinistra, vogliamo costruire la sinistra che non c' è ancora».
Montanari cita esplicitamente l' ex sindaco di Milano: «Ci aspettiamo il primo luglio una risposta chiara». Bisogna scegliere, è il senso, il Pd o la sinistra. Una richiesta simile a quella di Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana.
«Io il progetto di Pisapia non l' ho ancora capito. Nessun veto ma a Renzi non si può rispondere tornando a parlare di Ulivo, si rischia di sembrare inutili». Qualcuno, come Vincenzo Vita, ex Pd ora con Civati, dice esplicitamente ciò che molti sperano: «Il dualismo con Pisapia si risolverà perché Giuliano capirà che non c' è spazio accanto al Pd».
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