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I DEM SI BUTTANO A SINISTRA E TRUMP GONGOLA - VIDEO: IL ''BEST OF'' DEI PRIMI DUE DIBATTITI TRA DEMOCRATICI, CON KAMALA HARRIS CHE MENA IL VECCHIO JOE SUL SUO LAVORO CON I PARLAMENTARI SEGREGAZIONISTI - 'POCAHONTAS' WARREN NE ESCE BENE, MA HA UNA PIATTAFORMA ANTI-CORPORATION CHE TERRORIZZA I MODERATI. LA PRIMA SERA GARA A CHI PARLA PIÙ SPAGNOLO, LA SECONDA SULLE QUESTIONI RAZZIALI. LA ''IDENTITY POLITICS'' RISCHIA DI STROZZARE LA SINISTRA

 

1. USA, BIDEN ESCE INDEBOLITO DAL DIBATTITO FRA I DEM E TRUMP GONGOLA

Federico Rampini per www.repubblica.it

 

Donald Trump ha interrotto il suo vertice bilaterale con Angela Merkel al G20, per commentare il dibattito televisivo tra i candidati democratici. La cancelliera è rimasta di ghiaccio, mentre Trump cercava di trascinarla nelle polemiche di politica interna. Maleducazione a parte, il presidente è gongolante. I suoi alleati europei o asiatici (che lui si ostina a maltrattare) lo sono un po' meno, presumibilmente. Gli uni e gli altri al momento vedono risalire le probabilità di rielezione di Donald Trump nel 2020.

 

joe biden bernie sanders

L'avversario che finora nei sondaggi supera sistematicamente Trump, l'ex vicepresidente Joe Biden, è uscito indebolito dal primo test. Almeno questa è la mia impressione da spettatore a distanza (incollato allo schermo a Osaka), condivisa da molti commentatori. Biden è apparso esattamente quello che è: un signore molto anziano, che a 76 anni appare il più vecchio di tutti i candidati pur avendo un anno meno del 77enne Bernie Sanders, e solo tre più del 73enne Trump.

 

Si capisce che il presidente in carica si sia sentito sollevato. Alla prima prestazione televisiva Biden è apparso spesso incerto, senza grinta, ogni tanto ha perso il filo. Per affrontare una belva feroce come Trump non sembra all'altezza. Inoltre, com'era prevedibile, Biden ha sofferto la dannazione classica del favorito. Gli altri democratici lo hanno attaccato più volte, soprattutto sul suo passato. Per chi ha una carriera politica così lunga alle spalle, è facile trovare qualche scheletro nell'armadio, e a Biden non mancano.

 

dibattito tra democratici

Votò a favore della guerra in Iraq come Hillary Clinton, per esempio. L'attacco più duro è venuto dalla star della seconda serata, la senatrice della California Kamala Harris. Forse in assoluto la vincitrice delle due serate tv. La Harris, com'era scontato, essendo per metà afro-americana (l'altra metà, di parte materna, è indiana) ha attaccato Biden sul tema del razzismo. Gli ha rinfacciato di aver negoziato - sia pure in un passato lontano - delle alleanze di voto con senatori segregazionisti.

 

Lo ha accusato anche di non avere sostenuto la politica del "busing", cioè quei trasferimenti in autobus scolastico dai quartieri neri verso i quartieri bianchi, con cui negli anni Sessanta cominciò la de-segregazione forzosa del sistema scolastico, per mescolare una popolazione di allievi che era separata su basi razziali. Ma la politica del "busing" è molto controversa anche nella base democratica. Kamala Harris può fare il pieno di voti afro-americani e al tempo stesso scontentare una parte della base bianca del partito; è la trappola etnica nella quale Barack Obama fu sempre attento a non cadere.

 

cory booker elizabeth warren beto o rourke

Se l'impressione dei primi dibattiti tv è che forse sta già declinando la stella di Biden, al di là della sua età o stanchezza questo si spiega anche con altri fattori. La fotografia del partito democratico, come si ricava da questi 20 candidati, si è spostata molto più a sinistra. Su molti temi - tassare i ricchi, passare a un sistema sanitario pubblico sul modello europeo, cancellare i debiti studenteschi e offrire l'università gratuita, varare una sanatoria per gli immigrati clandestini - prevalgono tra i candidati più popolari le posizioni radicali. Bernie Sanders appare meno originale: la sua campagna sembra un bis di quella del 2016, ha perso il vantaggio della novità, e molti (molte) gli fanno concorrenza per pescare voti nell'ala sinistra dell'elettorato.

 

Biden il moderato è per forza in difficoltà in questa dinamica. L'altro fattore che pesa è il forte rinnovamento: generazionale, etnico, di genere. Mai c'erano state così tante donne, giovani, e candidati di colore. Kamala Harris faceva la scuola media quando Biden era già senatore. Due candidati sono trentenni, sette sono quarantenni. Fa eccezione la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren, settantenne anche lei; ma con un sapore di novità essendo alla sua prima candidatura per la nomination.

 

candidati democratici alle primarie 2020

 La Warren figura nella pattuglia di donne che sono uscite bene dai primi duelli tv; insieme alla Harris e a Kirsten Gillibrand, senatrice di New York. Forse un po' troppo professorale, ma estremamente competente sui temi economici e sociali, la Warren insidia Sanders nella sua stessa base giovanile e radicale. Sempre all'insegna della diversità, hanno fatto una eccellente figura il gay dichiarato Pete Buttigieg (sposato con un uomo), e il senatore afroamericano del New Jersey, Cory Booker.

 

Trump gongola non solo per la prestazione sbiadita di Biden ma anche per la sterzata a sinistra del partito democratico. Dal G20 il presidente ha subito polemizzato, per esempio, sul fatto che molti candidati dem vogliono estendere l'assistenza sanitaria agli stranieri senza permesso di soggiorno, e depenalizzare l'immigrazione clandestina.

 

 

 

2. SECCHIONA, STATALISTA E PATRIOTA (DI SINISTRA) IL CICLONE WARREN

Giuseppe Sarcina per il “Corriere della sera

 

joe biden bernie sanders kamala harris

Il primo dibattito tra i candidati democratici promuove in modo netto Elizabeth Warren. La senatrice del Massachussetts è stata anche favorita dal sorteggio: ha evitato il capolista nei sondaggi, l' ex vice presidente Joe Biden e il rappresentante di punta dell' area radicale, Bernie Sanders. I due si sono confrontati stanotte nel secondo girone a Miami.

I rivali potenzialmente più pericolosi, cioè Beto O' Rourke e la senatrice moderata Amy Klobuchar non l' hanno attaccata direttamente. Un segnale di quanto Warren sia considerata, ormai da tutti, un avversario temibile.

 

L' economista di Harvard, 70 anni, si è candidata ufficialmente il 9 febbraio, con un comizio a Lawrence, storica città operaia del Massachussetts.

Per diverse settimane i suoi incontri con la base non hanno superato la dimensione di una riunione di condominio. I sondaggi registravano appena la sua flebile presenza. Verso la metà di marzo ha cominciato a partecipare alle «town hall», i confronti con gli elettori organizzati dalle principali tv. E le sue quotazioni sono cresciute. Ha scavalcato prima O' Rourke, poi Kamala Harris, e infine l' emergente Pete Buttigieg.

joe e jill biden a philadelphia

 

Ora diversi opinionisti americani pensano possa crescere ancora. Uno di loro è Nicholas Kristof che ha scritto un editoriale sul New York Times titolato:«Perché mi ero sbagliato su Elizabeth Warren». Tra le diverse ragioni del ripensamento di Kristof, due volte Premio Pulitzer, questa è forse la più interessante: «Si è rivelata un "geyser" di proposte intelligenti. Quella che mi piace di più è l' introduzione di un programma sanitario per i bambini. Ma spazia dalla riforma elettorale, al piano casa, dall' antitrust alla governance d' impresa. E inoltre sostiene la necessità di una tassa sui patrimoni per finanziare i piani sociali».

 

Sul palco di Miami Warren ha potuto scorrere solo per titoli la sua offerta politica, incardinata sull' economia: «La crescita del Paese sta premiando solo l' 1% più ricco della popolazione, le grandi industrie del farmaco, del petrolio, i big della tecnologia».

Soluzione: aumentare i salari per i lavoratori e le imposte per i milionari; abolire la sanità privata; decuplicare gli investimenti pubblici in ricerca; incentivare le imprese a entrare nel mercato mondiale dell' energia rinnovabile. «Vale 23 mila miliardi di dollari: questo è il futuro».

 

nancy pelosi speaker della camera

Il Peterson Institute for International Economics , uno dei centri studi più importanti di Washington, ha analizzato nel dettaglio quello che Warren ha chiamato il «Piano per il patriottismo economico».

 

Un postulato: le multinazionali sono la rovina dei lavoratori americani. Delocalizzano gli stabilimenti, schiacciano i salari. Una formula: il governo deve riprendere e centralizzare il controllo della politica industriale, orientare gli investimenti, impedire la fuga delle imprese, incentivare il consumo di prodotti americani. E se necessario, si dovrà manovrare sul cambio per favorire le esportazioni del «Made in Usa». I due economisti del Peterson, Monica de Bolle e Jeronim Zettelmeyer, osservano che «il patriottismo economico» di Warren somiglia all'«America First», al protezionismo di Donald Trump.

Cambia, però, la prospettiva.

elizabeth warren in senato

 

Per Warren il mondo è «labour centrico». Per Trump...non si è ancora capito bene.

Questa impostazione si ripete anche nella politica estera. In un articolo scritto per Foreign Affairs (numero gennaio-febbraio 2019) Elizabeth legge tutte le relazioni internazionali degli Stati Uniti in chiave sostanzialmente economica. Le scelte di ieri e di oggi, le guerre in Afghanistan e in Iraq, la crisi con l' Iran, lo scontro commerciale con la Cina, sono state e sono condotte nell' interesse delle grandi corporation americane.

elizabeth warren alla convention democratica

Un' analisi un po' vaga: questo è il lato più debole della candidatura Warren.

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