DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Claudio Cerasa per “il Foglio” - Estratti
Vince la destra, perde la sinistra, fatica il centro, sorride Meloni, se la ride Tajani, non piange Schlein, non soffre il governo, non muore il campo largo e tutto sommato, per il voto che due giorni fa ha premiato il governatore uscente Marco Marsilio, in tanti possono festeggiare.
Tutti tranne due: Giuseppe Conte e Matteo Salvini. Le elezioni regionali, lo sapete, valgono quello che valgono. Ma se c’è un dato interessante che merita di essere isolato dal voto abruzzese, quel dato riguarda un elemento ormai ricorrente nella politica italiana: più giochi con l'estremismo e più gli elettori tenderanno a tenere il proprio voto lontano da te.
(...)
La divisa gialloverde, che imbrigliò l’Italia tra il 2018 e il 2019, oggi semplicemente non si porta più. E ogni volta che gli elettori ne hanno la possibilità sono lì a ricordare ai leader politici che più i partiti si spostano verso gli estremi e meno quei partiti risultano essere accattivanti. Il dato è insieme interessante e incoraggiante. Lo è per il centrodestra perché dimostra a Giorgia Meloni che alternative alla sua svolta mainstream non ce ne sono (e difficilmente ce ne saranno dopo le europee) e perché dimostra che l’unico spazio politico che potrebbe esistere nel mondo dei conservatori non è quello che cerca di occupare Matteo Salvini schierando la Lega verso la destra estrema (modello Vannacci) ma è quello che cerca di occupare sul fronte opposto, più ragionevole, meno isterico, più moderato si sarebbe detto un tempo, la sorprendente Forza Italia di Antonio Tajani, che ha doppiato la Lega in Abruzzo dopo essere andata vicino a farlo anche in Sardegna.
Da questo punto di vista, un segnale a suo modo allegro arriva dall’Abruzzo anche per il centrosinistra, dove le proporzioni tra i partiti sono incoraggianti in vista del futuro. L’alternativa al centrodestra, lo sappiamo, si presenta ancora oggi come un’accozzaglia litigiosa, frammentata e rissosa ma la foto che emerge dei partiti di centrosinistra è una foto che può offrire alla coalizione che oggi non c’è di esserci un domani.
Un centrosinistra desideroso di aggregare tutto ciò che orbita nel campo alternativo a quello del centrodestra (a sinistra e al centro) deve necessariamente avere un Pd più forte del M5s. In Sardegna il Pd ha doppiato il M5s (13,8 contro 7,8). In Abruzzo lo ha triplicato (20,2 contro 7,1). Lezioni semplici dunque.
Al governo, inseguire Salvini, e la sua destra a metà tra il generale Vannacci e l’ex presidente Trump, non solo è una sciocchezza ma non porta voti. All’opposizione, allo stesso tempo, inseguire Conte non solo snatura il Pd, non solo trasforma i democratici in una costola del grillismo, ma non porta consensi, e compito del Pd sarà quello di costruire con il M5s non solo un campo largo all’interno del quale muoversi in occasione di un voto importante ma anche una strategia per mostrarsi alternativo e competitivo non solo a Meloni ma anche a Conte.
L’estremismo non paga, l’essere mainstream non dispiace, lo spazio al centro è più vivace del previsto e il dato curioso e finale che emerge dalle elezioni abruzzesi è che ad alzare bandiera bianca, alle urne, sono stati gli stessi partiti che a livello nazionale hanno provato a guadagnare consensi anche provando a portare avanti la stessa strategia della bandiera bianca suggerita da Papa Francesco sull’Ucraina. La bandiera bianca dell’Ucraina è un incubo, quella del populismo no. Viva l’Abruzzo.
salvini putin conteCONTE SALVINIIL CREMLINO E LE ELEZIONI ITALIANE
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