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Tommaso Ciriaco e Emanuele Lauria per "la Repubblica"
Le chiavi del Movimento cinque stelle sono in mano a pochi eletti. Un Grande fratello versione 2.0, è il quadro dipinto dagli epurati, che tutto decide. Solleva polveroni, trasfigura la realtà , soffoca il dissenso. Governa il timone del web, è al vertice di una filiera di relazioni e potere che - procedendo a ritroso - arriva fino a Milano.
Lì, nel quartier generale della Casaleggio associati è l'accusa - è stata costruita e pianificata mediaticamente l'espulsione dei senatori dissidenti. «La verità - racconta Lorenzo Battista - è che se Casaleggio vuole metterti alla porta, inizia l'opera di delegittimazione attraverso il territorio. Grillo detiene il logo, ma è l'altro a mantenere i rapporti con alcuni degli attivisti locali». Una piramide, insomma, al cui vertice siede il guru.
Giuridicamente, comunque, l'ultima parola spetta a Beppe Grillo. à lui l'unico depositario del simbolo pentastellato, come dimostra l'ultima diffida consegnata poche ore fa dai suoi legali al meet up di Bagheria, il cui rappresentante è uno stretto collaboratore di Francesco Campanella in Senato.
à una storia lunga mesi, quella culminata con la brusca cacciata di Campanella e Luis Orellana, Fabrizio Bocchino e Lorenzo Battista. Il terreno su cui si gioca la partita è soprattutto Palermo. Lì si verificano alcuni fatti strani. Il cuore della disputa è il meet up "Il Grillo di Palermo".
A gennaio una minoranza di ortodossi, una decina di attivisti in tutto, firmano un comunicato con il quale - a nome del meet up - si invita la base a non collaborare «materialmente e intellettualmente» con Campanella e Bocchino. Nessuna assemblea, però, discute o vota quella sfiducia. La reazione non si fa attendere: un contro comunicato firmato da oltre quaranta attivisti denuncia la forzatura e difende i dissidenti. Il testo appare sul portale dei grillini palermitani, poi improvvisamente scompare. Perché? Le chiavi del sito sono in mano a militanti molto legati ai deputati Nuti, Di Benedetto, Lupo e Mannino.
La scena si ripete pochi giorni dopo, a febbraio. Stavolta la "scomunica" del "Grillo di Palermo" e di altri meet up siciliani - è rilanciata addirittura dal blog di Grillo. Gestito, com'è noto, dalla Casaleggio associati. Tra i capi d'imputazione che il leader sottopone al referendum d'espulsione spicca proprio un argomento: le scomuniche dai territori. Ma in realtà , a Palermo, nessuna assemblea ha mai sfiduciato Bocchino e Campanella.
Un altro episodio opaco coinvolge l'epurato Orellana. Lo scorso sette febbraio l'attivista Maurizio Benzi - dipendente della Casaleggio associati - organizza un confronto con il senatore. Partecipano i meet up di Voghera e Pavia. Orellana giura che cambierà atteggiamento, nessun documento finisce ai voti.
Eppure, alla vigilia del processo pubblico ai senatori, quegli stessi meet up si dissociano da Orellana. «Nessuno però - sostiene il parlamentare - ha votato quel documento. Anzi, è sottoscritto da due inesistenti meet up di Casei Gerola e Cigognola ».
Il meccanismo, in fondo, si assomiglia. «Con me ci hanno provato a luglio con un consigliere ricorda Battista - hanno tentato senza successo di screditarmi». E ogni volta - in un modo o nell'altro - torna a far parlare di sé la Casaleggio. «Il simbolo è di Grillo - ricorda Campanella - ma la gestione delle problematiche concrete è affidato alla Casaleggio». «Il blog - sottolinea Orellana - è gestito dalla srl del cofondatore. Con uno staff di persone che io non conosco ».
Sempre alla comunicazione si torna. Diretta emanazione della Casaleggio, con questa arma Grillo ha costruito un formidabile consenso. Con la stessa arma ha gestito e orientato le espulsioni. In casa M5S decide il web, che non sempre rappresenta la maggioranza.
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