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Danilo Taino per il "Corriere della Sera"
La vicenda rischia di trascinarsi fino al voto previsto per maggio senza approdare a nulla di certo La vicenda dei due marò italiani diventa sempre più politica, via via che si avvicinano le elezioni nazionali in India. Il guaio è che la consultazione finirà solo in maggio: non si può escludere che fino ad allora il caso, che nel Paese ha un'alta sensibilità , si trascini senza arrivare a niente di definitivo.
E nel frattempo nemmeno si possono escludere giochi di potere. Ieri, a New Delhi, si sono incontrati tre ministri per discuterne: quello degli Esteri Salman Khurdish, che da sempre garantisce che i due soldati italiani accusati di avere ucciso due pescatori dello Stato del Kerala il 15 febbraio 2012 non rischiano la pena di morte nemmeno se dovessero essere condannati; il ministro della Giustizia Kapil Sibal; e il ministro dell'Interno Sushil Kumar Shinde che ha in consegna i capi d'imputazione contro Salvatore Girone e Massimiliano Latorre formulati dalla Nia, l'agenzia investigativa indiana che avrebbe espresso l'intenzione di volere che il processo fosse istruito sulla base di una legge, il Sua Act, che prevede la pena di morte.
Nessuno ha intenzione di condannare alla pena capitale i due marò. Ancora ieri, il ministro Khurdish ha ricordato le assicurazioni in questo senso date all'Italia. E Steffan De Mistura, inviato speciale del governo, ha ribadito che «la questione della pena di morte non si pone neppure». Ciò nonostante, nessuno, in India, pare volersi prendere la responsabilità di chiarire definitivamente questo punto, oltre che di accelerare le fasi processuali.
L'ostacolo - sottolineato nei giorni scorsi anche dal presidente Giorgio Napolitano - è ora in buona misura politico. Il governo non vuole sembrare favorire gli italiani: si esporrebbe agli attacchi dell'opposizione nazionalista guidata da Narendra Modi, già in vantaggio nei sondaggi pre-elettorali. Inoltre, nessuno nel partito del Congresso, al governo, vuole sembrare filo-italiano: ciò attirerebbe valanghe di accuse sulla sua presidente, Sonia Gandhi, che è italiana.
Non è tutto qua, però. Lo stallo, a quasi due anni dall'uccisione dei due pescatori indiani, dipende anche dagli equivoci che si sono accumulati dalle due parti. Sulla questione della pena di morte, il governo indiano ha dato garanzie a Roma che non poteva dare, dal momento che la magistratura è indipendente anche in India.
Dall'altra parte, il governo italiano, in particolare quello precedente, le ha accettate nonostante sapesse che la fonte dalla quale arrivavano non le potesse dare: comprensibilmente per non creare allarmismi ma di fatto favorendo la confusione che pervade il caso sin dall'inizio.
Ora la vicenda sembra bloccata fino a fine mese, dopo che l'altro ieri un'udienza è stata rinviata al 30 gennaio su richiesta degli italiani, i quali prima di procedere vogliono sapere da quali imputazioni Girone e Latorre dovranno difendersi, essere certi che non siano quelle che prevedono la pena capitale. Entro allora, però, la Nia e il ministero degli Interni dal quale dipende potrebbero chiarire le accuse e la legge sulla base delle quali vanno giudicate.
I due marò, intanto, restano bloccati a Delhi, nell'ambasciata italiana, liberi di muoversi per la città . La situazione, però, tende a farsi tesa: proprio il clima acceso della lunga campagna elettorale impedisce di escludere sorprese.
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