FALCHETTO, METTITI IN CODA - I “GIOVANI PDL”, GUIDATI DALLA ALFANISSIMA ANNAGRAZIA CALABRIA, NON VOGLIONO ESSERE SCAVALCATI DAI PISCHELLI DISCOTECARI RADUNATI DALLA SANTADECHE’

Tommaso Labate per "Il Corriere della Sera"

«E comunque, presidente Berlusconi, è inutile che il Pd faccia le primarie l'8 dicembre. Un candidato alla segreteria ce l'hanno già. Si chiama Angelino Alfano». Quando martedì sera prende la parola di fronte all'esercito di ragazzi radunati da Daniela Santanché, Andrea Zappacosta - che all'appuntamento col Cavaliere ci è arrivato grazie a un contatto via Facebook col figlio della «pitonessa» - ha già collezionato interviste in radio e tv.

Sa che la sua presenza sulla scena ha già scatenato le ire del movimento giovanile. Sa anche, forse, che tra gli juniores forzisti è noto come «Zappanché» o «Pitonesso». Ma non immagina che il Cavaliere, di fronte al fendente diretto al vicepremier, reagirà come una statua di sale. Con Annagrazia Calabria, leader dei giovani forzisti, che giocherà la carta di invitare l'improvvisato auditorio post-adolescenziale a un appassionato bagno di realtà. «Se volete entrare nel movimento giovanile siete i benvenuti. Ma sappiate che la politica è soprattutto sacrificio e militanza».

La «guerra dei giovani» che sta tormentando Berlusconi e seminando il panico tra gli stessi lealisti raggiunge il punto massimo con loro. Con i «falchetti». E tutto a causa del «dopocena» che la pattuglia condivide col Cavaliere martedì notte. Si presentano ben vestiti, alcuni accompagnati dai genitori, altri da un mazzo di fiori per la Santanché, molti di loro frequentano le università private della Capitale, tutti si sottopongono al rito simil-discotecaro della selezione all'ingresso.

«Sei in lista? Il nome? Prego». Una liturgia che verrà vissuta come un dramma dall'intero movimento giovanile ufficiale. Il coordinatore dei giovani del Pdl della Lombardia, Marco Bestetti, scrive una nota per difendere i suoi militanti, che «hanno provato profondo imbarazzo vedendo ragazzini senza alcuna esperienza mandati in tv per rappresentare a mala pena se stessi». Il suo pari grado romano, Michelangelo Chinni, ricorderà che Zappacosta è uno che «nemmeno avevamo messo in lista per le elezioni universitarie alla Lumsa».

Ma è soltanto la punta di un iceberg. Dietro la rivolta dei «giovani» c'è una guerra dei «vecchi» che Berlusconi non si aspettava. Non si aspettava che la sua richiesta di trovare «facce nuove» generasse una ressa a chi ne portava di più. Come dimostrano i bastoni che un pezzo del gruppo dirigente, a cominciare dal tandem Santanché-Verdini, avrebbe messo tra le ruote di Marcello Dell'Utri non appena si è saputo che anche il fondatore di Publitalia era impegnato nella ricerca di «nuove leve». «Io sto cercando decisamente un altro tipo di persone diverso rispetto a questi che vengono chiamati «falchetti». Amministratori, imprenditori...», scandisce l'ex senatore.

E quando gli si chiede un giudizio sui Santanché boys, lo stesso Dell'Utri risponde con un sorriso beffardo: «Diciamo che già questa parola, «falchetti», non mi piace...». Per non parlare della reazione di Simone Furlan, animatore dell'«Esercito di Silvio», un altro a cui il Cavaliere aveva chiesto una mano per le selezioni: «Credo che sia arrivato il momento di fare spazio soprattutto a chi si sta facendo un mazzo così...».

Adesso Berlusconi proverà a fermare la girandola che si è innescata tra i suoi. Tra i punti fermi c'è la partecipazione alla convention «Noi, la Forza dell'Italia», che Annagrazia Calabria ha organizzato per il 23 novembre a Roma e che ha già raccolto 2500 adesioni. E anche gli appuntamenti di Villa Gernetto con le persone reclutate da Dell'Utri, che cominceranno lunedì.

L'importante è arrestare la maledizione che si abbatte su Forza Italia ogniqualvolta l'ex premier decide di reclutare facce nuove. Raccontano che il Cavaliere viva ancora come un incubo il ricordo di quando, nel 2005, aveva affidato all'ex coordinatore della Croce Rossa Maurizio Scelli il compito di «metter su un movimento di giovani cattolici» da affiancare ai suoi. Alla convention inaugurale, al Mandela Forum di Firenze, c'era talmente poca gente che l'allora premier fu costretto a rifugiarsi in Prefettura nella (vana) attesa che il Palasport si riempisse.

Per non parlare, ma questa è un'altra storia, del dimenticatoio in cui è finito Andrea Di Teodoro, che del movimento dei «Giovani Azzurri» era stato il fondatore. Scaricato dopo appena una legislatura da deputato. A quell'epoca non c'era Facebook. Il pioniere dei giovani berlusconiani, è la leggenda che ancora circola nel partito, era arrivato a «Silvio» con vie più tradizionali. Non foss'altro perché era vicino di casa di mamma Rosa, amata e compianta genitrice del Capo. E anche per questo, forse, aveva fatto meno rumore dei «falchetti».

 

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