DAGOREPORT - NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA…
1- "FATEVI DA PARTE O SAREMO TRAVOLTI" NEL PD LA BATTAGLIA TRA GENERAZIONI
Giovanna Casadio per "la Repubblica"
Dispiace (a chi non dispiace "uccidere" i padri?), ma i trenta-quarantenni del Pd classificati sotto la sigla "rottamatori" oppure "giovani turchi" o "rinnovatori" hanno ingaggiato la battaglia contro i "vecchi" dirigenti. Non vogliono che "la foto di famiglia" dei governi Prodi, D´Alema, Amato sia riproposta. Renzi il "rottamatore" ne ha fatto la bandiera con cui scende in camper (il 13 settembre) nella sfida delle primarie: «Facce nuove, rottamiamo Bindi, D´Alema, Veltroni, Finocchiaro...».
Gli altri si incontrano (l´8 settembre a Reggio Emilia), attaccano («Quella immagine di famiglia è indigeribile») e con questo slogan alle feste democratiche incassano applausi. Solo un paio d´anni fa, nessuno avrebbe immaginato «i toni giacobini» dello scontro vecchi-giovani: ammette Andrea Orlando, responsabile Giustizia, bersaniano, anni 43.
Rosy Bindi - la cattolicodemocratica presidente del partito, vice presidente della Camera, due volte ministro, una carriera politica di battaglie in prima linea dal 1989 - posta sul suo blog l´indignazione e invita Bersani a chiarire sul «rinnovamento della classe dirigente che riguarda tutto il paese, non solo la politica, e che non può essere usato strumentalmente per coprire l´assenza di idee».
Non si può andare avanti così: si sfoga. «Chiedere che nessun ministro dei governi Prodi, D´Alema, Amato faccia parte del prossimo governo di centrosinistra - denuncia - equivale ad accreditare l´immagine di un Pd complice dei fallimenti dell´era berlusconiana. Tra il battutismo renziano e le intemerate dei "giovani turchi" le primarie rischiano di diventare una farsa».
«Nessuna volontà di essere irrispettosi, però la presidente non ne faccia una questione di bon ton, non lo è. Sono i cittadini ad avere voglia di altre facce» replica Matteo Orfini, uno dei membri della segreteria, anni 35, responsabile Cultura. D´altronde occorre dare il senso della discontinuità rispetto ai governi di centrosinistra precedenti - ragiona - è «un punto politico, non anagrafico».
Rincara Debora Serracchiani, europarlamentare, candidata alla guida della Regione Friuli: «D´Alema se non sbaglio ha perso. All´estero di solito chi perde si ritira, o fa un passo indietro, e non dia giudizi sprezzanti su Renzi». D´Alema, il lìder maximo, ex premier, ex ministro, che fu nel 2006 in corsa per il Quirinale, ora presidente del Copasir, giudica il trentasettenne Renzi non in grado di fare il premier, e ironizza: «Il problema di Renzi è Renzi! Litiga con tutti, con Bersani, Vendola, Bindi, Casini, noi abbiamo bisogno di uno che unisce».
Una cannonata contro la discesa in camper per le primarie di Renzi la spara Beppe Fioroni, altro big "rottamabile": «Se fa sul serio, Matteo si deve dimettere da sindaco di Firenze entro il 28 ottobre per partecipare alle elezioni di deputato o senatore. Non sarebbe certo possibile, se vincesse le primarie, che il capo dello Stato affidi l´incarico di governo a un non-eletto». Renzi è in volo per gli Usa, per lui rispondono i collaboratori: «Non ha intenzione di dimettersi, se perde resta sindaco non si candida in Parlamento». E Bersani? Il segretario del Pd ribadirà domenica a Reggio Emilia che punta a una squadra mista di «esperienze e giovani».
Quando Bersani, D´Alema, Veltroni avevano quarant´anni - ricorda Stefano Di Traglia, portavoce del segretario, e "t/q", trenta/quarantenni - erano in governi con Ciampi, Napolitano, Andreatta, ci vogliono personalità che si affiancano a chi è più giovane». Orlando afferma: «Tutto il gruppo dirigente rischia di essere travolto e il Pd di perdere, se non ci si rende conto che questa è la richiesta dei cittadini, di cambiamento. Se riproponiamo un Prodi-ter, finiremmo per perdere, che non significa "tutti a casa" i vecchi dirigenti, come sostiene Renzi». Così la pensano anche Fassina, Nico Stumpo, Alessandra Moretti, il sindaco di Perugia, Boccali. E i "rinnovatori" di Gozi e Civati.
2- IL "GRANDE PATTO" DEI MAGGIORENTI L´ORGANIGRAMMA CHE BLINDA I BIG
Goffredo De Marchis per "la Repubblica"
Il patto di potere tra i big a cui si riferisce Matteo Renzi è anche l´organigramma dell´ultimo giro. à la spartizione di poltrone dei "vecchi", come si evince chiaramente dalle parole del trenta-quarantenne Matteo Orfini, unito al sindaco di Firenze solo dalla voglia non di mandare tutti a casa ma di non vederli più in prima fila. «Nessuno ex ministro dovrà tornare al governo nel 2013», avverte Orfini facendo capire che molti invece scaldano i muscoli.
Ma anche Antonello Soro, prudente e navigato ex capogruppo del Pd alla Camera ora transitato all´authority per la privacy, descriveva, alla vigilia dell´estate, una futuribile divisione dei compiti: «Franceschini spera nella presidenza della Camera, ma per quel posto è in corsa Veltroni. A Dario daranno la segreteria del Pd».
Qualcosa più di una voce, dunque. Qualcosa, anzi molto meno di un patto blindato che sarebbe comunque sottoposto a un numero infinito di variabili, la prima della quale non è irrilevante: vincere le elezioni e gestire il ricambio di governo. In questo caso, quello che il Foglio ha chiamato "papello" ma che in realtà è vero un toto-poltrone, disegna così l´Italia del 2013.
Pier Luigi Bersani premier, Rosy Bindi vicepremier, Veltroni presidente della Camera, D´Alema ministro degli Esteri o commissario europeo, Franceschini segretario del Pd, Fioroni ministro. Secondo Renzi questo tipo di intesa spiega l´insolita assenza di litigiosità tra le correnti democratiche. E sta alla base, per esempio, dell´equidistanza di Veltroni sulle primarie mentre gran parte dei veltroniani riconoscono nel sindaco di Firenze il vero erede del programma illustrato al Lingotto nel 2007. Ma la pianificazione a tavolino è reale? Pur coinvolto direttamente, sono mesi che Beppe Fioroni mette in guardia i suoi colleghi dalla sindrome dell´ultimo giro.
«E se alla fine ci spazzassero via tutti?», dice.
In nome di quell´organigramma, si alzerebbero anche le dichiarazioni di chi vorrebbe evitare le primarie. La Bindi (pronta a correre nella complicata gara per il Quirinale) dice che non sa se si faranno, lo stesso Fioroni chiede a Renzi di dimettersi da sindaco se davvero ha intenzione di correre, Veltroni - che in subordine potrebbe approdare ad un "megaministero" per i Beni culturali e le Comunicazioni - vuole capire «primarie per cosa». Il duello interno come grimaldello per rinnovare il partito e soprattutto far saltare "l´organigramma", insomma.
à così? Orfini le interpreta anche in questa chiave: «à chiarissimo perché qualcuno non le vuole. Scompaginano antiche consuetudini, rimettono in discussione big senza voti. Ma sono utili proprio per questo. Le primarie tra Renzi e Bersani si devono fare. Pier Luigi le vincerà ». Con quali garanzie per i dirigenti più esperti?
Domande, dubbi, timori. Persino qualche ironia sulla recensione fatta da D´Alema sull´Unità al nuovo libro di Veltroni: sarebbe un´altra prova dell´entente cordiale. Sulle indiscrezioni, sullo scontro generazionale, sulle insinuazioni di cui "l´organigramma" fa parte a pieno titolo perché tira in ballo nomi molto conosciuti, Bersani rischia di vedere spaccarsi il partito. Orfini sa essere diretto come un cazzotto: «Il segretario uscirà da candidato premier nella sfida con Renzi. Ma io sarei ancora più sicuro della vittoria se fosse uno scontro diretto tra i due. Temo che il sostegno dei notabili a Pier Luigi si trasformi in una zavorra».
à Bersani a dover sbrogliare la matassa di questo incredibile caso. Il leader ha già annunciato un ricambio robusto delle liste per il Parlamento e ha spiegato la sua alchimia per un eventuale governo di centrosinistra. «Qualche presidio di esperienza e tanti volti nuovi come ministri», ha spiegato. Un identikit e non un organigramma. Da sempre Bersani è uno dei dirigenti democratici più attenti ai giovani. Ha creato una segreteria di quarantenni, "scopre" ragazzi sui territori e li appunta su un quaderno, non gli dispiace l´idea di avviare una ristrutturazione del centrosinistra per lasciare spazio al nuovo. Ma, come dice D´Alema, Bersani deve anche tenere unito il partito.
E da qualche giorno, vedendo allargarsi la polemica generazionale, insiste sul tasto in ogni occasione, in ogni festa democratica. «Non dimentichiamoci di chi ci ha portato fin qui». Che sono gli stessi che lo hanno portato alla segreteria nel congresso del 2009. Bindi gli ha chiesto di fermare la deriva del duello a distanza sull´età , gli anni in Parlamento, il limite dei mandati, gli "editti" di Renzi o di Orfini, l´epurazioni a mezzo stampa. Bersani farà chiarezza. Ma senza prendere la bandiera di una o dell´altra squadra. Sapendo che il rinnovamento potrebbe essere dettato dall´esterno. Dalle liste di Grillo, dai giovani che sceglierà Nichi Vendola per il suo partito, dalle mosse di Berlusconi.
Matteo Renzi e la moglie Agnese rosy bindi x MASSIMO DALEMA E WALTER VELTRONI jpegMASSIMO DALEMA E WALTER VELTRONI jpegFINOCCHIARO DORMIENTE Serracchiani DeboraPIERLUIGI BERSANIGIUSEPPE FIORONI Matteo Orfini e Massimo D'Alema
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