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Federico Rampini per la Repubblica
Sulla Russia o sulla Cia, gli uomini di Donald Trump prendono le distanze da lui. In buona fede, o per ragioni tattiche: i futuri ministri e altri superdirigenti stanno affrontando le audizioni al Senato, passaggio obbligatorio per la conferma delle nomine negli incarichi di governo. Al terzo giorno di audizioni, al Senato i più osservati erano il generale James Mattis, candidato alla Difesa, che ha voluto prendere le distanze da Vladimir Putin; e il deputato Mike Pompeo, candidato a dirigere la Cia, che ha avuto parole di sostegno verso quell’intelligence contro cui Trump polemizza duramente.
Intanto la stagione dei veleni elettorali continua a regalare strascichi: in uno degli ultimissimi atti dell’Amministrazione uscente (a sette giorni dall’-I-nauguration day), il Dipartimento di Giustizia ha aperto un’indagine sul discusso comportamento dell’Fbi che 11 giorni prima dell’8 novembre diffuse in modo controverso la notizia — poi ridimensionata — di un’indagine su Hillary Clinton.
Il generale Mattis, detto “cane rabbioso”, al Senato ha preso le distanze più volte dalla Russia, differenziandosi da Trump. Secondo Mattis, «Putin sta cercando di spezzare la Nato»; ed è interesse degli Stati Uniti difendere il Patto atlantico: «Le nazioni che hanno alleati prosperano, le altre no». Trump invece aveva preso più volte le distanze dalla Nato, mettendo in dubbio la disponbilità dell’America a intervenire in difesa di un alleato in caso di aggressione russa. Il segretario (designato) alla Difesa ha anche espresso scetticismo sul ruolo della Russia in Siria, più volte elogiato da Trump: «Ne ho discusso con lui — ha detto Mattis — e sa quel che penso».
Su un altro dossier invece ha mostrato convergenza di vedute col suo capo, quando ha definito l’Iran «la più grande forza destabilizzante in Medio Oriente». Trump da parte sua ha più volte attaccato l’accordo sul nucleare iraniano siglato da Obama. Il generale Mattis, oltre all’esame nel merito delle sue posizioni, dovrà ottenere dal Senato una dispensa speciale: lui è andato in pensione solo nel 2013, mentre la legge prevede che un ex-militare non possa assumere incarichi di governo prima di sette anni dal pensionamento. Ce la farà (ci sono precedenti).
Il deputato repubblicano Mike Pompeo, l’italo-americano che Trump vuole alla testa della Cia, si è adoperato per ricucire i numerosi strappi violenti fra Trump e le varie agenzie di intelligence. Da ultimo, nella conferenza stampa di mercoledì, il presidente-eletto aveva rinfacciato alla Cia «metodi da Germania nazista » per aver consentito la diffusione di un dossier a luci rosse (di dubbia credibilità) su di lui. Pompeo ha sì stigmatizzato le «gravi fughe di notizie», però ha garantito che lui darà il massimo sostegno al lavoro della Cia.
Pompeo ha detto di accettare le conclusioni dell’intelligence sull’ingerenza russa nella campagna elettorale americana e ha accusato Putin di «azioni aggressive » nel corso di quella campagna. Anche sull’Ucraina, ha parlato di «aggressività» russa, mentre Trump è sempre stato evasivo o comprensivo.
Rincarando la dose rispetto a Mattis, il futuro capo della Cia ha detto che la Russia «non sta facendo quasi niente per distruggere lo Stato Islamico» in Siria. Ha garantito che se confermato alla guida della Cia darà mandato ai suoi uomini perché «dicano sempre la verità a chi sta al potere». E questo non si sa bene come interpretarlo, visto che Trump in passato ha ricordato le menzogne dell’intelligence sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein.
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