DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Carnelos per Dagospia
Caro Dago, è mai possibile che per trovare una personalità lucida e di buon senso nell’establishment della politica estera americana occorra rivolgersi ad un uomo che la prossima settimana festeggerà il suo centesimo compleanno?
È stata questa la mia prima riflessione quando stamane ho letto l’articolo/intervista ad Henry Kissinger che l’Economist ha pubblicato qualche giorno fa.
È una circostanza a dir poco tragica e che getta un’ombra inquietante sul nostro futuro.
Mentre il nostro Premier è al G7 in Giappone a discutere di Cina, Russia e Ucraina suggerirei sommessamente al suo staff diplomatico – se non lo ha già fatto – di attirare la sua attenzione sulle parole di Kissinger. In questo caso i collaboratori avranno anche il vantaggio, contrariamente a diversi predecessori, di non doverglielo tradurre.
Henry Kissinger e Vladimir Putin
L’articolo potrebbe essere utile mentre il nostro Premier – nei colloqui a margine del G7 – sarà verosimilmente oggetto di pressioni per non rinnovare il controverso l’MoU con la Cina siglato dal Primo Governo Conte qualche anno fa. Mi riprometto di tornare su quest’ultima questione se – caro Dago – me ne conferirai facoltà.
Tornando a Kissinger, mentre quest’ultimo non lesina certo critiche a Pechino, lancia tuttavia quattro messaggi che dovrebbero far riflettere attentamente i leader europei.
1. Egli ammonisce a non mal interpretare la Cina, enfatizzando come il Paese non aspiri a dominare il mondo, la leadership di Pechino pensa in un modo più Confuciano che Marxista;
2. Egli evidenzia come la maggiore responsabilità per l’innalzamento della tensione tra Stati Uniti e Cina è a Washington. L’intesa storica tra i due Paesi sancita da Nixon e Mao mezzo secolo fa su Taiwan e altro è stata rovinata da Donald Trump per offrire l’immagine di un leader risoluto e per ottenere maggiori concessioni commerciali da Pechino (mi permetto di chiosare che dopo le politiche restrittive di Trump il surplus commerciale cinese verso gli Stati Uniti ha conosciuto una sequenza di record storici positivi);
3. Egli è scettico sulla possibilità che un dialogo su clima ed economia – come sostenuto dall’Amministrazione Biden – possa rafforzare la fiducia reciproca; almeno non fino a quando Washington dissiperà concretamente la sensazione – diffusa nella leadership cinese – che stia cercando un cambio di regime a Pechino. Si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio.
4. Per i numerosi agit-prop all’opera, Kissinger attribuisce a Putin un errore catastrofico ma attribuisce anche all’Occidente responsabilità sulla tragedia ucraina, anche se argomenta in modo abbastanza convincente che l’Ucraina nella NATO sarebbe anche nell’interesse della Russia.
Posso solo concludere sperando, mosso dal mio ingenuo ed inguaribile idealismo, che nelle carte dei leader del G7 figuri anche l’articolo dell’Economist e che questi ultimi possano dedicare ai solenni moniti che evidenzia un’approfondita discussione.
Dovrebbero farlo nella consapevolezza che – come afferma sempre Kissinger – siamo in una situazione di pre-guerra (mi viene in mente come esempio quella che portò alla Prima Guerra Mondiale) e che sono rimasti meno di dieci anni per trovare un modus vivendi, tenuto anche conto dei progressi esponenziali dell’Intelligenza Artificiale che potrebbero complicare oltremodo questo fondamentale obbiettivo.
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