TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA ANDATE A…
Alberto Mattioli per "La Stampa"
L'uomo che sta attraversando i giardini pubblici all'altezza della terrificante statua di Montanelli ha la sigaretta in bocca (e la mascherina, di conseguenza, abbassata). Non è solo un milanese imbruttito ma anche arrabbiato: «Già con il Covid non possiamo più fare niente. Siamo tutti depressi, se ci tolgono anche le sigarette è davvero finita. Ma poi qui siamo all'aperto. Non si può fumare nemmeno qui?».
In effetti, no. Ieri era il giorno in cui è entrata in vigore a Milano la nuova grida antifumo, un divieto di sigaretta (e sigari, e pipa, mentre prodotti più impegnativi vietati lo sono già) anche all'aperto, nei parchi a meno di dieci metri da altri cittadini, nei cimiteri, alle fermate dei mezzi pubblici e allo stadio.
Per il momento, però, il divieto c'è ma non si vede. Le aspettative dei salutisti che speravano in una stretta spettacolare, tutto e subito, con i vigili sguinzagliati per la città a fare multe (da 40 a 240 euro), per ora sono finite, è il caso di dirlo, in fumo. Evaporate nell'aria. E poi, fra il Covid che obbliga i più a restare a casa e il fatto che ieri a Milano la temperatura era appena sopra lo zero, ieri nei parchi cittadini era più facile trovare un porcino che un fumatore a zonzo.
vittorio feltri fuma una sigaretta 3
In ogni caso, la pubblica autorità ha deciso un avvio soft del divieto. I cartelli che riportano le nuove regole non sono stati ancora tutti collocati e i vigili hanno l'ordine di prevenire più che di reprimere: per ora niente multe, solo «moral suasion» (modello Quirinale, insomma).
E infatti i rari fumatori presi in castagna cadono dalle loro nuvole di fumo: «Vale anche per la pipa?», chiede preoccupatissimo un sosia di Vittorio Feltri in transito per la Biblioteca degli alberi. Mentre un'anziana sciura al Parco Sempione si fa addirittura beffe delle minacciate rappresaglie: «Fumo da sessant'anni e non sarà certo un ghisa (la versione milanese del vigile, ndr) a farmi smettere».
Tuttavia, indietro non si torna. La norma approvata dal Consiglio comunale in novembre e slittata a ieri per inghippi burocratici è motivata, oltre che dalla volontà di proteggere i fumatori da loro stessi, dal controllo dell'inquinamento. L'assessore Marco Grabelli equiparò a suo tempo le sigarette ad altri agenti inquinanti come il traffico, il riscaldamento e i forni a legna delle pizzerie.
L'idea è quella di arrivare al divieto assoluto il primo gennaio 2025, quando tutte le aree pubbliche della città saranno vietate al fumo. Milano cerca così di ridorare il suo blasone di capitale innovativa e verde d'Italia, un po' appannato dalle attuali circostanze che ne fanno soprattutto la capitale italiana della pandemia.
Ma intanto già dall'8 febbraio sarà «smoking free», come si dice nel tipico itagliese in uso in città, la zona dell'Idroscalo, «il mare dei milanesi» ad appena otto chilometri dal Duomo. E lì saranno vietate perfino le sigarette elettroniche. «Dura lex sed lex - commenta Francesco Greco, procuratore di Milano e fumatore -. Sono d'accordo, soprattutto per l'inquinamento da mozziconi». Insomma, Beppe Sala tira diritto, anche se per ora la tolleranza è tutt'altro che zero, tanto che ieri sera i vigili urbani di multe non ne avevano fatta nemmeno una.
Come sempre in Italia, però, tutto finisce in politica, perché l'opposizione di centrodestra ha subito ravvisato un «fumus persecutionis» contro la minoranza fumatrice. «Per chi non avesse ancora chiaro quali sono le priorità della sinistra - sbotta Gianluca Comazzi, capogruppo di Forza Italia in Regione -, questo succede mentre viviamo un'emergenza sanitaria. Oltre a rincorrere chi non indossa la mascherina, i nostri vigili dovranno badare anche a chi fuma una Marlboro aspettando il bus». Basta spegnerla, però.
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