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I PONZIO PILATO D’EUROPA - I PAESI DELL’EST, GRAN BRETAGLIA E IRLANDA NON VOGLIONO ESSERE OBBLIGATI AD ACCOGLIERE I MIGRANTI - IL 22 GIUGNO SI CERCHERÀ L’ACCORDO SU UN TESTO “SFUMATO” SENZA OBBLIGHI PER NESSUNO (E QUINDI INUTILE)

Alberto D’Argenio per “la Repubblica”

 

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Ora gli occhi sono puntati al 25 giugno e le speranze sono riposte su Matteo Renzi e, soprattutto, su Angela Merkel. Nel pantano diplomatico nel quale sta annaspando il piano approvato dalla Commissione Ue per ridistribuire tra i Ventotto 40mila migranti sbarcati in Italia e Grecia, il summit di fine mese assume un ruolo cruciale. A Roma, Berlino e Bruxelles c’è un cauto ottimismo sulla possibilità di portare a casa il risultato, magari sfumando alcuni passaggi politicamente più sensibili del piano, ma senza cambiarne la portata.

 

La proposta di ripartizione obbligatoria di 26mila rifugiati arrivati in Italia e 14mila in Grecia firmata da Juncker è osteggiata da diversi Paesi. Per passare al Consiglio dei ministri dell’Interno ha bisogno di una maggioranza qualificata. Contrari Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, che però beneficiano di una clausola per sfilarsi sulle questioni migratorie e quindi non voteranno. Contrari, e voteranno, anche il blocco dell’Est e i Baltici.

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Ai quali si sono aggiunti, facendo venire meno la maggioranza, Spagna e Francia. Un fronte frastagliato, come conferma Marco Piantini, consigliere per gli Affari europei di Renzi: «Non esiste un partito del Nord contrapposto a quello del Sud, ci sono Paesi che vogliono far saltare l’approccio della Commissione». Che invece tiene duro, tanto che ieri ha confermato di non abbandonare l’idea delle quote obbligatorie in favore di un meccanismo volontario, politicamente e nei fatti meno incisivo.

 

In questo momento, vista la contrarietà di molti governi, Bruxelles vuole evitare la conta, tanto più che spuntarla per un voto su una materia così delicata potrebbe rivelarsi una vittoria di Pirro. Per questo la riunione dei responsabili degli Interni di martedì non sarà decisiva. Ieri la presidenza di turno lituana ha sancito che «i governi hanno espresso divergenze sulla natura obbligatoria, alcuni hanno messo in discussione la chiave di ripartizione e i criteri» per stabilire le quote, ma ha confermato la necessità di aiutare i Paesi in emergenza migranti.

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Il piano che sta prendendo corpo a Bruxelles e nelle capitali interessate - Roma, Berlino e Atene in testa - per superare l’impasse mira a riportare il tema al Consiglio europeo di fine giugno. Lì la Merkel e Renzi si lanceranno in pressing sugli altri leader per ottenere un nuovo mandato da affidare ai ministri degli Interni.

 

Magari più sfumato, specialmente sull’obbligatorietà, per aiutare i governi assediati dai populisti a votarlo. Come la Polonia, che in queste ore ha fatto sapere che accetterebbe il piano ( Varsavia ora teme un esodo dall’Ucraina) se fosse scritto in modo più neutro per non dare fiato alla destra alle elezioni di ottobre. A fine giugno finirà la presidenza della Lituania, che sul piano ha remato contro, e la palla passerà al Lussemburgo, che invece sostiene la proposta del suo ex premier, Juncker appunto.

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La Francia, con Hollande assediato dalla Le Pen, ha informato i partner che con qualche cambiamento semantico al testo (sfumare i termini obbligatorietà e quote senza mutarne la sostanza) accetterà. Altro tassello per convincere i francesi, e gli spagnoli, la modifica dei criteri che hanno determinato le quote per nazioni (Parigi ne dovrà ospitare 6.752, Madrid 4.288): facendo incidere maggiormente il numero di rifugiati già ospitati e la disoccupazione la loro quota si sgonfierebbe.

 

Per far rientrare quelli dell’Est ci sarà la “persuasione” politica della Merkel e, appunto, un mandato più diluito che a quel punto dovrebbe essere accettato da tutti. Con il via libera dei ministri dell’Interno a luglio o, male che vada, a settembre. La partita definitiva si giocherà poi nel 2016, visto che a dicembre la Commissione presenterà un piano per cambiare le regole di Dublino in modo da rendere il sistema di ripartizione permanente.

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Ma intanto l’Europa è pronta a fare un altro passo avanti. Lunedì 22 giugno sotto la guida di Federica Mogherini si riuniranno i ministri degli Esteri. Che lanceranno la missione militare, già approvata ma non ancora operativa, per intercettare e affondare i barconi degli scafisti. Si darebbe la caccia ai natanti ( vuoti) in acque internazionali. Intercettarli in acque libiche o stanarle nei porti non sarà possibile fino a quando non passerà la risoluzione Onu, bloccata dal mancato accordo per un governo di unità nazionale in Libia. Ma grazie al diritto di inseguimento le navi militari Ue potrebbero inseguire gli scafisti anche in acque libiche, aggirando l’ostacolo Onu.

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