DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Estratto dell’articolo di Lorenzo Giarelli per “il Fatto quotidiano”
ENRICO BORGHI RAFFAELLA PAITA MATTEO RENZI
Un’agenzia per scovare i putiniani nelle redazioni, negli studi televisivi e sui social. L’idea è nell’aria da tempo, stando almeno alle varie e variegate liste di proscrizione circolate in questi due anni di guerra in Ucraina, e adesso arriva per la prima volta in Parlamento sotto forma di disegno di legge. A proporlo è il capogruppo di Italia Viva in Senato Enrico Borghi, anche se il testo non porta la firma del leader Matteo Renzi. [...]
Il ddl prevede la creazione di un ente ad hoc che si chiamerà Agenzia per la disinformazione e la sicurezza cognitiva (Adisc) e avrà l’obiettivo di analizzare il flusso di notizie su giornali, tv, radio e Internet “registrando attività di ingerenza” a danno delle istituzioni e della sicurezza nazionale, oltreché “campagne di disinformazione” in grado di “manipolare l’opinione pubblica”. Notizie spinte da Mosca, insomma.
Nel Presentare il progetto Borghi richiama la relazione depositata in Parlamento un mese fa dai Servizi, nella quale si ipotizzava che il Cremlino utilizzasse “network mediatici di Paesi terzi per promuovere le proprie iniziative”. [...]
Borghi immagina l’Adisc come un’agenzia con potere e autorevolezza, al punto che sarebbe inserita nel Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica insieme agli altri enti dedicati ai Servizi (dall’Aise all’Aisi fino al Dis), avendo così accesso a informazioni delicate.
La nomina del direttore spetterebbe al presidente del Consiglio (i dettagli dell’organizzazione e del finanziamento sono rimandati a successivi decreti) e i componenti avrebbero provenienza diversa: per metà assunti tramite concorso a tempo indeterminato, il resto scelto tra il personale dell’amministrazione pubblica messo fuori ruolo e figure della società civile (pescate quindi da associazioni, Università, think tank, eccetera).
Una volta al lavoro, l’Agenzia si metterebbe a caccia di infiltrazioni russe e poi ne darebbe conto sia al presidente del Consiglio sia al Copasir con relazioni trimestrali. A Borghi non sfugge che a questo punto il terreno si fa scivoloso, vista la facilità con cui in questi anni legittime opinioni sono state bollate come pensieri al soldo di Putin: “Non bisogna confondere la cattiva informazione con la disinformazione – precisa il renziano – La prima è legata all’interpretazione soggettiva e fa riferimento all’articolo 21 della Costituzione, nessuno si sogna di introdurre modelli censori o controlli. Ma altro conto è la disinformazione, ovvero la manipolazione delle informazioni, costruita ad arte da strutture specializzate”.
Distinzione netta solo a parole, nel Paese specializzato in elenchi di presunti filorussi. Anche perché Borghi fa riferimento a trame nascoste organizzate da Putin, ma richiama pure una ricerca che ha contato “21 esponenti del governo russo o di media controllati dal Cremlino” comparsi “67 volte” nei programmi televisivi italiani nei mesi successivi all’invasione.
ENRICO BORGHI RAFFAELLA PAITA MATTEO RENZI
Eppure su questo, a meno che le ingerenze non diventino dell’Adisc, vige l’autonomia editoriale di ogni trasmissione e di ogni conduttore, libero di invitare voci russe se le ritiene un arricchimento giornalistico (se non uno scoop). Valutazioni professionali che, se la destra dovesse accogliere la proposta di Borghi, in futuro costeranno ai protagonisti l’ennesimo marchio di putiniano.
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