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Car. Ber. per “la Stampa”
giuseppe conte lorenzo guerini
A due settimane dalla nascita del governo giallorosso, la geografia del Pd muta faccia.
Radicalmente. I renziani, quelli che fino a un mese fa erano considerati vicini all' ex premier, si spaccano rumorosamente, quelli andati via contro quelli rimasti. Sul terreno di battaglia parlamentare restano due correntoni omogenei, zingarettiani ed ex renziani "lealisti". Dunque il Pd si avvia a una gestione unitaria e collegiale: «Abbiamo bisogno delle minoranze, vedremo con quali modalità riorganizzare il dibattito interno», promette il segretario, Nicola Zingaretti.
lorenzo guerini teresa bellanova
Ma le poltrone frutto di questa nuova larga intesa non verranno ripartite ora: perché la priorità in questo momento non è ripagare la lealtà alla ditta, ma un' altra. Far vedere che il Pd è un partito che non resta fermo e si muove, si mette al passo coi tempi. Anche inseguendo quell' agilità on line in cui i nuovi alleati grillini sono maestri. Del resto lo dice lo stesso Zingaretti che «il Pd è ancora vissuto come un marchio respingente». Per non restare indietro, servono dunque «misure straordinarie».
Presidenza a Delrio Ma andiamo per ordine. Nella Direzione nazionale, la prima convocata dopo la nascita del governo e la scissione, dove torna a presentarsi anche la ex presidente del partito Rosy Bindi, è toccato al numero due di Largo del Nazareno, Andrea Orlando, mettere i piedi nel piatto. Illuminando due problemi, quello della sfida che attende il partito dopo questa alleanza e quello degli effetti nefasti di questa scissione. Roba non da poco, quasi epocale. Due cose pure collegate, perché «la minaccia di scissione ha impedito un dibattito all' altezza di un passaggio così importante». Prima botta a Renzi.
E allora se sono questi fatti straordinari, non sorprende che un pezzo grosso del governo come il titolare della Difesa, Lorenzo Guerini, molto vicino a Renzi fin qui, bolli la scissione come «errore imperdonabile», una «ferita profonda». Salutato da una standing ovation. «Scissione sbagliata perché ci indebolisce» e con effetti non ancora visibili appieno nei territori.
lorenzo guerini alfonso bonafede
Insomma un disastro, quello che evoca Guerini. Rintuzzato a distanza dalla Boschi, che parla di «una scelta di coraggio perché chi con Renzi ha iniziato questa nuova esperienza lo ha fatto senza rete, senza garanzie ma con la voglia di provare a dare una speranza nuova a tanti italiani. E le risposte di questi giorni sono davvero incoraggianti». Zingaretti condivide ogni parola di Guerini, «ma lo lascio dire a lui altrimenti domani è il titolo dei giornali». Il ministro della Difesa non parla di nomine, non rilancia la richiesta di una presidenza affidata a Delrio, di cui pure si parla nel suo giro, ma pone il tema complessivo degli equilibri interni.
La rinascita a Bologna La richiesta di una presidenza non è scartata ma neanche accettata. Perché non è il caso ora di mettersi a parlare di nomi. Ma del Pd che non resta fermo e si mette a parlare del suo futuro. Senza toccare le primarie, alcuni punti dello statuto ormai sono obsoleti, come sulle forme di tesseramento. E quindi Zingaretti lancia dall' 8 al 10 novembre a Bologna una tre giorni per «un partito nuovo e un manifesto di tutto il Pd», regia affidata a Gianni Cuperlo.
«Per un' Italia più verde più giusta». Ma dietro le quinte si lavora ad una rivoluzione organizzativa, consentendo l' iscrizione non solo con tessera, ma anche l' iscrizione tematica ai "punti Pd", su ambiente, scuola e tutto il resto. Lanciando una app dove si potrà votare sui vari temi. «Per scardinare così il correntismo», dice il segretario. Ecco la scelta straordinaria.
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