renzi berlusconi

I RISULTATI ELETTORALI SONO UN GRANDE “CIAONE” AL BULLETTO RENZI E A BERLUSCONI - BELPIETRO: “IL PD È IL FANTASMA DI QUELLO CHE ERA FINO A TRE O QUATTRO ANNI FA: UN SILURO CHE AFFONDA PROBABILMENTE PER SEMPRE I SOGNI DI GLORIA DI RENZI. E’ FINITA ANCHE LA SUPREMAZIA DEL CAVALIERE..."

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renzi berlusconi

Maurizio Belpietro per “la Verità”

 

Ciò che si profila nell' ora di andare in stampa è un terremoto politico le cui conseguenze al momento non sono neppure immaginabili. In breve possiamo dire questo. Il Movimento Cinque Stelle ha preso molti più voti di quanti ne erano stati immaginati. Noi stessi più volte avevamo scritto che a nostro parere i grillini erano sottovalutati, ma ritenevamo che al massimo potessero sfiorare il 32 per cento.

BERLUSCONI SALVINI

 

Dalle prime proiezioni, invece, i pentastellati vanno oltre, rasentando il 34, quasi il doppio di tutti gli altri partiti, Pd e Lega compresi. Già questo dovrebbe indurre le forze politiche a una riflessione sul grado di irritazione e nausea dell' elettore nei confronti dei partiti tradizionali. Ma non è tutto. Le urne ci consegnano anche un' altra realtà, ovvero una sinistra al minimo storico, come mai nella storia di questo Paese ci era capitato di vedere.

 

Il Pd, secondo le prime indicazioni, è sotto il 20 per cento, anzi, forse sotto il 19, ovvero meno della metà rispetto a ciò che Renzi e i suoi conquistarono alle elezioni europei e 6-7 punti sotto rispetto a quanto incassò il seppur flebile Pier Luigi Bersani. Per il Partito democratico si tratta di una debacle. Ma ancor più si tratta di una sconfitta per Matteo Renzi.

 

renzi berlusconi

Quello di ieri è infatti un «ciaone» alla sua leadership, un siluro che affonda probabilmente per sempre i sogni di gloria. L' ex presidente del consiglio sperava di reggere intorno al 22 e di incrementare la pattuglia parlamentare grazie ai resti della Lorenzin e di Insieme, ma né l' una né l' altra cosa sembrano essergli riuscite.

 

Il Pd è il fantasma di quello che era fino a tre o quattro anni fa e probabilmente neppure l' idea di dar vita a un gruppo nuovo, ossia a In marcia, sul modello sperimentato in Francia da Emmanuel Macron, ha grandi possibilità di riuscita. Il voto di ieri seppellisce, oltre all' idea di un partito a sinistra del Pd, anche il progetto di una rinascita renzista. Dopo il 4 dicembre del 2016, il 4 di marzo è il sepolcro di ogni aspirazione del segretario Pd. Anche se egli proverà a resistere, immaginare un futuro con lui a Palazzo Chigi è assai improbabile.

 

LUIGI DI MAIO

Tuttavia, dal voto di ieri emerge anche un altro dato, e cioè la fine della supremazia di Silvio Berlusconi nel centrodestra. Lo scavalcamento della Lega ai danni di Forza Italia infatti consegna una nuova guida di quello che per un quarto di secolo è stato il polo dei moderati. Cavalcando il malcontento popolare per l' invasione migratoria, Matteo Salvini ha scalato il centrodestra, raggiungendo vette mai viste prima dalla Lega, che oggi non è più un movimento territoriale, legato al Nord e alla Padania.

 

Quello che un tempo era il Carroccio, una forza localista, concentrata in Lombardia e in Veneto e in poche propaggini in altre regioni, oggi conquista consensi a due cifre nel Centro Italia e nel Mezzogiorno, soppiantando partiti come Forza Italia e Fratelli d' Italia. Il centrodestra che esce dalle urne è una coalizione trainata dalla Lega, non più da Forza Italia e questo cambia le prospettive.

BERLUSCONI ED IL SUDORE DI SALVINI

 

Salvini ha il 17 per cento e Berlusconi meno del 14 e dunque il primo è obbligato a fare il premier o per lo meno questo è ciò che ha promesso ai suoi elettori e ciò che temono a Bruxelles e nel resto d'Europa. Il voto di ieri, oltre a terremotare il Pd e Forza Italia, lanciando un forte segnale al Palazzo con l' avanzata del Movimento Cinque Stelle e della Lega, è anche un monito a chi prima ancora che si aprissero i seggi e gli italiani votassero pensava di poter costruire alchimie politiche senza tenere in alcun conto l' opinione degli elettori. Il governo del presidente, l' ammucchiata tra Pd e Forza Italia, l' esecutivo delle larghissime intese.

 

LUIGI DI MAIO

Tutto è stato spazzato via in poche ore. L'inciucio non si può fare perché mancano i numeri. Neppure sommando ciò che non è sommabile, ovvero i voti di Renzi a quelli di D' Alema e di Berlusconi si può arrivare a una maggioranza. Come avevamo previsto, all'improvviso le larghe intese si sono fatte strettissime e dar vita a una maggioranza salda risulta impossibile. Neppure un governo del presidente sembra possibile, a meno di non prevedere che tutto il Parlamento o quasi vi prenda parte.

 

A questo punto restano solo due strade. Una coalizione di centrodestra sostenuta dai «resti» di qualche partito, per esempio gli espulsi dei Cinquestelle, oppure un governo fra pentastellati e leghisti o tra pentastellati e Pd. Queste ultime due ipotesi ci sembrano difficile, mentre la prima, seppur impervia, appare possibile.

 

berlusconi salvini meloni

In fondo, anche il primo governo Berlusconi nel 1994 nacque così, cioè grazie a qualche «voltagabbana». Certo, l' operazione non fu fortunata, perché appena sette mesi dopo il Cavaliere fu impallinato, ma come si sa la storia non si ripete mai uguale. Anzi: la storia, nonostante la chiamino maestra di vita, non si ripete proprio mai. E infatti, il voto del 4 di marzo segna la fine di una stagione e l' inizio di un' altra. Quale sia è presto per dirlo.