DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Giampaolo Pioli per ''il Giorno - il Resto del Carlino - la Nazione''
rohingya provano a passare il confine con il bangladesh
La accusano di essere distratta e cinica nonostante il Nobel per la Pace. Di avere una doppia personalità. E per molti osservatori Aung San Suu Kyi, primo ministro e ministro degli Esteri di Myanmar, a lungo perseguitata in patria, adesso sarebbe alleata con gli stessi militari e uomini forti del Paese che da anni stanno combattendo la minoranza musulmana dei Rohingya.
Gli scontri ormai quotidiani fra le forze birmane e le milizie dell' Arsa (esercito Arakan per la salvezza dei Rohingya) vedono decine di migliaia di persone che fuggono dalle stragi e dal terrore sul lungo fiume che separa l' ex Birmania dal Blangladesh e le sue rive rischiano di diventare una grande tomba a cielo aperto, perché il Bangladesh non ha ancora deciso se accettarli in massa. I morti in un solo giorno sono stati 89.
Diversi gruppi umanitari hanno già accusato Aung San Suu Kyi di «legittimare il genocidio». Qualcuno ha chiesto che restituisca il Nobel per la Pace, vista la sua involuzione, ma lei rigetta le accuse, sostenendo che «gli attacchi dei ribelli sono un tentativo calcolato di minare gli sforzi di chi vuole costruire la pace e l' armonia nello stato di Rakhine (dove vivono i Rohingya)». Qualcuno ricorda che, in un' intervista del 2015 alla Bbc, arrivò ad ammettere di «non essere del tutto sicura che questo gruppo sia effettivamente perseguitato».
Aiutata dall' ex segretario generale dell' Onu, Ban Ki Moon, e dalla stessa amministrazione di Barack Obama, che insieme a Hillary Clinton accettò l' invito a visitare il suo paese, regalandole enorme visibilità internazionale e credito politico, Aung San Suu Kyi ha ripagato gli Usa spostando il governo birmano sempre più verso un' ottica occidentale. E allontanandolo, quindi, dal silenzioso e robusto abbraccio cinese.
Da ministro degli Esteri, però, ha riallacciato rapporti con la Cina, ricevendo anche Gentiloni, quando era capo della Farnesina, e il capo della diplomazia giapponese, per rigenerare sotto una nuova luce i rapporti internazionali di Myanmar.
La repressione dei Rohingya però è sempre stata la sua pagina buia, la dimostrazione di una grande contraddizione nell' usare due pesi e due misure quando si tratta di tutelare le minoranze e difendere i loro diritti. Gli stessi per i quali lei fu costretta a 15 anni di arresti domiciliari e di carcere.
Per tutto il 2016 la minoranza musulmana ha subito stupri e massacri nei villaggi. I civili Rohingya, terrorizzati, stanno confluendo verso il confine con il Bangladesh, con le forze armate di Myanmar che sparano alle spalle della gente in fuga. La crisi è esplosa e si poserà presto sul tavolo del Consiglio di Sicurezza dell' Onu e dell' Assemblea Generale.
Ma questa volta la donna che ha vinto il Nobel per la Pace si presenterà come imputata, in quanto a capo dell' intera diplomazia del paese e guida del governo.
OBAMA E HILLARY CLINTON IN BIRMANIA MYANMAR
Distintasi - dopo avere accettato la carica di Consigliere di Stato nel 2016, sotto il presidente Htin Kyaw - per aver concesso l' amnistia a centinaia di studenti ribelli, Aung San Suu Kyi ha però coperto di imbarazzante silenzio la sua voce nella difesa delle minoranze musulmane torturate ed ha persino invitato altri stati ad ignorare il problema trattandolo come «un fatto interno».
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