DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
1. GUBITOSA A "UN GIORNO DA PECORA"
(ANSA) "A questo punto, dopo quello che abbiamo visto in Abruzzo, anche no. Dopo questa esperienza forse è meglio senza Renzi e Calenda, almeno secondo me, visto come sono andate le cose". Così a Rai Radio1, ospite di Un Giorno da Pecora, il vicepresidente M5S Michele Gubitosa, sul campo largo.
2 - DIALOGO O RITORNO ALLE ORIGINI IL M5S SI SCOPRE SPACCATO SULLE PROSSIME ELEZIONI
Emanuele Buzzi per il “Corriere della Sera” - Estratti
Campo largo, alleanza strutturale con i dem o mani libere? Il Movimento si interroga e scopre, con sorpresa, di non essere un monolite.
Almeno su questo tema. Diverse sono le voci e diverse le sensibilità. C’è chi desidererebbe un ritorno alle origini per catturare il voto moderato, la maggioranza ormai vede come indeclinabile il campo progressista.
Ma con contorni da definire. Il problema è la presenza o meno di Italia viva e Azione nell’alleanza. «La coalizione — dice Roberto Fico al Fatto Quotidiano — si costruisce sui temi e sui programmi. Poi ognuno dimostrerà la propria coerenza sul campo innanzi tutto ai propri elettori. Dal canto nostro, giusto dialogare sempre, ma con chiarezza e fermezza», spiega l’ex presidente della Camera, protagonista qualche giorno fa di un evento a Napoli insieme (anche) a esponenti di Azione.
(...)
I vertici vorrebbero poter declinare le scelte a seconda dei casi. Insomma, la porta per Renzi e Calenda non è spalancata (anche se nelle ultime ore il leader di Azione sembra deciso a smarcarsi da un asse con M5S). Dai piani alti fanno notare come la logica del «più siamo più vinciamo non abbia funzionato».
Anzi. «Se hai alleati che sono protagonisti litigiosi, perdi di credibilità agli occhi degli elettori». Oltretutto — viene fatto notare — «con un’alleanza più ampia il M5S annacqua la propria identità».
Non a caso, interviene sulla questione anche Michele Gubitosa, vicepresidente molto vicino a Conte: «Proprio perché il M5S con gli alleati non ha accordi strutturali in tutta Italia, ogni volta che abbiamo elezioni come in Basilicata bisogna prima mettersi d’accordo sui temi e poi sui candidati. E quindi si perde un po’ di tempo per mettere a terra queste cose». Il problema per il M5S è che — spiegano alcuni stellati — un distacco dai dem e dalla coalizione «rischia di penalizzarci se viene esasperato il concetto del voto utile».
Per un dibattito che sembra aprirsi, c’è un altro tema che torna giocoforza al centro della scena: quello del tetto dei due mandati. A evocarlo direttamente è l’ex parlamentare Gianluca Castaldi, coordinatore regionale (dimissionario) in Abruzzo. «Nelle elezioni locali il simbolo non basta, bisogna capire che i candidati devono essere riconoscibili, che nelle Amministrative serve un nome e un cognome da votare. Posso capire e sono d’accordo con le regole dei mandati per il Parlamento, ma nelle elezioni locali questa formula non paga». In realtà l’apertura alle candidature per le Amministrative di big con due mandati alla spalle è una realtà di cui i vertici stanno discutendo da tempo.
Ma proprio il tempo sembra mancare ora. Il Movimento vive su tre orizzonti diversi: quello a breve termine delle Regionali in Basilicata dove è necessario trovare un punto di caduta nella coalizione, quello a medio termine delle Europee che somiglia sempre più a una prova di forza interna e per gli alleati e quello delle Politiche, su cui però i Cinque Stelle potranno ragionare dopo aver passato le forche caudine dei primi due.
3 - L’ASTENSIONE DEGLI ELETTORI 5S PUNTO DEBOLE DEL CAMPO LARGO
Giovanna Casadio per “la Repubblica” - Estratti
Elly Schlein non demorde: «Divisi non si gioca nemmeno la partita» contro la destra. Ma la sconfitta abruzzese mostra le crepe del campo largo: indispensabile certo, ma con «varie linee di frattura al suo interno». Se il campo è extralarge poi, come è accaduto in Abruzzo, e va cioè dal M5Stelle ai centristi, la somma non è matematica.
Si perdono pezzi: gli elettori grillini se ne stanno a casa, pur di non votare un candidato e un progetto moderati; i centristi di Carlo Calenda o di Matteo Renzi emigrano verso il centrodestra se il nome è proposto dai pentastellati.
Con dati alla mano e ricostruendo i flussi elettorali, l’Istituto Cattaneo mostra la foto dell’astensionismo che ha penalizzato il centrosinistra in Abruzzo. Le differenze sono profonde tra le forze del campo extra large e sono di merito sulle posizioni politiche. Ma, va aggiunto, i contrasti sono stati coltivati negli anni, e non si ricompongono nel breve tempo di una campagna elettorale locale.
Quindi quei 15 punti persi dal Movimento 5Stelle — che dalle regionali del 2019 quando ottenne il 22,4 passa oggi al 7% — sono il racconto di un disagio e del dilemma degli elettori grillini. L’Istituto Cattaneo dice due cose: da un lato è «strettamente necessario che la coalizione si allarghi, per evitare il ripetersi indefinito della asimmetria che ha moltiplicato la vittoria in seggi del centrodestra alle elezioni politiche del 2022».
Dall’altro nel campo largo c’è una «reciproca ostilità, deliberatamente coltivata dai leader verso gli altri leader e simboli di partiti che oggi sono potenziali alleati». Inoltre la diversità sui vari temi di politica interna e internazionale è più profonda tra i partner del centrosinistra rispetto all’elettorato del centrodestra.
(...)
Si è ritrovato Calenda che gli tirava bordate un giorno sì e l’altro pure: lamentano i grillini. Nel Movimento si agitano interrogativi e molti sono i nodi da sciogliere. Le Regionali, le elezioni locali in generale, non premiano i 5Stelle, perché manca un forte radicamento: lo ha ammesso lo stesso Conte.
I prossimi banchi di prova saranno la Basilicata e il Piemonte. Mentre per la Basilicata ci dovrebbe essere un candidato giallorosso, in Piemonte l’intesa è difficile e, forse, impossibile. La segretaria Schlein a proposito della necessità delle alleanze, chiosa: «Certo, uniti si vince. Si può anche perdere, ma io preferisco perdere con una coalizione unita».
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