DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Francesca Schianchi per “la Stampa” - Estratti
«Siamo a un bivio: o l'Europa fa un salto di qualità, o non ci sarà più». L'ex ministra Rosy Bindi, tra i fondatori del Pd, da qualche anno si è allontanata dal partito, ma alle elezioni dell'8 e 9 giugno sostiene un candidato indipendente delle liste dem: l'ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Che, con la sua proposta di sciogliere la Nato in Europa, ha fatto molto discutere: «Almeno ha costretto a parlare d'Europa in una campagna che ha il sapore di una conta interna tra forze politiche».
È d'accordo con lui?
«Il verbo sciogliere, lo dico per esperienza, è infelice (lei stessa invocò lo scioglimento del Pd dopo le Politiche, ndr). Ma il ragionamento da cui parte è giusto».
Cioè?
«Dopo la caduta del muro di Berlino, l'Europa avrebbe dovuto ricordarsi di avere la Russia al confine e spingere per rivedere il senso della Nato rivendicando la propria autonomia. E invece siamo rimasti sotto le macerie della presunzione dei vincitori».
Ma è il momento opportuno per discutere se sciogliere la Nato?
«Nel momento in cui ti accorgi di aver fatto errori in passato, devi cominciare a pensare come risolvere la situazione. Io invoco una politica estera e di difesa comuni, in una nuova alleanza atlantica, in un mondo ormai multipolare».
La segretaria Schlein ha chiarito che Tarquinio è un indipendente e la linea del Pd la fa il Pd.
«Quando si candidano esterni, e si cercano personalità tutt'altro che sbiadite, non si può solo dire "questa non è la linea del Pd". Se l'hai candidato, è perché sai che rappresenta un pezzo del tuo elettorato, e anche dell'elettorato che hai perso e devi rimotivare, per cui non puoi ignorare il suo punto di vista».
Cosa dovrebbe fare Schlein?
«Confrontarsi con la linea di Tarquinio e altri candidati, come Cecilia Strada: non solo consentire loro un voto di coscienza, ma chiedersi se, partendo dalle loro istanze, non ci sia da modificare la linea del partito».
Non la convince il sì alle armi a Kiev?
«Non ho mai avuto dubbi sul fatto di dover difendere l'Ucraina dall'invasione russa. Ma mi impressiona che da due anni si ragioni solo di escalation militare. Parallelamente non è mai iniziato un processo di pace».
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E chi sarebbe?
«Tutti noi che non ci adoperiamo abbastanza per la pace. Per questo dico: ben venga lo scandalo suscitato dalle parole di Tarquinio, che non andrebbero liquidate paragonandolo in maniera volgare a Vannacci».
È d'accordo con la proposta dell'opposizione di riconoscere lo stato di Palestina?
«È l'idea giusta da sempre e guai se non si tiene viva. Sarebbe un meraviglioso esempio di politica estera comune se tutta Europa si muovesse per farlo».
Su questo è d'accordo col suo ex partito…
«Su questo il Pd si sta muovendo meglio. Ma anche qui dovrebbe trarre tutte le conseguenze e seguire Tarquinio nella richiesta che nessuno dia più armi a Israele. Un Paese che va difeso, sono d'accordo, ma in questo momento è Netanyahu il primo nemico di uno Stato libero di Israele».
Il Pd ha già chiesto di fermare la consegna di armi a Tel Aviv. Lei è d'accordo con Tarquinio anche quando dice che l'aborto non è un diritto?
«Ero a un incontro ieri in cui ha parlato del tema, dicendo che la 194 non si tocca. Il diritto è quello all'autodeterminazione della donna, a cui deve corrispondere il dovere del Servizio sanitario nazionale di assicurare la libertà di abortire».
Bindi, lei che in passato è stata ferocemente attaccata da De Luca, che impressione si è fatta della scena a Caivano con la premier?
«Che se ci si mette sullo stesso piano tra istituzioni, ci rimette sempre l'istituzione più alta».
marco tarquinio slogan elettorale
La spiega meglio?
«La cosa più grave, in principio, la fece la premier, quando, in occasione di una manifestazione con il presidente della Campania e centinaia di sindaci, disse loro di andare a lavorare. Non è una parolaccia, ma un'espressione di disprezzo e offesa ad altre istituzioni».
Poi però ci fu il video rubato a De Luca in cui la definiva una stronza.
«L'uomo si sa chi è, anche nei miei confronti non fu gentile ma io mai gli ho risposto. Se poi in una visita ufficiale l'istituzione più alta risponde con la stessa parola, chi è che si è abbassato? Che facciamo, la gara a chi usa meglio le parolacce?».
Non proprio edificante…
«La vicenda nasce dall'atteggiamento del capo del governo, che ancora una volta dimostra fastidio e intolleranza verso il dissenso: una volta sono i giornalisti, un'altra gli scrittori, fino ai sindaci. Ora vediamo cosa succederà con i magistrati».
Meloni però l'ha spiegata in chiave femminista: c'è chi vuole le donne deboli, e invece io mi sono difesa.
«Questa vicenda non ha niente a che vedere col femminismo. A Berlusconi che mi offese, io risposi affermando la mia dignità senza scendere al suo livello».
Si è un po' riavvicinata al Pd?
«Non sono iscritta né penso che lo farò per ora. Ma sostengo Tarquinio».
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