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Luciano Costantini per "Il Messaggero"
La cassa integrazione arriverà . E anche in tempi brevi perché non si possono lasciare a casa, senza salario e senza futuro, 1.400 lavoratori. Si rischierebbe un conflitto sociale. Il caso Riva-Ilva non è chiuso. Tutt'altro.
Ieri è stato il premier Letta a fotografare il momento: «E' una roba da pazzi, ma qui non è il governo che chiude niente, lo fa un'azienda privata alla quale chiediamo di non usare i lavoratori come rappresaglia rispetto alle scelte della magistratura. Su di loro si è prodotto un danno collaterale: sono messi in mezzo a una condizione dalla quale bisogna uscire. Certo non lasceremo per strada nessuno. Il commissariamento? Si può fare, ma solo se c'è certezza giuridica perché se poi l'azienda ricorre a un giudice e le dà ragione, siamo punto e daccapo».
L'esecutivo è impegnato su più fronti nel tentativo di individuare una soluzione che tenga conto delle decisioni della magistratura, delle esigenze del gruppo industriale e di quelle dei dipendenti.
Nel pomeriggio c'è stata una lunga riunione a Palazzo Chigi tra il sottosegretario Patroni Griffi, il commissario Ilva Bondi, il ministro dell'Ambiente Orlando, e il vice ministro allo Sviluppo De Vincenti. Il vertice ha preceduto l'incontro tra il ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato, e il presidente di Riva, Bruno Ferrante.
«Il sequestro di conti e azioni - ha chiarito il ministro - non deve contrastare l'attività , ma tutelare l'occupazione, la produzione di acciaio e la proprietà . Serve un accordo tra custode giudiziale e azienda». «Verificheremo tutte le possibilità con l'autorità giudiziaria per capire se è possibile riprendere le attività », ha affermato Ferrante.
BRACCIO DI FERRO
Un faccia a faccia che è servito soprattutto per fare il punto della situazione, resa sicuramente più intricata da un atteggiamento non proprio lineare ed omogeneo tra Procura e Gip di Taranto: la prima sostiene che il sequestro di conti e azioni non pregiudica l'attività produttiva; il secondo, nero su bianco, dispone esattamente il contrario.
In una nota ufficiale il Procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, spiega che i beni sequestrati «verranno immediatamente affidati all'amministratore giudiziario nominato a suo tempo (Mario Tagarelli) dal giudice proprio allo scopo di garantire la loro gestione, sì da prevenire effetti negativi sulla prosecuzione dell'attività industriale.
Il provvedimento - puntualizza Sebastio - non prevede alcun divieto d'uso». Immediata la replica del gruppo: «Le dichiarazioni della Procura non trovano purtroppo riscontro nel provvedimento del Gip di Taranto. Esso sottrae infatti la disponibilità alla Riva Acciaio di tutti i beni, senza disporre alcuna facoltà d'uso a beneficio dell'azienda in qualsiasi modo o forma dei beni oggetto di sequestro.
In conseguenza del nuovo atto le banche finanziatrici, che erano tornate a riattivare i fidi, ne hanno immediatamente disposto il congelamento totale o la revoca. Il blocco degli impianti e dei conti correnti impedisce alla società di svolgere non solo la normale attività produttiva, ma anche operazioni minimali». Insomma, un garbuglio dal quale non sarà facile districarsi senza intervenire sui poteri del custode giudiziale onde sbloccare i conti bancari.
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