L’ACCORDO SULLA LEGGE ELETTORALE ALLERTA BRUXELLES: TEMONO CHE LETTA VADA ALLE ORTICHE PROPRIO NEL SEMESTRE DI PRESIDENZA ITALIANA DELL’UE (MA RE GIORGIO VIGILA E I PEONES NON VOGLIONO PERDERE LO SCRANNO)

Alberto D'Argenio per ‘La Repubblica'

«Credetemi, l'accordo sulla legge elettorale rinforza il mio governo, allontana le elezioni e mi permette di accelerare su patto di coalizione e rimpasto». Enrico Letta segue da Bruxelles i passi che portano all'intesa sull'Italicum tra Renzi e Berlusconi. E di fronte agli interlocutori europei proccupati per le costanti fibrillazioni italiane dispensa ottimismo. E dire che i dialoghi con i dirigenti dell'Unione sono tutt'altro che formali.

«Enrico, mi devi dare garanzie che il tuo governo reggerà, la stabilità serve all'Italia e all'Europa, durante il vostro semestre di presidenza Ue dovrete garantire continuità alle istituzioni, dovete essere solidi», ripeteva ad esempio Josè Manuel Barroso in un faccia a faccia nel suo studio nel cuore del Barlaymont, il quartier generale della Commissione europea.

«Josè, non avrò problemi durante la presidenza», la risposta di Letta in francese, lingua prediletta da entrambi. A Bruxelles non vogliono scherzi, premono perché l'Italia si avvicini al suo semestre europeo (che parte il primo luglio) dando ampie garanzie di affidabilità.

D'altra parte Barroso lo dice chiaramente: durante i mesi in cui Roma guiderà l'Europa verranno rinnovate la Commissione, il Parlamento e cambierà il presidente dei summit Ue, oggi il fiammingo Hermann Van Rompuy. Per questo, insiste Barroso, «avrete un ruolo delicato, dovrete garantire continuità all'Unione ». E un Paese con costanti fibrillazioni che oltretutto «rischiano di essere punite in modo estremo dai mercati» non può farlo. Figurarsi se il governo dovesse saltare e si andasse a elezioni.

Letta, dal canto suo, annuisce, rassicura. Guarda avanti, garantisce che a breve avrà un nuovo Patto di coalizione. Snocciola il calendario che lo porterà a uscire dalle secche che hanno rallentato la sua navigazione. Prima di muoversi il premier vuole aspettare che la legge elettorale venga approvata «senza intoppi» alla Camera. Poi metterà mano al contratto di coalizione, "Impegno 2014". E a chi gli chiede numi sul suo rapporto con Renzi assicura: «Con Matteo lavoreremo insieme senza conflittualità, d'altra parte fa bene a mettere pressione sulle cose, così ci aiuta a risolvere i problemi».

Ma ora il problema di Letta si chiama rimpasto, dossier delicatissimo dal quale difficilmente riceverà aiuto da Renzi, che ieri ancora si smarcava liquidandolo come «una discussione insopportabile». Brutto segnale visto che il premier preferirebbe fare un Letta bis per blindarsi del tutto da qui al 2015, operazione però che può portare a termine, confessa ai suoi, «solo se Matteo è d'accordo». E a premere per un governo nuovo sono anche Alfano e i montiani. Peccato che il sindaco di Firenze, come spiega un suo parlamentare, «non vuole un rimpasto politicamente impegnativo che lo omologhi al governo».

Il perché è semplice: «Se si fa incastrare mettendo ministri suoi lo zittiscono, non può più fare da pungolo mentre lui si deve tenere le mani libere per organizzare la campagna elettorale per le europee e poi per le politiche». D'altra parte Renzi va ripetendo ai suoi
che «la vita al governo l'ho allungata con l'accordo sulle riforme». Tradotto: Letta può accontentarsi di riempire i buchi nel governo creati dall'addio dei sottosegretari berlusconiani e dalle dimissioni della Idem, Fassina e De Girolamo. Nove poltrone.

Come andrà a finire, confessa anche il ministro Quagliariello, «è difficile da prevedere». Letta già la prossima settimana, al rientro dal lungo viaggio che lo porterà negli Emirati Arabi, si metterà al lavoro su Impegno 2014. Con un passaggio definito «fondamentale», ovvero la direzione del Pd sulla riforma del lavoro del 6 febbraio, alla quale il premier vorrebbe partecipare. «Mentre discuteremo del programma - spiegano da Palazzo Chigi - parleremo anche di rimpasto, terremo conto dell'opinione di tutti, siamo aperti a varie opzioni».

Al momento, visto i niet di Renzi, la più gettonata (con grande dispiacere di Letta e Alfano) è quella di un rimpasto soft, che copra giusto le caselle rimaste scoperte dando soddisfazione ai montiani che nella scissione con i popolari hanno perso i loro ministri, dando qualche sottosegretario agli alfaniani e cercando, fino all'ultimo, di tirar dentro qualche uomo vicino a Renzi come assicurazione sulla vita. «Nardella o Richetti », immagina un lettiano doc anche se con poca convinzione. E dopo Impegno 2014 e il rimpastino Letta chiederà una nuova fiducia che sancisca la ripartenza del governo, anche se avrebbe sperato di rilanciarsi con una squadra e un incarico tutto nuovo.

 

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