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IN VINO VANITAS - DA D’ALEMA AI BERLUSCONIANI TODINI E VOLPE PASINI, VINITALY SI TRASFORMA NELLA “CANTINA” DEL TRANSATLANTICO - IL SACRILEGIO ETILICO DI SALVINI (CHE PREFERISCE LA BIRRA)

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Alessandro Ferrucci per il “Fatto Quotidiano”

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   Vuoi il contesto, vuoi la gradazione, vuoi l’orario – le tre del pomeriggio –, ma se in Italia una persona ha voglia e bisogno di respirare una botta di ottimismo, deve passeggiare tra i padiglioni del Vinitaly di Verona.

 

Qui è un continuo “va meglio”, “siamo in crescita”, “abbiamo una storia da rispettare”, “siamo e restiamo il primo esportatore mondiale di vino”, “assaggi questo, e questo ancora, e quest’altro, anche solo un sorso, poi magari lo sputa”. No, lo sputo è troppo, anche se previsto e concesso, anche se fa parte del corredo, quindi povero fegato, soprattutto visti quanti sono gli espositori: quattromila. Tra loro, quest’anno c’è anche Massimo D’Alema, ultimo dei politici appassionato di rosso e bianchi.

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Così c’è chi la definisce moda, chi si aggrappa alla passione, il business resta ai margini, per carità, ma oltre all’ex premier tra i presenti si scopre il delfino di Silvio Berlusconi, Volpe Pasini, colui che un tempo è arrivato a definire l’ex Cavaliere “un leone”: oggi espone i suoi prodotti con tutto il lusso del caso, così come la famiglia Todini, Luisa è parlamentare di Forza Italia, e sono tra i maggiori coltivatori in Umbria; quindi Gavino Sanna, celeberrimo pubblicitario, vicino all’ex presidente della regione Sardegna Ugo Cappellacci.

 

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“Sì, di politici ce ne sono, ma quest’anno tutti guardano D’Alema, è anche venuto a presentarli ufficialmente – racconta un organizzatore – E poi il suo prodotto è nato grazie al re degli enologi”. Il “re” è Riccardo Cotarella, uno che riuscirebbe a rendere bevibile anche un prodotto da cartone, un professionista conosciuto in Italia e nel mondo che ha ospitato il lìder nel suo mega-stand, con pubblicità indiretta annessa.

 

   Qui a Vinitaly lo spazio espositivo può costare dai 3.000 euro fino a decine di migliaia a seconda dell’importanza e della magnificenza esibita dalla cantina, con una media di 150 bottiglie consumate da ognuna delle aziende “per far assaggiare”; decine di migliaia di visitatori, il biglietto d’entrata è di 60 euro, ma c’è chi lo paga meno grazie all’intramontabile presenza dei bagarini appostati davanti alla vendita ufficiale: “Signo’, con me costa la metà!”. Come mai? “Sono quelli omaggio, stecchiamo con chi ce li ha dati”, rivela.

 

Fuori e dentro la folla è eterogenea per età, nazionalità e regione; abbigliamento ed estrazione sociale; uomini e donne, più uomini che donne; esperti, appassionati, curiosi o solo in cerca di bagarre. “In questi ultimi anni abbiamo avvertito una crescita del livello – spiega Bernardo Botti, della Trebotti – il pubblico è preparato, le domande assurde sono legate più al passato. Ma attenzione a Düsseldorf”.

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La concorrenza arriva dal nord, dalla Germania, dove da qualche anno è nata una fiera simile al Vinitaly, con meno storia e spessore, dicono gli interessati, ma ha comunque già 6 mila espositori e molti pronti a rinunciare a Verona proprio a favore della proverbiale solidità teutonica: “La differenza tra noi e loro, è che lì si sono maggiormente concentrati sul rapporto tra professionisti del settore, mentre qui in Italia l’80% dei visitatori è composto da amatori”, continua Luca Fraccaroli, azienda omonima. Tradotto: è composto da chi beve per gusto, e basta.

 

Per capirlo è sufficiente aspettare il passare dei minuti, guardare negli occhi chi cammina, e non è raro scoprire persone semi-addormentate su una sedia, o appoggiata a un bancone, o ancora peggio, alla ricerca di un bagno per liberarsi. “Le do un consiglio – ci dice un espositore – non entri mai nei wc chimici, sono uno schifo, in particolare nel pomeriggio”.

 

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Consiglio sacrosanto. “Guarda quello, ma non è Salvini?” Sì, è lui. Passeggia tra gli stand, evita di bere, preferisce la birra, stringe qualche mano, un selfie è obbligatorio, come ogni bravo politico si ferma e ascolta le segnalazioni dei potenziali elettori, chiede al suo braccio destro di prendere il numero della persona. Evita domande spiacevoli, anche perché in serata è prevista l’ennesima e infinita presenza in una trasmissione televisiva.

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   “Aspetti, non si fermi alla bottiglia, quello che conta è la storia, la passione che c’è dietro” ci ricorda Flaminia, responsabile di Gelso della Valchetta. Ha ragione. Tra gli stand c’è l'Italia di oggi e di ieri, e quella che vorrebbe arrivare a domani, anche minuscoli produttori, persone che hanno lasciato una professione, vuoi per scelta, vuoi per necessità e si sono reinventate; altri che portano avanti una tradizione di decenni; o chi ha scoperto la campagna per fuggire dalla città.

 

Poi i big, altra vita, differente realtà, si presentano con spazi mirabolanti, atteggiamenti certi, poca voglia di comunicare, il desiderio di apparire. E la terza classe di De Gregori esiste sempre, anche se qui a Verona tutti guardano al bicchiere mezzo pieno, compresi i politici.

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