"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON……
Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"
La contrapposizione era nell'aria da tempo, da quando la conclusione dell'inchiesta sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia ha alimentato le prime polemiche contro i magistrati di Palermo. Con i pubblici ministeri che reclamavano protezione e solidarietà di fronte agli attacchi della politica, e il «sindacato delle toghe» che ai loro occhi appariva troppo tiepido. Titubante, imbarazzato.
Soprattutto dopo che i risultati dell'indagine sono stati quasi oscurati dalla disputa sull'origine e il destino delle intercettazioni in cui incidentalmente compare la voce del presidente della Repubblica. Questione che non c'entra niente con i contatti sospetti tra uomini delle istituzioni e uomini di Cosa Nostra (la presunta trattativa di vent'anni fa), ma ha avuto il sopravvento nel dibattito politico e non solo.
Di certo questo aspetto ha finito per influire sulle posizioni dell'Associazione nazionale magistrati e del suo presidente Rodolfo Sabelli (pubblico ministero della Procura di Roma; tra i fascicoli di cui è titolare c'è quello sulla presunta loggia segreta ribattezzata P3 dove uno degli imputati è Marcello Dell'Utri, sotto accusa pure per la trattativa). Il quale all'inizio della contesa, a proposito delle ipotizzate pressioni quirinalizie sui magistrati, disse: «Le polemiche e le troppe parole fanno male alle indagini. La Procura di Palermo ha detto che non vi sono state interferenze, non voglio aggiungere altro».
Un modo per provare a comporre le diverse posizioni e smorzare l'incendio provocato dalle telefonate tra l'ex ministro Mancino (oggi imputato di falsa testimonianza) e il consigliere del capo dello Stato Loris D'Ambrosio, allegate agli atti del processo. Nemmeno il ricorso di Napolitano alla Consulta a proposito delle intercettazioni tra il presidente della Repubblica e Mancino, secondo Sabelli, andava letto come un'interferenza o una delegittimazione.
«Il primo dovere dell'Anm è la difesa intransigente di chi esercita la giurisdizione per l'accertamento processuale della verità », affermò in segno di apertura verso i colleghi palermitani, ma subito dopo invitò a «evitare la logica del contrasto e della contrapposizione, che trascina sul piano della strumentalizzazione».
Il riferimento a chi attaccava Napolitano per difendere gli inquirenti antimafia era evidente. Come evidente fu l'altolà a chi, sul fronte opposto del centrodestra, intendeva addebitare l'improvvisa morte del consigliere D'Ambrosio alle polemiche provocate dall'indagine palermitana: «à una strumentalizzazione di cattivo gusto che va respinta».
Nel frattempo, nell'anniversario della strage di via D'Amelio, lo stesso Sabelli era andato a Palermo per la celebrazione organizzata dall'Anm locale; presieduta da Nino Di Matteo, uno dei titolari dell'indagine: lo stesso che l'altro ieri, alla festa de Il Fatto, ha lamentato il «silenzio assordante» dell'Anm nazionale e del Csm di fronte agli attacchi subiti dal suo ufficio.
Dalla tribuna e nei conciliaboli preliminari Sabelli fu sollecitato a dire parole chiare ed esplicite a sostegno degli inquirenti. Ne scaturì un appello al «doveroso impegno solidale di tutte le istituzioni per l'accertamento della verità » considerato troppo generico da molti.
I malumori sono aumentati a seguito di altre vicende collaterali su cui l'Anm avrebbe taciuto; rimprovero che lo stesso Sabelli ha provato a respingere, senza però risultare troppo convincente. E la polemica contro il Quirinale alimentata da chi s'è schierato in maniera anche rumorosa a difesa dei pm di Palermo, benché rifiutata da Ingroia e dagli altri magistrati, ha continuato a pesare sui rapporti tra i pm di Palermo e l'associazione di categoria.
Finché ieri, dopo la rinnovata accusa di troppo silenzio da parte di Di Matteo, pronunciata su un palco dal quale altri non hanno risparmiato critiche e accuse al capo dello Stato, il presidente dell'Anm ha deciso di rompere quel silenzio. Vero o presunto che fosse. Per attaccare Di Matteo e Ingroia.
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