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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI NON AVEVA ALCUNA VOGLIA DI VOLARE A PARIGI AL VERTICE ORGANIZZATO DA…
“LA VITTORIA DI RAISI RIVELA LA GRANDE DEBOLEZZA DEL REGIME IRANIANO” – IL POLITOLOGO GILLES KEPEL: “GLI AYATOLLAH SENTONO PIÙ CHE MAI CEDERE IL TERRENO SOTTO I PIEDI, SONO ISOLATI. RAISI NON HA NULLA DI CARISMATICO, MA IL REGIME NON PUÒ RISCHIARE. BIDEN INSISTESULLA MINACCIA CINESE, MA PER NOI EUROPEI I PROBLEMI MAGGIORI CONTINUANO A VENIRE DAL MONDO ISLAMICO” – L’ANALISTA AARON MILLER: “AUMENTERÀ LA REPRESSIONE, MA L’ACCORDO SUL NUCLEARE SI FARÀ…”
1 - Kepel: «Poco carisma, è un vincitore che rivela la debolezza del regime»
Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”
«L' elezione di Ebrahim Raisi a fronte di una bassa partecipazione al voto, probabilmente molto minore di quanto annunciato ufficialmente, è rivelatrice della grande debolezza del regime iraniano.
In passato gli Ayatollah cercavano di mantenere una qualche forma di modus vivendi pacifico con la società civile, permettendo la nomina di un presidente moderato e riformista. Ma oggi sentono più che mai cedere il terreno sotto i piedi, sono isolati, hanno bisogno di fare quadrato».
A pochi giorni dalla pubblicazione in Italia del suo nuovo libro, «Il ritorno del Profeta.
Perché il destino dell' Occidente si decide in Medio Oriente», Gilles Kepel analizza le elezioni in Iran e gli ultimi sviluppi internazionali.
Ma la nomina di un presidente falco non rischia di riaccendere gli scontri di piazza in Iran?
«Diventa molto più possibile. Raisi non ha nulla di carismatico, nessuno dimentica le sue responsabilità nell' esecuzione di migliaia di oppositori politici, non sarà capace di fare digerire agli iraniani i sacrifici imposti dal radicalismo ideologico degli Ayatollah. D' altro canto, il regime non può rischiare, non può più permettere divisioni interne.
Sul tavolo ci sono i negoziati sul nucleare con l' America di Joe Biden. Ma oggi Teheran è a mal partito. L' Iraq sta fuggendo fuori controllo per la prima volta dal 2003. In Siria i russi esigono una rinascita economica, che necessita di aprire all' Europa a scapito della presenza iraniana. Il disastro libanese è colpa degli sciiti di Hezbollah, protetti da Teheran.
Persino il rapporto con Hamas appare incrinato. Sei anni fa noi europei cercavamo la collaborazione con l' Iran per battere Isis. Ora non serve più».
Un giudizio sull' ultimo vertice Nato?
«Biden ha un bel insistere sulla minaccia cinese, però per noi europei i problemi maggiori continuano a venire dal mondo islamico».
ebrahim raisi qassem soleimani
I più pressanti?
«Gli stessi degli ultimi anni. Prima di tutto, quelli dei migranti illegali, che fanno da corollario al problema jihadista: resta grave ed è destinato a farsi presto ancora più esplosivo.
Il permanere dei prezzi bassi del petrolio, la crisi economica tunisina, algerina, libica, egiziana, la destabilizzazione del Sahel, sono tutti fattori che incrementeranno i flussi delle partenze dal Mediterraneo meridionale verso le nostre coste. Mi attendo in particolare un maggior numero di barconi dalla Tunisia. Rischiamo di litigare tra di noi partner Ue. E ciò, se non viene regolato presto, porterà alla crescita del peso politico delle destre e dai partiti xenofobi».
Conseguenze?
«Gli estremisti islamici e le organizzazioni caritative dei Fratelli Musulmani approfitteranno della generosità ingenua delle sinistre europee e dei movimenti di accoglienza cattolici per accrescere la loro presenza nelle nostre società.
Già al vertice Ue di Ajaccio l' anno scorso avevano prevalso gli interessi particolari. I partiti al governo in Germania temono l' influenza di Erdogan sull' elettorato d' origine turca. L' Italia non intende litigare con Putin per salvaguardare l' arrivo del gas e gli scambi economici. Ognuno pensa per sé e perdiamo tutti».
C' è però un atlantismo di ritorno che aiuta a cementare le relazioni con gli Usa.
donne iraniane con la foto di ebrahim raisi
«Certamente, con Biden si ricompatta la Nato. Ma adesso gli interessi europei rischiano di diventare ancillari rispetto a quelli americani. Washington sottolinea la minaccia cinese e insiste sul contenimento di Putin.
Non capisce la centralità del Mediterraneo per noi. È sufficiente analizzare come Biden si sia ritrovato spiazzato di fronte alla recente crisi di Gaza per vedere quanto per lui il Medio Oriente sia uno scenario secondario, come del resto lo era per Obama e Trump».
Può spiegare?
«Gli Stati Uniti non erano pronti per mediare tra Israele e Hamas. Tanto che Biden ha dovuto telefonare in fretta e furia ad Al Sisi ed Erdogan, due dittatori con cui non voleva avere a che fare, se non per denunciare le violazioni dei diritti umani. Ma alla fine sono stati loro a garantire il cessate il fuoco».
Nel suo libro non c' è capitolo che non menzioni quanto sia pericolosa la politica di Erdogan per l' Europa.
«Erdogan si proietta come Mehmet II, il Sultano della conquista di Costantinopoli nel 1453. Lo si è visto benissimo a Istanbul nella scelta della restaurazione a moschea di Santa Sofia il 24 luglio 2020.
Una mossa simbolica: Erdogan diventa una sorta di Ataturk nazionalista e però religioso, un Sultano allo stesso tempo del suo popolo e di tutto l' Islam, che mira a ricostruire l' antica potenza imperiale, sino alle porte di Vienna».
Il 23 luglio a Berlino si tiene una nuova conferenza sulla Libia. Cosa cambia?
«Per fortuna Italia e Francia abbandonano le vecchie lotte suicide e decidono di agire assieme. Sino a poco fa proprio Turchia e Russia avevano approfittato del nostro braccio di ferro per dividersi il Paese.
MARIO DRAGHI Abdulhamid Al Dabaiba
Berlino potrebbe diventare il simbolo di una nuova politica europea comunitaria. Dobbiamo sperarlo. La cooperazione italo-francese potrebbe garantire una Libia unita sotto la guida del nuovo premier Abdul Hamid , Abdul Hamid Dabaiba».
2 - «AUMENTERANNO DISSENSO E REPRESSIONE, MA ADESSO L’ACCORDO SUL NUCLEARE SI FARÀ»
Anna Guaita per “il Messaggero”
L' accordo sul nucleare si farà, e presto, ma non bisogna sperare in altro, con il nuovo presidente iraniano. Il Messaggero parla a Aaron David Miller sul risultato delle presidenziali in Iran. Miller è stato consigliere delle Amministrazioni Usa sul Medio Oriente per 25 anni. E' stato al fianco di sei segretari di Stato, sia democratici che repubblicani, e di recente è diventato vicepresidente del think tank Woodrow Wilson International Center for Scholars.
Che significato ha la vittoria di Ebrahim Raisi in politica estera?
«Stiamo assistendo a una concentrazione del potere non solo nelle mani del leader supremo, ma in quelle di una forza milItare in crescita veloce e dell' intelligence. Questa concentrazione fa sì che un nuovo presidente non avrà una ricaduta sensibile sulla politica estera».
La traiettoria non cambia?
«La protezione del regime rimane la principale filosofia della politica di Teheran. Vedremo che la repressione del dissenso aumenterà, e il dissenso chiaramente esiste come ci prova l' affluenza alle urne così bassa. In politica estera vedremo che l' Iran continuerà a gettare la sua ombra sull' area, dal Libano all' Iraq alla Siria».
E cosa succede della riconferma dell' accordo sul nucleare che è in fase di negoziato a Vienna?
«Sono persuaso che il rientro nell' accordo avverrà nelle prossime settimane. Ma questa nozione che qualcuno ha nel mondo diplomatico che dopo la riconferma del Joint Comprehensive Plan of Action, l' Iran sarà più mite e amichevole nei confronti degli Stati Uniti è del tutto infondata».
Non pensa che ci sarà un ulteriore negoziato, per un accordo più duraturo e più forte come spera Biden?
«Un negoziato può avvenire, possono sedersi a un tavolo, ma se speriamo in ulteriori concessioni dobbiamo essere pronti a farne anche noi.
Ci chiederanno di sicuro qualcosa in cambio. Magari di tornare a commerciare direttamente con noi, di cancellare l' embargo commerciale, qualcosa di politicamente impossibile. Ma non c' è da illudersi su ipotetici futuri negoziati. Gli iraniani vogliono solo ritornare all' accordo sul nucleare perché così verranno cancellate le sanzioni che strangolano la loro economia».
Come vede il futuro fra l' Iran e il mondo occidentale?
«Guardi, è vero che l' accordo sul nucleare è lungi dall' essere perfetto. È vero che anche quando sarà rifirmato, qui negli Usa nessuno stapperà lo champagne. È vero che i repubblicani lo odiano e anche molti democratici non lo amano.
Ma non possiamo non ammettere che è il meglio che si può ottenere ora, se non vogliamo che fra due anni Teheran abbia la prima bomba nucleare. Stiamo guadagnando tempo. Non è la soluzione ideale, ma per ora noi in Occidente dobbiamo accontentarci. Senza questo accordo, non avremmo nessun modo per impedire che l' Iran costruisca armi nucleari».
Intanto cosa ci si aspetta in questo tempo così guadagnato, che quel 52% che si è astenuto, riesca a organizzare un' opposizione?
«Non c' è un' opposizione organizzata adesso in Iran. Certo, ci sono state proteste e manifestazioni. Ma io penso che avremo un Iran autoritario ancora per un lungo tempo. Ma sempre più disposto ad aprire l' economia».
Cioè un Iran sul modello cinese?
«Sì, esatto. Tutti questi poteri autoritari, dalla Cina a Cuba alla Russia hanno dimostrato disponibilità ad aprire l' economia al mondo, pur mentre all' interno seguono una politica repressiva».
Non crede nella possibilità di una rivoluzione? Dopotutto ne hanno già fatta una!
«Ma anche tutte le rivoluzioni della primavera araba, le rivoluzioni dal basso, sono finite con regimi autoritari con l' eccezione della Tunisia. I poteri autoritari durano a lungo, si aggiustano, si adattano, adesso in Iran i poteri forti sono più uniti che mai».
Lei è molto pessimista.
«E' la realtà. E tuttavia penso che se Rouahni avesse potuto ripresentarsi, chissà... Se non ci fosse stata l' interferenza del leader supremo e delle Guardie della Rivoluzione, forse l' uomo che aveva impersonato le speranze e le aspirazioni di milioni di iraniani sarebbe stato rieletto.
Invece abbiamo un autoritario, che sbloccherà l' accordo sul nucleare e quindi le sanzioni, e così farà credere che solo gli autoritari possono avere successo. E in parte dobbiamo ringraziarne Trump, la sua uscita dall' accordo e l' imposizione di sanzioni che hanno prostrato il Paese, senza ottenere nulla in cambio».
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