RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
1. IL TRIONFO DI SIR STARMER L’UOMO CHE NON FA PROMESSE VUOLE CAMBIARE IL PAESE
Estratto dell’articolo di Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”
keir starmer bacia la moglie victoria dopo le elezioni
[…] Anche in una sera del genere, un anticipo di festa perché solo oggi pomeriggio ci sarà l’ufficialità del cambio di stagione, Keir Starmer non esce da una rigidità che sembra diventata il suo canone abituale. […]
Davanti alla Royal Albert Hall, che fu teatro della grande festa del 1997, risuona il tormentone di Things can only get better . La canzone che divenne simbolo del blairismo, scritta nel lontano 1993, è tornata d’attualità in queste sei settimane di comizi e di incontri in giro per il Paese.
Keir Starmer non ha un «suo» inno. In una recente intervista, ha dichiarato di non avere neppure un libro o una poesia preferita, e di non aver mai sognato in vita sua. La maggiore qualità che gli viene riconosciuta è una forte etica del lavoro. Quand’era un giovane avvocato, una volta si immerse così tanto nello studio di una pratica da non accorgersi dei ladri che intanto gli stavano svaligiando la casa dove si trovava.
[…] Forse Keir Starmer è il leader giusto per un Paese che si sente tradito dalla politica e da tempo non ripone più aspettative su sé stesso. Un Paese dove in dieci anni il numero di persone costrette ad affidarsi alle cosiddette Banche del cibo è salito da 40 mila a 3 milioni. La sua cautela, la sua refrattarietà agli slogan, esemplificata dallo scarno «Change» che si è scelto di persona, cassando le idee più creative dei suoi consiglieri, fanno parte di un atteggiamento volutamente minimalista.
keir starmer dopo la vittoria alle elezioni
Come fosse l’unica cura possibile. La stampa vicina ai Tories lo chiama «Keir il molle». Ma quand’era Procuratore generale per l’Inghilterra e per il Galles, si fece notare per la durezza con la quale trattava i casi di rivolta nelle strade. Il famoso «legge e ordine» di Blair come antidoto agli anni sregolati di Jeremy Corbyn. E una volta segretario, non ha fatto sconti alla sinistra radicale del partito e agli elementi in odore di antisemitismo, compreso il suo predecessore.
Se fosse italiano, lo definiremmo un riformista, un esponente della sinistra di governo. […] Negli ultimi giorni, consapevole del fatto che i toni bassi possono risultare soporiferi e allontanare dalle urne, Starmer ha cercato di darsi un profilo più fascinoso, da vero uomo di potere, cedendo a scelte di immagine come quella di abbandonare l’auto per i viaggi al nord, e di utilizzare lo stesso jet privato che ha portato in Germania la nazionale di calcio inglese. Sempre all’insegna del «Change». Ma adesso che il Regno Unito ha cambiato per davvero, comincia la parte difficile.
2. MODERATO PER CALCOLO IL MAGISTRATO FIGLIO DI OPERAI SULLE ORME DI TONY BLAIR
Estratto dell’articolo di Enrico Franceschini per “la Repubblica”
[…] Come ha fatto Keir Starmer a diventare primo ministro, facendo cambiare rotta al proprio Paese, dopo 14 anni di governi conservatori? Chi è davvero questo sir, titolo ottenuto per il lavoro di magistrato, figlio di un operaio e di un’infermiera, primo della sua famiglia a laurearsi? E chi è Victoria, detta Vic dal marito, avvocata 50enne di religione ebraica, decisa a difendere la privacy propria e dei loro due bambini anche dopo il trasferimento a Downing Street, perciò già ribattezzata “la first-lady riluttante”?
Orgoglioso di provenire dalla classe operaia, Starmer ha ricordato recentemente che, per arrivare alla fine del mese, a un certo punto i genitori furono costretti a rinunciare al telefono. La voglia di eccellere nasce da lì, al punto che, se non ci riesce, preferisce lasciare perdere: da ragazzo smette di andare a lezione di flauto, quando si rende conto dei propri limiti.
Si iscrive al Labour a 16 anni. Laurea in legge a Leeds, master a Oxford, brillante carriera come barrister , avvocato d’alto rango, occupandosi di diritti umani, quindi addirittura King’s Counsel, Consigliere del Re, top della professione forense, infine la nomina a procuratore generale. Dando la caccia a terroristi e narcos si accorge di poter eccellere anche in politica, nel 2015 è eletto deputato, nel 2019 vince con facilità le primarie del partito per la successione a Jeremy Corbyn, travolto alle urne da Boris Johnson.
Di Corbyn, Keir era stato uno stretto collaboratore, eppure adesso rivela: «Sapevo che avrebbe perso ». Presone il posto, all’inizio dice che unirà nostalgici del blairismo e corbyniani di ferro, ma la peggiore sconfitta sofferta dai laburisti in quasi un secolo lo induce a rompere con il radicalismo del predecessore, imboccando senza tentennamenti una strada che somiglia alla Terza Via di Blair: non ha certo il carisma di Tony, ma la determinazione è quella. Ripulisce il partito dai sentimenti antiamericani, anticapitalisti e antisemiti cresciuti all’ombra di Corbyn.
Musulmani britannici e giovani socialisti lo accusano di non criticare abbastanza Israele nella guerra di Gaza, ma in effetti è sulle medesime posizioni di Usa e Ue: condanna i massacri di Hamas, appoggia uno Stato palestinese, si dice pronto ad accettare i verdetti della Corte Internazionale dell’Aia, che accusa il premier israeliano Netanyahu di crimini contro l’umanità.
Sulla guerra in Ucraina sostiene Kiev, senza se e senza ma. Della Brexit, a cui si opponeva con più veemenza dell’euroscettico Corbyn, predice che nel corso della sua vita difficilmente il Regno Unito tornerà nell’Unione Europea, ma promette di migliorare i rapporti con Bruxelles. Eredita dal premier uscente Sunak una situazione economica disastrosa, ma si impegna a ridare «una ragionevole speranza» alla gente. […]
E la svolta è arrivata. Di padre ebreo emigrato dalla Polonia e madre inglese convertita all’ebraismo, la moglie Victoria ricorda ancora cosa pensò al primo incontro con Starmer: «Chi cavolo crede di essere, questo qui?».
Dopodiché, sbocciò un grande amore. La sua influenza su Keir non deve essere piccola, se lo ha convinto a scegliere anche per i figli la fede ebraica; e se lui dice di voler passare il venerdì sera in famiglia anche da capo del governo, per celebrare insieme l’inizio dello Shabbat (desiderio strumentalizzato dai conservatori per definirlo un lavativo, quando in realtà è uno stakanovista). […]
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