DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
ATTACCO SIMULTANEO DAL CIELO CONTRO CITTÀ E VILLAGGI ISRAELE SI PREPARA A RESPINGERE LO SCIAME DI TEHERAN
Estratto dell’articolo di Fabio Tonacci per “La Repubblica”
ALI KHAMENEI IN PREGHIERA PER LA FINE DEL RAMADAN
Chi conosce come gira il vento in Medio Oriente dice che la rappresaglia iraniana non segue il calendario islamico. Che è fuorviante pensare che Teheran, o le milizie sciite sue alleate che formano il cosiddetto Asse della Resistenza, risponderanno alla distruzione del consolato iraniano a Damasco scegliendo necessariamente una data simbolica per attaccare Israele. Cioè quando Israele più se lo aspetta.
Del resto nemmeno il 7 ottobre, giorno in cui Hamas ha dato il via all’operazione terroristica “Diluvio di al-Aqsa”, aveva significati particolari. Dunque ogni previsione sul quando ci sarà la rappresaglia rischia di lasciare il tempo che trova. Può essere oggi, come tra un mese. Ma ci sarà, di questo ormai nessuno dubita.
Ne è un segnale l’inaspettato arrivo in Israele del generale Michael Kurilla del Central Command americano, che si è incontrato col capo di Stato maggiore Herzl Halevi e con altri comandanti dell’Idf. Probabilmente per discutere di un’azione comune nel caso in cui l’attacco arrivasse da più fronti.
L’ayatollah Khamenei, Guida suprema della Repubblica islamica, promette vendetta a ogni uscita pubblica. Ancora ieri i rappresentanti della missione iraniana alle Nazioni Unite l’hanno definita «un imperativo per l’Iran», che - sostengono - si sarebbe potuta evitare se il Consiglio di sicurezza avesse condannato Israele per i fatti di Damasco, dove sono stati uccisi sette pasdaran. Se dunque il quando è incerto, sul come c’è un’ipotesi che più delle altre spaventa Israele: lo sciame. L’attacco simultaneo e da più lati con decine di droni e missili, puntati su obiettivi sensibili sul suolo dello Stato ebraico.
L’intelligence militare ne segnala tre probabili, in particolare: Tel Aviv, il centro più popolato sulla costa con il suo mezzo milione di abitanti; gli insediamenti sulle alture del Golan, territorio conteso con la Siria; il centro di ricerca nucleare a Dimona, nel deserto del Negev. […]
Il massacro del 7 ottobre, con l’improvviso travaso dalla Striscia di 3.000 assalitori tra miliziani delle brigate Qassam e anche qualche civile, e lo sfondamento del recinto di confine in trenta punti diversi, è stato, appunto, un attacco a sciame. Ora, il timore prevalente è che la rappresaglia di Teheran possa concretizzarsi non via terra, cioè dal Sud del Libano dove sono concentrate le forze di Hezbollah, ma dal cielo.
JOE BIDEN SI FA IL SEGNO DELLA CROCE DAVANTI A NETANYAHU
Gli analisti militari disegnano, come ipotesi peggiore, uno scenario apocalittico: più sciami di droni kamikaze lanciati contro Israele da diversi punti cardinali e intervallati da missili. Hezbollah nel 2021 aveva circa 2.000 droni kamikaze, molti dei quali modello iraniano Shahed 136 (lo stesso che usa la Russia contro le postazioni ucraine): oggi si stima che ne possa avere accumulati altri mille.
In più dispone di un arsenale composto da 150 mila missili e razzi a corto e medio raggio, anch’essi forniti dall’Iran, che possono raggiungere ogni punto di Israele. Tutta un’altra potenza di fuoco rispetto a Hamas. Il governo dello Stato ebraico ostenta sicurezza. Netanyahu e i suoi ministri avvertono che Israele risponderà colpendo direttamente postazioni nemiche sul Paese, o sui Paesi, da cui la rappresaglia arriverà. Qualsiasi essi siano, Iran compreso. «Sono tempi sfidanti», ha dichiarato il premier durante una visita a una base da cui cui si alzano in volo gli F-15. […]
SCACCO MATTO ALL’IRAN: SE ATTACCA RICOMPATTA USA, SAUDITI E ISRAELE
Estratto dell’articolo di Stefano Graziosi per “La Verità”
JOE BIDEN - BENJAMIN NETANYAHU
[…] La tensione, insomma, continua a salire. Il senatore repubblicano della Florida, Marco Rubio, ha detto ieri che potrebbe presto arrivare «il momento più pericoloso per il Medio Oriente dal 1973»: l’anno, cioè, in cui scoppiò la guerra dello Yom Kippur.
Tutto questo, mentre il governo russo ha sconsigliato ai suoi cittadini di recarsi nella regione. Nei giorni scorsi, Teheran aveva d’altronde più volte promesso una ritorsione al raid israeliano di Damasco del primo aprile, in cui erano stati uccisi alcuni pasdaran, particolarmente legati a Hezbollah. […]
Eppure, nonostante la retorica aggressiva, gli ayatollah si sono ritrovati in un dilemma.
Se non reagiscono, rischiano di trasmettere un’immagine di debolezza ad avversari e alleati; se invece reagiscono (e soprattutto se lo fanno direttamente), rischiano di darsi la proverbiale zappa sui piedi.
raid israeliano contro l ambasciata iraniana a damasco, in siria 9
Vediamo perché. Innanzitutto, nonostante finora non abbia di fatto abbandonato il suo appeasement nei confronti di Teheran, l’attuale Casa Bianca – in caso di attacco diretto iraniano – si ritroverebbe costretta ad assumere una postura più severa verso il regime khomeinista. Non a caso, nelle scorse ore, man mano che la tensione cresceva, Joe Biden ha detto che l’impegno di Washington a difendere Israele da eventuali minacce di Teheran è «ferreo».
«Come ho detto al premier Netanyahu, il nostro impegno per la sicurezza di Israele contro queste minacce provenienti dall’Iran e dai suoi proxy è ferreo. Lasciatemelo dire di nuovo, ferreo. Faremo tutto il possibile per proteggere la sicurezza di Israele», ha dichiarato l’inquilino della Casa Bianca. […]
raid israeliano contro l ambasciata iraniana a damasco, in siria 8
Un ulteriore rischio per Teheran risiede nel fatto che una sua reazione militare diretta potrebbe preoccupare e irritare i sauditi: quei sauditi con cui, da un anno a questa parte, gli ayatollah hanno avviato un processo di distensione.
Guarda caso, ieri il Jerusalem Post ha riferito che i ministri degli Esteri di Arabia Saudita, Qatar, Emirati arabi uniti e Iraq hanno parlato al telefono con l’omologo iraniano su input del consigliere per il Medio Oriente di Biden, Brett McGurk, che ha chiesto loro di esortare Teheran a evitare un’escalation.
Lo stesso Cremlino ha invocato ieri «moderazione»: il che è significativo, visto che proprio il Cremlino, oltre ad aver criticato il raid israeliano di Damasco, è uno storico alleato di Teheran. «Moderazione» è stata invocata anche dal ministero degli Esteri tedesco, mentre Downing Street ha bollato le minacce iraniane come «inaccettabili». […]
Probabilmente consapevole di rischiare l’isolamento, mercoledì, durante una telefonata con Tayyip Erdogan, il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, aveva auspicato che i Paesi islamici interrompessero i rapporti politici ed economici con Israele.
Un altro elemento da considerare è che, in caso di attacco diretto, l’Iran dovrebbe attendersi un’assai probabile controreazione israeliana. Già ieri l’Idf ha colpito un compound militare di Hezbollah nel Libano meridionale. Inoltre, come sottolineato di recente dal Nation Interest, lo Stato ebraico potrebbe mettere nel mirino il regime di Bashar al Assad: un alleato che Teheran non può permettersi di perdere (visto l’ingente impiego di risorse e soldati che ha messo in campo per tenerlo al potere).
Ed ecco rispuntare il dilemma in cui l’Iran è stato abilmente intrappolato da Gerusalemme: se non reagisce direttamente, Teheran perde la faccia; ma se lo fa, rischia di irritare Usa, Russia e Paesi arabi, mettendo anche a rischio il proprio cruciale alleato siriano.
A rendere ancora più ingarbugliata la situazione sta il fatto che, secondo il Washington Post, l’Iran starebbe notevolmente aumentando le scorte di uranio arricchito e sarebbe ormai vicinissimo a conseguire l’arma nucleare: una situazione che assai probabilmente preoccupa i sauditi e che potrebbe spingerli a un riavvicinamento a Israele.
Inoltre, pochi giorni fa, Elaph News ha riferito che, secondo un funzionario israeliano, lo Stato ebraico avrebbe effettuato esercitazioni aeree, per prepararsi a colpire le strutture nucleari iraniane. […]
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