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DAGOREPORT - GIORGIA MELONI SOGNA IL FILOTTO ELETTORALE PORTANDO IL PAESE A ELEZIONI ANTICIPATE?…
1. E MOSCA SI ALLEA CON PECHINO
Rolla Scolari per âIl Giornale'
Le trattative sono andate avanti fino alle quattro del mattino, tra notizie contrastanti di un fallimento, poi di un'intesa. Dopo dieci anni di negoziati, Russia e Cina hanno firmato ieri uno storico accordo energetico di 30 anni di cui non si conoscono le cifre ufficiali ma che secondo gli analisti raggiungerebbe i 400 miliardi di dollari.
I due imponenti vicini, dalle relazioni non sempre rilassate, trovano nel compromesso una strada per far prevalere i propri interessi, anche in funzione di opposizione agli Stati Uniti, con cui sia Mosca sia Pechino hanno un rapporto più che nervoso in questi mesi.
La firma dell'accordo - il più robusto nella storia della compagnia petrolifera statale russa Gazprom, secondo il suo amministratore delegato Alexey Miller - è motivata e rafforzata da una parte dalla volontà russa di svincolarsi dalle sanzioni d'Europa e Stati Uniti dopo la crisi in Ucraina, di liberarsi dalla dipendenza al mercato energetico europeo. Dall'altra, la Cina cerca di diversificare le proprie forniture e garantirsi un'energia più pulita. Per ora l'America si limita a frenare sul legame con le sanzioni, come ha sottolineato il segretario di Stato John Kerry: «Erano in trattativa da dieci anni, l'Ucraina non c'entra».
L'accordo, confermato dalla compagnia statale petrolifera cinese Cnpc prevede che la Russia esporti verso la Cina fino a 38 miliardi di metri cubi di gas all'anno grazie a un gasdotto attraverso la Siberia.
L'intesa raggiunta a Pechino tra Vladimir Putin e il leader cinese Xi Jinping è un successo politico per il presidente russo che, stretto in una crisi sui suoi confini occidentali, bloccato in un conflitto diplomatico con Washington e Bruxelles, ha deciso di muoversi aggressivamente vero l'Est, provando come le opzioni di Mosca davanti alle sanzioni occidentali siano vaste quando lo sconfinato mercato cinese.
à centrale il «valore simbolico» dell'accordo ha detto alla Bbc Rain Newton Smith, della società di consulenze Oxford Economics: l'intesa infatti spiega come i due vicini siano pronti a collaborare sul piano economico - esistono un progetto per il primo ponte ferroviario sul lungo confine comune, la volontà di produrre automobili cinesi in Russia e di portare il commercio bilaterale da 90 a 200 miliardi di dollari l'anno entro il 2020 - e politicamente.
La Cina è «un amico affidabile», ha detto il presidente Putin prima di partire per Pechino. Se le tensioni tra Russia e Stati Uniti ed Europa non si limitano all'Ucraina - basti ricordare le divisioni sulla guerra in Siria - tra Mosca e Pechino su alcuni dossier sembra esserci un'alleanza strategica accomunata da una simile opposizione diplomatica a Washington. Tuttavia, la relazione tra i due Paesi resta «una cooperazione selettiva», «una coalizione di convenienza, non un'alleanza», ha spiegato a Usa Today Shi Yinhong, esperto di relazioni internazionali all'università Renmin di Pechino.
La trattativa di ieri non significa infatti che la Russia abbia chiuso definitivamente con l'Europa. Prima di tutto, benché il presidente russo abbia subito dichiarato che l'implementazione dell'intesa partirà «domani», Mosca inizierà a esportare gas alla Cina soltanto nel 2018, quando sarà pronto il gasdotto attraverso la Siberia. Fino ad allora, questa intesa avrà limitati effetti sulla crisi in corso in Ucraina. Anche se l'accordo prova la capacità del Cremlino di trovare alternative, l'Europa rimane un mercato cruciale.
L'anno scorso Gazprom ha venduto alle nazioni europee e alla Turchia oltre 160 miliardi di metri cubi di gas - un volume molto maggiore rispetto ai valori dell'intesa cinese - e proprio ieri il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha scritto a Putin ricordandogli come sia «imperativo» che i negoziati sulla situazione ucraina continuino e che mentre sono in corso non si interrompano «i flussi di gas» verso l'Europa attraverso Kiev.
2. UN BRINDISI CHE CAMBIA IL CORSO DELLA STORIA
Livio Caputo per âIl Giornale'
Putin ha centrato con stupefacente rapidità il suo obbiettivo di rispondere alle sanzioni e al crescente ostracismo occidentali seguiti alla crisi ucraina con un più stretto rapporto con Pechino.
In occasione del suo settimo incontro con il presidente Xi, ha concluso un contratto per la fornitura di metano dalla Siberia alla Cina che era in discussione da dieci anni e che crea un legame - non solo economico - tra i due Paesi quale non esisteva più da oltre mezzo secolo fa: la Russia fornirà ai cinesi 38 miliardi di metri cubi di gas siberiano l'anno tra il 2018 e il 2048. Sebbene il prezzo convenuto sia stato mantenuto segreto, gli esperti calcolano che il contratto valga dai 400 ai 450 miliardi di dollari in trent'anni, forse un po' meno di quanto la Gazprom aveva chiesto in origine.
Ma, sul piano politico, per la Russia vale molto di più. In un momento in cui l'Europa, finora sua principale cliente e dipendente da lei per circa un terzo del fabbisogno, cerca di diversificare le proprie fonti con le rinnovabili e lo shale-gas americano, il Cremlino le ha dimostrato di potere, a sua volta, trovare altri sbocchi per i suoi prodotti.
Inoltre, ha consolidato una alleanza che si era già manifestata in varie situazioni al Consiglio di Sicurezza (Siria, Iran e, ultimamente, Crimea, su cui Pechino si è astenuta), ma che ora è anche caratterizzata da una eguale politica espansionistica, in cui i due Paesi si tengono reciprocamente bordone. In Europa, la Russia cerca, ignorando trattati e confini, di allargare la propria influenza a tutte quelle repubbliche dell'ex Urss - Ucraina, Georgia, Moldavia - che aspirano a entrare nell'orbita occidentale.
In Asia la Cina sta rivendicando, con eguale disinvoltura, la sua presunta supremazia su tutti i miniarcipelaghi del Mar Cinese orientale e meridionale strategicamente importanti e ricchi di idrocarburi e di pesce, entrando in conflitto con il Giappone per le Senkaku, con il Vietnam per le Paracel e con Filippine e Malaysia per le Spratly.
La ricostituzione di un asse Mosca-Pechino, dopo la clamorosa rottura tra Mao e Krusciov negli anni Cinquanta, il riavvicinamento tra Cina e America nell'epoca Nixon-Deng e l'aperto conflitto sulla frontiera dell'Amur rappresenta una grossa novità sulla scena geopolitica mondiale e, indirettamente, uno smacco per gli Stati Uniti.
In un famoso discorso di due anni fa Obama aveva annunciato che il focus della politica estera americana si sarebbe spostato gradualmente dall'Europa all'Asia, ma, salvo un consolidamento dei rapporti con il Giappone, i risultati sono stati abbastanza scarsi. Invece Putin, che aveva espresso propositi simili appena tre giorni or sono, sottolineando che la Cina era ormai diventata la prima potenza economica mondiale, ha fatto seguire subito i fatti alle parole.
Sembra che oltre al contratto sul metano, Putin e Xi abbiano concluso altri accordi economici mantenuti riservati, tra cui un cofinanziamento cinese al ponte sullo stretto di Kerc che i russi devono costruire per avere un accesso via terra alla Crimea. Certo, non tutti i contenziosi sono stati risolti: ma è molto significativo che gli accordi di Shanghai siano stati raggiunti in un momento in cui entrambi i Paesi hanno rapporti molto tesi con Washington, Mosca per l'asilo concesso a Snowden e l'annessione della Crimea, Pechino per la sua aggressività nei confronti dei vicini e - da 48 ore - per la clamorosa accusa di spionaggio industriale cibernetico lanciata dalla Casa Bianca contro cinque alti ufficiali dell'esercito popolare.
Ora che ha dimostrato che l'isolamento della Russia è una chimera, Putin tornerà senza dubbio a operare anche sul fronte europeo, dove (anche qui creando un precedente storico) può contare su un crescente numero di estimatori nei partiti di destra che con più fermezza si erano opposti all'Urss.
Per ora, egli sembra avere rinunciato a separare le province russofone dell'Ucraina da Kiev e ha dato segnali di non osteggiare più le elezioni presidenziali di domenica, che dovrebbero essere comunque vinte dall'oligarca Poroshenko, con cui ha avuto buoni rapporti in passato. E il 6 giugno, salvo sorprese, farà la sua comparsa in Normandia alle celebrazioni per il 70° anniversario dello sbarco alleato, per confrontarsi direttamente con Barack Obama e Angela Merkel.
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