FLASH! - SIAMO UOMINI O GENERALI? PER L'OTTUAGENARIO CALTAGIRONE LA CATTURA DEL LEONE DI TRIESTE E'…
Federico Rampini per “la Repubblica”
L’appuntamento è sabato alle tre del pomeriggio a casa di Robin, sulla 119 strada, nel quartiere di Harlem, al terzo piano senza ascensore di una vecchia palazzina “brownhouse”. Nessuno di noi conosce Robin, ma lei ha avuto l’elenco esatto degli ospiti. Ci chiede di toglierci le scarpe, per non sporcare il pavimento col fango e la neve. Versiamo 3 dollari a testa: partecipazione alle spese per un buffet molto leggero, torta fatta in casa, caffè e tè, o birra bruna.
Siamo i congiurati di una “insurgency”, in simultanea con questo piccolo raduno casalingo se ne stanno svolgendo altri duecento. La regìa che ci ha chiamati qui, via Internet, è di MoveOn e Democracy for America, le due organizzazioni più importanti della sinistra americana: fiancheggiatrici del Partito democratico, ma autonome e spesso critiche verso le politiche più moderate. Due potenze nell’opinione pubblica progressista; la sola MoveOn vanta otto milioni di iscritti. Oggi si sono unite per una campagna comune: Run Warren Run. Corri, Warren, corri.
Non c’entra Forrest Gump, la corsa in questione è quella per la Casa Bianca nel 2016. In campo democratico per ora domina Hillary Clinton. Talmente sicura della propria forza, che avrebbe deciso di spostare molto in là l’annuncio ufficiale della sua candidatura, anziché lanciarla in aprile potrebbe aspettare fino a luglio. Anche questo contribuisce alla sensazione che Hillary dal suo partito si aspetti un’investitura plebiscitaria, non una battaglia per le primarie.
L’ala sinistra non ci sta, e ha trovato l’anti-Hillary ideale per polarizzare l’insurrezione della base. Un’altra donna, il che non guasta. Elizabeth Warren ha le credenziali giuste per entusiasmare i progressisti. Cresciuta in una famiglia poverissima (a differenza di Hillary) si è costruita da sola una carriera professionale straordinaria fino alla cattedra in diritto fallimentare a Harvard. È diventata il “volto autorevole” di Occupy Wall Street, implacabile e al tempo stesso competente nel denunciare gli abusi dei banchieri.
Non ha esitato a criticare Barack Obama, per esempio per la nomina recente di un ex banchiere di Lazard in un incarico al Tesoro. È la paladina del lavoratore e del consumatore contro i poteri forti del capitalismo Usa. Dopo avere ideato la nuova authority per la difesa del risparmiatore, ha affrontato la sua prima sfida politica candidandosi per il seggio di senatrice del Massachusetts, nello stesso collegio che fu di Ted Kennedy. E ha vinto, riconquistando al Partito democratico un posto di senatore che era finito alla destra. Unico problema: la Warren non ne vuol sapere di candidarsi per la Casa Bianca. La mobilitazione nazionale organizzata da MoveOn e Democracy for America sabato e domenica, è prima di tutto rivolta a lei: corri Elizabeth corri!
BILL E HILLARY CLINTON AL FUNERALE DI MARIO CUOMO
La cellula militante in cui mi ritrovo a casa di Robin è fatta di neofiti. Non ci sono attivisti di lungo corso, nessuno ha esperienza di partito o sindacato. L’età media è 30 anni. MoveOn ha fornito “chiavi in mano” alla padrona di casa un vademecum di semplici consigli per guidare la discussione. Tre minuti a testa per presentarci, ciascuno dica chi è e cosa lo spinge qui. Due ragazzi, neolaureati di recente, si descrivono «alle prese con un mercato del lavoro che tira, dove le assunzioni si fanno, ma gli stipendi sono bassi, niente a che vedere con l’American Dream dei nostri genitori». Un pensionato dice di «aspettare ancora il nuovo Roosevelt, quello che Obama non è riuscito ad essere, il promulgatore di un contratto sociale più equo, in un paese dove le diseguaglianze diventano insostenibili».
Una giovane dottoressa, Katie che lavora come oftalmologa in un ospedale, si dice «disgustata per l’intreccio fra denaro e politica, i finanziamenti privati ai candidati». Questo tema riaffiora nel giro successivo, quando Robin seguendo le istruzioni di MoveOn ci sollecita a elencare «le ragioni per cui la Warren sarebbe la candidata ideale».
E qui, contravvenendo al galateo che MoveOn consiglia ai ribelli della base — «le riunioni siano costruttive, non diventino un attacco contro Hillary» — affiorano le critiche a Sua Maestà la candidata “inellutabile”. «Siamo stufi delle dinastie politiche, che si tratti dei Bush o dei Clinton», dice il giovane Luke. «La Clinton e l’establishment sono tutt’uno, è troppo vicina all’establishment, ai capitalisti che staccano assegni per la sua fondazione o le sue campagne elettorali».
La discussione si sposta sui punti deboli della Warren, sempre in chiave positiva: da queste riunioni sono attesi consigli per migliorare la sua immagine. Il divario di notorietà tra le due donne è immenso: se il 70% di democratici è favorevole a Hillary almeno in parte lo si deve al fatto che lei è l’unico volto riconoscibile. «Ma nell’Iowa, il primo Stato dove si terranno le primarie, la Warren avanza ed è già oltre il 17% di consensi, un livello sorprendente per una neofita della politica», ci informa Robin. «Mettiamo pure che alla fine vinca Hillary, e la voteremo; ma intanto bisogna evitare che questa nomination sia un’incoronazione, bisogna far sì che dentro il partito ci sia un vero dibattito sui grandi temi sociali».
william e kate con hillary clinton
Forse è il calcolo che fanno anche MoveOn e Democracy for America: la scesa in campo di Elizabeth nelle primarie potrebbe costringere Hillary a spostarsi un po’ più a sinistra, a occuparsi dell’impoverimento della middle class, dei diritti dei lavoratori, con proposte più audaci. Ci lasciamo con un appuntamento per rivederci tra qualche settimana, portando alla prossima riunione amici, parenti, simpatizzanti. La macchina superleggera di MoveOn, lanciata in California 17 anni fa, è collaudata per trasformare semplici cittadini in militanti della nuova politica.
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