
DAGOREPORT – COSA SI SONO DETTI GIORGIA MELONI E LUCA ZAIA NELL'INCONTRO A PALAZZO CHIGI, TRE…
ARIDATECE SANGIULIANO! – TUTTE LE MINCHIATE DEL GIULI-VO MINISTRO DELLA CULTURA (E DEL "PENSIERO SOLARE") - ALBERTO MATTIOLI: "POLEMIZZA CON LA SOTTOSEGRETARIA BORGONZONI, ATTACCA STEFANO MASSINI, ACCUSA ELIO GERMANO, BEFFEGGIA GALLI DELLA LOGGIA, MA IL SUO MINISTERO DI DESTRA FA QUEL CHE FACEVANO I FRANCESCHINI DI SINISTRA, MA A PARTI INVERTITE -ACCUSARE I PREDECESSORI ''GAUCHISTI E TRIBALISTI" DI AVER TRASFORMATO CINECITTA' IN ''UNIONE SOVIETICA'', SOVVENZIONANDO FILM CHE POCHI VEDEVANO È SENSATO; COPRIRE DI SOLDI QUELLO DI GIULIO BASE CHE NON HA VISTO NESSUNO, SOLO PERCHÉ RACCONTA DI UN GIORNALISTA MISSINO, NON SEMBRA L'AUSPICATA SVOLTA - L'EGEMONIA CULTURALE SI CONQUISTA CON LE IDEE. E NON CON L'ELMETTO IN TESTA - CHI FINISCE AI VERTICI DEL POTERE CULTURALE? QUELL'"AMICHETTISMO" DI CUI MELONI HA SEMPRE ACCUSATO LA SINISTRA'' - VIDEO
Alberto Mattioli per “la Stampa” - Estratti
Così, alla rinfusa. Ha detto che con la sinistra Cinecittà era «un cratere ribollente di nulla» da cui la destra «ha portato via l'Unione sovietica», i cosacchi sulla Tuscolana.
Ha declassato il teatro della Pergola di Firenze diretto da Stefano Massini, che potrà piacere o meno, ma è uno dei pochi drammaturghi italiani noti da Chiasso in su, però molto critico con la destra in generale e il suo governo in particolare.
Ha bollato le proteste del mondo del cinema, con il tipico eloquio fra il dannunziano e lo psichedelico, come «danni provocati dal tribalismo domestico gauchista» e accusato l'attore Elio Germano di «cianciare in solitudine»; perché, si sa, alla sinistra «sono rimasti i comici e basta», e qui il bouquet era per Geppi Cucciari che l'aveva satireggiato dicendo che è «l'unico ministro i cui interventi possono essere ascoltati anche al contrario, e spesso migliorano».
Sempre in zona cinema, si è scontrato con la sua sottosegretaria, la leghista bolognese Lucia Borgonzoni, salvo poi, pare, face pace, e accusare i soliti giornalisti di inventare polemiche.
A proposito di giornali: ha litigato con il Corriere della sera accusandolo di avere censurato una sua intervista, ha pubblicato i messaggi privati con il giornalista che gliel'aveva fatta e chiesto le dimissioni del professor Galli della Loggia che aveva criticato la politica culturale della destra, o meglio il fatto che non ce ne sia una.
gennaro sangiuliano alessandro giuli
Ha rinunciato a presenziare allo Strega, spiegando che «in genere gli Amici della Domenica ricevono i libri relativi al premio.
''Registro che sono stato invitato però non ho ricevuto nessun libro, si vede che mi considerano un nemico della domenica». E comunque l'amichettismo letterario della sinistra sarà punito con il trasloco della serata della premiazione dal ninfeo di Villa Giulia, sgradevolmente chic e anche un po' radical, a Cinecittà, perché bisogna valorizzare le periferie.
Niente male, le ultime settimane di Alessandro Giuli. Il ministro della Cultura si è messo l'elmetto e adesso combatte in prima linea.
(...)
Non passa giorno che Giuli non mandi a stendere qualche nemico vero o immaginario, anche se, bisogna dirlo, con un certo aplomb. Per esempio, il giorno dopo aver dato del perditempo a Galli della Loggia, ha diffuso un comunicato per felicitarlo di aver vinto il premio Rèpaci (anche Napoleone, per far risaltare di più i suoi, esagerava sempre i meriti degli avversari).
Però è curioso. Quando diventò ministro, il 6 settembre 2024, Giuli iniziò con tutt'altro stile. Citava Gramsci ogni due per tre, dopo aver liquidato quello di Sangiuliano nominò capo di gabinetto un burocrate certo non di area e per di più gay e lo difese a oltranza contro gli attacchi della destra più oltranzista, e si mostrava dialogante, o almeno prudente.
il post di fratelli d italia sul cinema italiano
Certo, pesava la brutta fine fatta dal suo predecessore: anche se ormai l'articolo di riabilitazione del povero Sangiuliano è così frequente da essere diventato un genere giornalistico, Genny-la-gaffe aveva reso ridicolo non soltanto sé stesso, ma l'istituzione.
E certo Giuli era consapevole che, per avere successo come ministro della Cultura, avere dei rapporti civili con il mondo della cultura è come essere matti per amare Wagner: non indispensabile, ma aiuta. Il soprascritto fece a Giuli la sua prima intervista da ministro. Sembrava molto cauto, un po' preoccupato ma per nulla revanscista.
Poi dev'essere successo qualcosa. Forse è stato richiamato all'ordine dalla sua datrice di lavoro. Forse si è indispettito perché da sinistra non hanno accolto le sue aperture. Forse è stato preso d'assalto dalla destra, che non vuol fare prigionieri e ha più poltrone da distribuire che sederi presentabili per occuparle, e infatti ci fa accomodare anche personaggi francamente improbabili.
meme giorgia meloni alessandro giuli
Fatto sta che del Giuli 1 rimane soltanto l'eleganza volutamente démodé (ma da sinistra hanno criticato anche quella, e comunque, ministro, è tempo di panama, si ispiri a Giorgio Napolitano che ne aveva di belli e sapeva pure portarli, i comunisti hanno fatto anche cose buone). L'abbigliamento è sempre quello; l'atteggiamento, no. Così il dandy è andato alla guerra, a volte anche contro i mulini a vento.
E senza che si capisca bene che politica culturale voglia fare, anche perché il "piano Olivetti" pensato, Giuli dixit, «contro la siccità culturale delle periferie», ottimo sulla carta, sulla carta per ora è anche rimasto, visto che i primi decreti attuativi, che dovevano arrivare entro il 27 maggio, sono partiti per la Conferenza unificata sabato scorso. Per il resto, il ministero di destra fa in sostanza quel che faceva quello di sinistra, ma a parti invertite.
ALESSANDRO GIULI GENNARO SANGIULIANO - MEME
Accusare i predecessori gauchisti e tribalisti di sovvenzionare film che pochi vedevano è sensato; coprire di soldi quello di Giulio Base che non ha visto nessuno, soltanto perché racconta di un giornalista missino, non sembra l'auspicata svolta. Rimane, ahimè, una certa siccità creativa. L'egemonia culturale, concesso e non dato che possa ancora esistere, si conquista con le idee. E non è che con l'elmetto in testa ne vengano di migliori.
L’AMICHETTISMO DE’ DESTRA IN AZIONE
Estratto dell'articolo di Ilario Lombardo per “la Stampa” del 7 luglio
Bisogna entrare al ministero della Cultura e poi penetrare fin dentro le sue ramificazioni per scoprire chi comanda […]. Chi decide, per esempio, come spartire quasi mezzo miliardo di euro destinato allo Spettacolo dal vivo sono le commissioni di esperti.
alessandro giuli con arianna meloni alla presentazione di gramsci e vivo
Accedendo a questo labirinto di norme e di nomi, si intuisce che il ministero che avrebbe dovuto compiere la sovrastrutturazione del potere della destra, per fare piazza pulita della tanto detestata egemonia di sinistra, è un campo di battaglia tra baronie all'ombra di un ministro, che con sguardo indolente e movenze tipiche di un personaggio annoiato di Raffaele La Capria prova ogni giorno a fare mostra di atarassica tranquillità.
Alessandro Giuli, giornalista, cultore di rune celtiche che Giorgia Meloni ha piazzato in ogni angolo della tv prima di spedire al ministero per raccogliere i cocci del predecessore Gennaro Sangiuliano, prova a dire che tutto va bene, nonostante fuori monti la protesta del cinema e ora degli artisti del teatro, del circo, della musica e della danza, sostenuti dalle Regioni guidate dal centrosinistra che sospettano manovre punitive o comunque poco trasparenti nei declassamenti di compagnie e teatri, spesso fiore all'occhiello dei loro territori.
CINECITTA PRIMA DI ALESSANDRO GIULI - MEME BY GNOLA
‘’La Stampa’’ ha provato a fare luce, per capire meglio cosa c'è dietro: conflitti di interesse, piccoli e grandi, commissari non propriamente competenti, e affiliazioni di partito. Se c'è una costante nel racconto di questi mesi al ministero della Cultura sono le dimissioni. Dimissioni della presidente di Cinecittà, dimissioni del direttore generale Cinema, dimissioni dei tre membri della commissione Teatro nominati dagli enti locali (Regioni, Province, Comuni).
Ma se andiamo più indietro, a fine marzo si sono dimessi sette componenti su dodici della Commissione che si occupa di valutare manifestazioni ed eventi cinematografici. Fuga di massa motivata dalla mancanza di criteri chiari e trasparenti sulla destinazione di 12 milioni di contributi.
ALESSANDRO GIULI - LUCIA BORGONZONI
Accuse identiche che ora vengono rivolte al ministero dagli assessori di sette Regioni dopo la pubblicazione dei decreti di assegnazione del Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal vivo che ha portato all'esclusione o al ridimensionamento di realtà riconosciute dal settore come all'avanguardia.
I casi più eclatanti sono il Teatro La Pergola di Firenze, che ha perso il grado di Teatro Nazionale, quello che ha portato alle dimissioni di tre commissari, e il festival Santarcangelo dei Teatri, il più antico della scena contemporanea. Ma ce ne sono tanti altri.
Le commissioni della direzione Spettacolo dal vivo sono quattro (teatro, musica, danza, circo) più una (la multidisciplinare, un ibrido delle altre quattro che raccoglie le istanze dei festival). Ogni commissione ha sette membri: quattro di nomina ministeriale, tre indicati dagli enti locali, proprio perché si occupano di organismi culturali strettamente legati ai territori.
Secondo il bando di nomina, i commissari andrebbero scelti tra «esperti altamente qualificati nelle materie di competenza e/o docenti universitari o critici della medesima materia». Non sempre è così.
Subito dopo le dimissioni dei membri della commissione Teatro, il sottosegretario Gianmarco Mazzi, di Fratelli d'Italia, che ha la delega sullo Spettacolo dal vivo, ha accusato due dei tre commissari voluti dagli enti locali di essere esponenti di partito, insinuando così ragioni politiche dietro la difesa della Pergola e del suo direttore Stefano Massini.
Il terzo, Angelo Pastore, con esperienza di oltre 40 anni nel teatro, e senza tessera di partito, racconta a ‘’La Stampa’’ cosa è successo: «Avevamo deciso di lasciare la Pergola tra i Teatri Nazionali, pur diminuendone il punteggio. Sembrava a tutti un giusto compromesso. Poi, all'improvviso, i quattro commissari di nomina ministeriale hanno cambiato idea. E hanno prevalso a maggioranza».
LUIGI RISPOLI FA IL SALUTO ROMANO
Crede che abbiano ricevuto indicazioni politiche dall'alto? «Non ho le prove per sostenere qualcosa del genere» è la risposta di Pastore. Resta il sospetto di tanti, anche perché la dichiarazione di Mazzi stona con le scelte che a sua volta ha sponsorizzato per la stessa commissione.
Marco Lepre, Luigi Rispoli, e Giampaolo Savorelli sono tre dei quattro membri di nomina ministeriale: il primo è un commerciante di tessuti con negozio vicino al Teatro Argentina di Roma, legato a Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera, di FdI.
Il secondo è un dipendente del Consiglio regionale Campania, sempre in quota FdI. Il terzo, Savorelli, è stato fino al 2019 direttore dell'Estate teatrale veronese. Curriculum ineccepibile ma con in più il vanto di poter contare sull'amicizia del concittadino Mazzi.
Il sottosegretario è considerato il vero dominus, e le opposizioni, Avs e M5S, ne hanno più volte chiesto le dimissioni per i presunti conflitti di interesse, vista la carriera di produttore, organizzatore di eventi ed ex amministratore delegato della società Arena di Verona.
E proprio dalla sua Verona arriva un altro commissario di nomina controversa. Si chiama Gianluca Cavedo ed è il presidente della commissione consultiva per Circhi e Spettacolo viaggiante.
È un assessore di Legnago, delegato all'Assemblea nazionale di FdI. Ma è anche un broker assicurativo che lavora con le compagnie del circo, con chi cioè lo fa guadagnare con provvigioni e nello stesso tempo chiede a lui accesso ai fondi pubblici.
E infatti Cavedo si è astenuto una cinquantina di volte secondo i verbali, dimostrando come la sua sola presenza ponga una questione di opportunità, e apra interrogativi sulla sua imparzialità. Tanto più che, secondo il bando, i commissari dichiarano «di non avere rapporti economici di dipendenza», «di non trovarsi in situazioni di incompatibilità o conflitto di interessi».
A sospettare la violazione di tali impegni ieri è stato Paolo Stratta, fondatore dell'Accademia Cirko Vertigo, docente a Torino e per anni presidente dell'Associazione circo contemporaneo.
Alessandro giuli - gramsci e vivo
Con un post su Facebook ha tirato in ballo Cavedo e Sebastiano Taddei, in arte Ulisse Takimiri, direttore artistico e gestore della Scuola d'arte circense in provincia di Fermo (Marche, regione guidata da FdI), anche lui nominato commissario nonostante possa a sua volta essere soggetto beneficiario delle risorse ministeriali.
Lo strappo dei tre membri della commissione Teatro ha avuto un effetto mediatico dirompente. Perché svela la modalità di selezione dei commissari e di chi finisce ai vertici del potere culturale: quell'«amichettismo» di cui Meloni ha sempre accusato la sinistra [...]
Ma è un caso che fa emergere anche la visione della cultura che ha la destra, rivendicata dalla stessa Meloni: si tende a prediligere chi incassa, programmi più commerciali, tradizionali, di repertorio, meglio se arricchiti di star televisive, invece di chi fa sperimentazione, innovazione, in cerca di nuovi linguaggi nelle forme del contemporaneo.
lucia borgonzoni giulio base
CINECITTA PRIMA DI ALESSANDRO GIULI - MEME BY GNOLA
alessandro giuli (3)
gianmarco mazzi alessandro giuli
ANTONIO MONDA - GENNARO SANGIULIANO - HOARA BORSELLI - ALESSANDRO GIULI - PIETRANGELO BUTTAFUOCO AD ATREJU 2023
ernesto galli della loggia
ALESSANDRO GIULI - LUCIA BORGONZONI
alessandro giuli con il suo libro gramsci e' vivo
federico mollicone . alessandro giuli a piazza italia, la festa di fdi a roma foto lapresse
pietrangelo buttafuoco - luigi brugnaro - federico mollicone - gennaro sangiuliano - diego della valle - alessandro giuli - biennale di venezia - 2024
alessandro giuli gianmarco mazzi geppi cucciari - cerimonia david di donatello
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