marine jean marie le pen

L’ANNUS HORRIBILIS DI MARINE LE PEN – DALLA MORTE DEL PADRE (COL RIMORSO DA FIGLIA PER AVERLO ESPULSO DAL PARTITO NEL 2015 A SEGUITO DELLA ENNESIMA PROVOCAZIONE ANTISEMITA) FINO AL PROCESSO CHE L’HA CONDANNATA ALLA INEGGIBILITA’: “NON SONO DEMORALIZZATA, SONO SCANDALIZZATA” – MARINE, CHE I SONDAGGI DAVANO IN TESTA AL PRIMO TURNO, AVEVA PIANIFICATO IL RITIRO NEL 2027, IN CASO DI NUOVA SCONFITTA - SENZA I LE PEN, IL RASSEMBLEMENT NATIONAL HA UN FUTURO?

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1 - L’ANNO NERO DI MARINE CHE PER PRENDERE L’ELISEO RIPUDIÒ ANCHE IL PADRE

Anais Ginori per “la Repubblica” - Estratti

marine jean marie le pen

 

«Come mio padre, so relativizzare e curare le ferite. È un dono», ripete spesso Marine Le Pen. Un mantra che oggi suona come una difesa, un riparo dal crollo di un destino familiare che sembrava scritto, ma che nel 2025 è cominciato in tragedia.

 

Mentre la leader del Rassemblement National affrontava il processo che temeva come una «messa a morte politica », l’anno si è aperto con i funerali del padre, Jean-Marie Le Pen, a La Trinité-sur-Mer, il rifugio bretone della dinastia. Al lutto si è unito il rimorso: «Non mi perdonerò mai quella decisione, so che gli causò un dolore immenso», ha confessato Marine riferendosi all’espulsione del padre dal partito nel 2015, dopo l’ennesima provocazione antisemita.

 

JEAN MARIE LE PEN CON LE FIGLIE MARINE YANN E MARIE CAROLINE

Un’ammissione nuova, che tradiva un dubbio fin lì inespresso. Come se la lunga marcia verso la “normalizzazione”, necessaria per accedere al potere, cominciasse a pesare troppo. Proprio ora che il traguardo sembrava finalmente vicino, con quelle etichette – razzista, fascista, antisemita – che per anni le sono state cucite addosso, sempre meno efficaci nel colpire.

 

«Non sono demoralizzata, sono scandalizzata», ha detto ieri in televisione, smentendo le voci che la vogliono già rassegnata. In autunno ha vissuto due mesi laceranti, divisa tra le udienze in tribunale e il capezzale del padre morente. «Ne è uscita provata, esausta», raccontano nel suo entourage, che giustifica così l’assenza di una linea difensiva realmente efficace. La requisitoria della procura e la richiesta di ineleggibilità con effetto immediato hanno mandato in frantumi la “strategia della cravatta”, quella del profilo basso e responsabile tenuto finora dai deputati lepenisti in Parlamento. Quasi in sincrono con l’accelerazione del processo, a dicembre Le Pen ha scelto il colpo di scena: far cadere il governo di Michel Barnier.

 

Una mossa che doveva rimetterla al centro del gioco politico, ma che si è scontrata col verdetto più temuto.

MARINE JEAN MARIE LE PEN

 

Alla lettura della sentenza, ogni volta che la presidente della Corte pronunciava i nomi dei colpevoli – la segretaria, la guardia del corpo, il maggiordomo di Jean-Marie, l’ex compagno Louis Aliot, la sorella Yann – Marine scuoteva la testa.

 

Lei, che era avvocato di formazione, ha lasciato l’aula senza aspettare neppure la fine della lettura. Ha convocato d’urgenza una riunione di crisi nel quartier generale del partito. Fino all’ultimo, non ha voluto crederci.

 

Nel weekend confidava di essere serena, dedita a fare giardinaggio in compagnia degli amati gatti: «Non credo che si spingeranno fino a questo punto», ripeteva a proposito dei giudici. E invece il «giorno funesto per la democrazia e per la Francia», come lo ha definito, è arrivato davvero.

 

Ora promette battaglia. Ma attorno a lei, cresce la sensazione che qualcosa si sia incrinato nella corazza che ha sempre mostrato.

 

(…)

marine e jean marie le pen

Chi le è vicino racconta che Marine aveva già pianificato un possibile ritiro nel 2027, in caso di nuova sconfitta alla quarta candidatura. Ma lasciare ora, con una condanna e senza aver avuto la chance del duello finale, è un’idea che la devasta.

 

Si sente legittimata da milioni di elettori, da un partito quasi del tutto sdoganato, da una macchina politica che ha in parte risanato, anche nei debiti con Mosca. Insulti, bombe, faide: la dinastia di Montretout – quella famosa foto del patriarca con le tre figlie bionde nel maniero – ne ha attraversate molte. Ha abitato la storia della Francia dalla seconda metà del Novecento al nuovo secolo. Oggi è a un bivio. E quel cognome, Le Pen, potrebbe presto non pesare più sulla politica francese.

 

2 - MARINE E IL PARTITO MALEDETTO CHE HA TRASFORMATO LA FRANCIA

Cesare Martinetti per “la Stampa” - Estratti

 

Marine Le Pen ha ereditato dal padre un partito maledetto e ne fatto l'avversario da battere, quasi il punto di riferimento della vita politica francese. Sconfitti i partiti storici e tradizionali, socialisti e gollisti, solo Emmanuel Macron, con l'invenzione di un movimento né di destra né di sinistra, ha tenuto testa alla crescita dell'estrema destra dell'ex Front National.

jean marie marie caroline yann e marine le pen

 

Secondo l'ultimo sondaggio, pubblicato domenica dal Journal du dimanche, lei appariva largamente in testa nelle intenzioni di voto per il 2027, quando Macron non potrà più presentarsi: 34-37 per cento. I migliori concorrenti, risultavano due ex primi ministri, Edouard Philippe e Gabriel Attal, con il 25 e 20 per cento. Questo non significa affatto che l'elezione fosse già scontata perché quello poteva essere l'esito del primo turno, quando concorrono diversi candidati.

 

Ma c'è poi il ballottaggio e per due volte Macron l'ha battuta, 66 a 33 nel 2017 e 59 a 41 nel 2022. Lei però è sempre cresciuta in una progressione che sembrava inarrestabile - fino a ieri - risultando la candidata più forte.

 

È questo il risultato di vent'anni e più di "lepenisation" degli spiriti, come si diceva con disprezzo quand'era ancora vivo il vecchio Jean-Marie, infrequentabile duce della Francia nera, il "Menhir" altrimenti detto "le Diable de la République". Lei si è mossa verso la normalizzazione, e il popolo deluso dalla sinistra e in generale dalla politica, si è mosso verso di lei facendo del suo movimento il primo partito. Forse non sapremo mai se davvero la metà più uno dei francesi avrebbe votato per Marine presidente della République, insediandola in quella cattedra monumentale inventata sessant'anni fa da de Gaulle con l'aura dell'uomo che aveva salvato la Francia dalla disfatta subita dai nazisti. La condanna pronunciata ieri dal tribunale di Parigi cade come una ghigliottina sulle ambizioni di Marine che pure, non avendo ancora compiuto sessant'anni, può legittimamente guardare oltre i cinque di illeggibilità.

jean marie e marine le pen

 

Ma con la sentenza di ieri, a meno di un clamoroso ribaltamento in appello, finisce per lei una rincorsa cominciata nel 2011, quando ha ereditato il partito dal padre per passaggio diretto. Come una monarchia, o peggio, un'autocrazia autolegittimante, governata da un clan famigliare di cui lei è tuttora la leader e dove albergano le sorelle, Caroline e Yann (condannata anche lei a un anno) mamma di Marion Maréchal, deputata europea e altra vedette del partito, oltre un gruppetto di famigli tutti marchiati da antica vicinanza al vecchio Jean-Marie.

 

jean marie e marine le pen 2

Benché da più di un anno sia stato investito in un congresso farsa alla testa del partito il giovanissimo Jordan Bardella, è chiaro a tutti che senza i Le Pen, il Rassemblement National non esiste. Lei stessa recentemente ha ammesso che se non dovesse essere candidata, sarebbe toccato comunque a lei a scegliere la persona giusta.

 

C'è anche qualcosa di paradossale e di grottesco in questa condanna. La normalizzazione del partito che in Francia è stata chiamata "dédiabolisation", come un esorcismo compiuto dalla figlia per liberarsi dallo spettro del padre, si è rivoltata contro di lei. Nella lettura della sentenza la presidente del tribunale Bénédicte de Porthuis ha evocato proprio Jean-Marie come l'inventore del sistema perverso e illegale di finanziamento del partito fin dal 2004 e che Marine ha perpetuato con «autorità e determinazione». Quasi tre milioni di euro, oltre 470 mila a beneficio personale, non per arricchimento privato ma per «arricchimento del partito».

MARINE E JEAN MARIE LE PEN

 

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