DAGOREPORT - CHI L'AVREBBE MAI DETTO: MASSIMILIANO ROMEO È IL PROTAGONISTA INDISCUSSO DELLA LEGA DI…
Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Con tutto il rispetto che l’ex ministro Calderoli e i senatori della Lega si meritano, quando si dice che qualcuno “dà i numeri”, e di solito sono grandi numeri, s’intende che questo qualcuno ci fa, oppure ci è. Ma a pensarci bene, nel caso degli 82 milioni e rotti di emendamenti sulla riforma costituzionale, le due cose non sono affatto incompatibili, anzi. È chiaro che si tratta di fare rumore, clamore, di suscitare furore.
roberto calderoli maria elena boschi
Magari perfino seminare il terrore nel fronte avversario. E va pure bene, sono cose che capitano, la storia parlamentare è ricca di ostruzionismi e anche di assurdità. Però attenzione alle assurdità che ricorrono troppo spesso o, peggio, che si moltiplicano troppo in fretta perché in genere, sotto una coltre di scherzosa provocazione, nascondono e insieme tradiscono qualcosa di più allarmante — e in questo senso il sorriso appagato di Calderoli con il suo cartello milionario ha più di un precedente.
Forse i dignitari e le segretarie padane che gli fanno corona non lo sanno, o non gli importa nulla, o magari è la loro gioia, ma quell’espressione lì, quella faccia, come si dice oggi, assomiglia parecchio a quando durante un telegiornale si slacciò la camicia per mostrare che sotto aveva la maglietta anti-maomettana — e come si ricorderà la cosa creò qualche problema in Libia; e lo stesso sorriso di quando, in adeguato giubbotto di pelle e lanciafiamme in mano, volle a tutti i costi bruciare in una pubblica cerimonia la bellezza di 375 mila documenti, ognuno dei quali — ma nessuno purtroppo ha controllato — rappresentava una norma che lui, impetuoso ministro per la Semplificazione, aveva appunto mandato in fumo, negli interessi degli italiani.
E con quella pira lunga 16 metri e larga 2 si ritornerebbe alla sindrome, o se si vuole alla psicopatologia, molto leghista, del numero che si accresce, e di qui al picco record dell’inflazione emendatoria calderolesca.
Ora, sembra che per raggiungere quota 82 milioni nell’ufficio legislativo del gruppo padano di Palazzo Madama abbiano messo su una specie di task-force informatica e matematica agli ordini di un senatore italo-svizzero che si chiama Jonny Crosio. Questi ieri ha detto cose anche lui abbastanza strambe: che c’è dietro un grosso lavoro, che Calderoli è un “capo-cuoco” che deve preparare quanti più milioni di “piatti”, che lo aiuta uno staff di “ragazzi incredibili”, che le varianti nei testi bisogna saperle mettere, “per esempio ‘cane’ non è ‘Roma’”, ha spiegato prima di ammettere le sue preoccupazioni per il fatto che l’algoritmo sia “spettacolarizzato” — sì, l’uomo che in quest’ultima impresa ha assistito l’ex ministro dello strip-tease e del rogo purificatore ha detto proprio così.
Ma pazienza. Lungi da qualsiasi spettacolo, algoritmo per algoritmo, i ragazzi contabili dello staff potrebbero utilmente applicarsi sulle sequenze e sui processi di crescita esponenziale del fanta- ostruzionismo leghista. E in tal modo stabilire secondo quali criteri, sempre sulla medesima legge, nel giugno del 2014 Calderoli presentò — anche ai fotografi, dentro un carrello da supermarket — 3500 emendamenti. Che nel gennaio di quest’anno però erano già diventati 40 mila; che ad agosto avevano raggiunto quota 510 mila, “la bomba atomica”, con minacciati problemi di stabilità del palazzo; ma che appena un mese dopo, grazie al sistema del vice capo-cuoco Jonny, addirittura quella di 82 milioni e dispari.
Cifra che non solo oscura il ricordo di qualunque filibustering, nobile o ignobile, utile o disutile, di Prima o di Seconda Repubblica. Ma che attraverso la “voluttà del numero zampillante” (Elias Canetti in “Massa e potere”, Adelphi, 1981), sembra segnalare anche qualche preliminare impiccio nel rapporto con la realtà.
Dietro lo schermo del gioco e dello scherzo, insomma, e perfino al di là di una riforma costituzionale che pure si configura come il più classico pastrocchione, regna dunque un’aspirazione ormai compulsiva verso il “di più”. Non sono i 300mila bergamaschi armati di Bossi, né i due milioni di manifestanti conteggiati nel 1996 da Maroni sul Po, e nemmeno i 22mila gazebo rivendicati sempre dagli sparaballe l’anno seguente per le elezioni padane. Quando i grandi numeri diventano troppo grandi la politica in realtà è già bella che rimpicciolita — e non è mai bello né buono né giusto, soprattutto, che il potere debba vedersela con l’insignificanza.
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