
DAGOREPORT - CHI È, CHI NON È E CHI SI CREDE DI ESSERE CLAUDIA CONTE, LA “GIORNALISTA, SCRITTRICE,…
Barbara Palombelli per "Il Foglio"
Un solo grido: aridatece Livia Turco!!! Sarebbe ora, cari amici del Partito democratico, di finirla con la passione per la "società civile", che almeno un tempo avevate il pudore di definire come "indipendenti di sinistra". Uffa. Era simpatica, come atleta, Josefa Idem. Piaceva il suo essere bella, mamma, moglie e medaglia d'oro.
Quando però fu letto il suo nome non soltanto come ministro dello Sport, ma anche delle Pari opportunità ... siamo state in molte a fare un salto. E' vero che una pari opportunità non si nega a nessuno, ma era un peccato non tenere conto delle tante compagne che da decenni si battono sul campo per far avanzare di un millimetro i diritti al femminile. Insomma: venire discriminate in nome della visibilità era un'ingiustizia bella e buona.
Non è la prima volta, non sarà l'ultima: il Pci-Pds-Ds-Pd ha provato tutte le categorie, dai registi agli scrittori, dagli attori ai giornalisti (indimenticabili Santoro e Gruber, record di preferenze e fuga senza ritorno, ora sono felicissimi e hanno rimosso l'evento nel suo complesso). Mancava solo l'oro olimpico. Ecco: fatta questa bella crocetta, ci saremmo levati il pensiero. O no?
Quello che colpisce, nella vicenda Idem, è l'arroganza con cui - per tre settimane - il ministro ha ignorato gli interrogativi sollevati dai colleghi Federico Spadoni e Stefano Andrini della Voce di Romagna. Il primo articolo, contenente la scoperta della doppia residenza dei coniugi e la conseguente furbata fiscale, è uscito il 2 giugno. Invece di rispondere, chiarire, eventualmente scusarsi e pagare la sanzione, Josefa ha provato a saldare in silenzio il dovuto. Invano, i colleghi del quotidiano romagnolo le hanno chiesto di spiegare... lei li ha considerati giornalisti di serie b.
Un errore fatale. Il giornalista che ha una notizia e la pubblica deve essere considerato dai responsabili istituzionali come un interlocutore. La Idem invece, ha scartato il foglio della sua città e ha preferito dialogare con i grandi quotidiani, con le tv. Intanto, a Ravenna si accumulavano le voci e le insinuazioni. La fine è nota. Il "giornaletto", come lo ha bollato lei, l'ha costretta alle dimissioni.
Morale. E' durissima reggere all'aggressione mediatica - se non si è allenati fin da ragazzini - e molti "esterni", abituati agli omaggi e agli encomi, crollano. La politica di questi anni è diventata una bestiaccia: divora chi si avvicina con supponenza, con sussiego. Solo con il capo chino, rispettando tutti i cronisti, rispondendo alle domande scomode, dialogando con educazione, si può tentare di domarla. In molti, si stanno chiedendo se valga poi la pena di rischiare così tanto... Forse no. Ma io continuo a urlare: aridatece Livia Turco!
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