DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Barbara Palombelli per "il Foglio"
Matteo Renzi sarebbe dunque inadatto a governare il paese? L'interrogativo posto poche ore fa da Massimo D'Alema ha un suo perché. Da diverso tempo non vado a Firenze - non mi pare di essermi persa molto, non sembra più una tappa obbligata degli itinerari culturali obbligatori - e non posso giudicare la sua attività di sindaco. Mi limito a osservare che sta iniziando il suo percorso politico nazionale come fosse la gara per un reality.
Sarà forse l'influenza di quel genio tv di Giorgio Gori, consigliere del candidato, ma davvero tutti gli annunci e le dichiarazioni sembrano tappe di un televoto rivolto a casalinghe annoiate in cerca di carne fresca da applaudire o fischiare davanti al video. Per carità , tutto lecito e tutto figlio di questa insana procedura delle primarie all'italiana (dov'eri, Massimo, quando l'antipolitica si impossessava del primo partito della sinistra?).
Resta il dilemma, il dubbio, il tormento. Davvero qualcuno può pensare a Renzi come successore di Mario Monti, volare da Bruxelles a Parigi, da Francoforte a Washington, armato solo del cacciavite per smontare una classe dirigente usurata? Chi potrebbe immaginarlo alle prese con i grandi problemi finanziari del pianeta? Nella sua durezza, D'Alema ha detto quello che pensano moltissimi.
Ma il problema resta. Anche gli altri contendenti non sembrano competitivi rispetto ai leader del mondo. Più che le primarie, ci vorrebbero un esame di lingue straniere e di economia per partecipare, come minimo. Abbiamo bisogno di idee grandi, uomini e donne capaci di pensare al futuro dell'Italia e non soltanto al proprio immediato collocamento. E dove sono? Non ne vedo. Qualche giorno fa, alla Mostra del cinema di Venezia, è stato tributato il Leone d'oro alla carriera al grande maestro Francesco Rosi. Prima della cerimonia, è stato proiettato uno dei suoi capolavori, "Il caso Mattei".
Enrico Mattei, comandante partigiano cattolico, fu mandato nel 1945 dal Cln a sciogliere e chiudere l'Agip (simbolo dell'autarchia mussoliniana in tema di energia). S'innamorò dei pozzi di Cortemaggiore e ingaggiò una folle corsa verso la costruzione dell'Eni. Aveva 39 anni quando iniziò, e 56 quando morì nel misterioso incidente aereo. Una vita durata un soffio, la costruzione di un colosso energetico mondiale.
La sala che applaudiva Rosi - il film è del 1972 - si è certamente chiesta dove siano oggi personaggi visionari come Mattei. Gente capace di rischiare la vita pur di realizzare grandi infrastrutture, grandi trasformazioni, non ce n'è. Passioni e follie debbono abitare le menti che scelgono di dedicarsi al servizio pubblico, o no? Questo dovrebbe essere il vero interrogativo patriottico, e invece rischiamo di votare quello che porta lo scontrino e non tradisce la moglie, invece del migliore.
Campagne giornalistico- bancarie hanno ridotto l'elettorato a giudicare la classe politica in base alle abitudini private, al sesso e alle vacanze. Siamo davvero ridotti male. Oggi un Enrico Mattei sarebbe certamente in prigione, per tangenti. O magari per un'avventura amorosa... avrebbe dovuto lasciare la sua creatura, l'Eni.
L'ambiguità così magistralmente descritta da Rosi ci appartiene ed è ineliminabile (purtroppo il cinema italiano contemporaneo si è invece rifugiato nel manicheismo e scansa le complessità del reale). Valeva la pena di avere un grande uomo, e di dargli carta bianca.
Varrebbe la pena ancora di scommettere su progetti grandi, su un futuro non inchiodato alle immaginette elettorali. A meno di non pensare che il prossimo governo dovrà soltanto inoltrare i fonogrammi che il governo germanico ci invia ogni ora. Se ci rassegniamo a una nuova occupazione tedesca, allora vanno bene tutti. Anche Renzi.
BARBARA PALOMBELLI BARBARA PALOMBELLI FRANCESCO RUTELLI MATTEO RENZI E GIORGIO GORIMASSIMO DALEMA FRANCESCO ROSI ENRICO MATTEI
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